MILANO – In un’epoca nella quale, parlando di It, si pone l’enfasi su concetti quali produttività e business, fa una certa sensazione sentire anteporre valori quali etica, libertà e democrazia. È invece quanto ha fatto, più volte, Richard Stallman, fondatore e presidente della Free Software Foundation, nel corso dell’evento “A Free Digital Society” organizzato lo scorso 26 marzo a Milano da ZeroUno e Finaki.
Poco prima della conferenza – andata letteralmente sold-out – ZeroUno ha avuto l’opportunità di intervistare Stallman. Il guru è partito da alcune premesse secondo lui fondamentali. Una è la differenza fra “free software” e “open source”. “Io – ha spiegato Stallman – ho lanciato il movimento free software nel 1983 e fondato la Free Software Foundation nel 1985. Nel 1998, alcune persone che non erano più d’accordo con noi, si sono organizzate autonomamente e hanno coniato il termine open source. Nel farlo, da una parte hanno evitato di usare parole come ‘free’ o ‘liberal’, ma ciononostante hanno finito per oscurare il nostro obiettivo”. Un obiettivo che ha più a che fare con l’etica e i diritti degli utenti rispetto alla convenienza e alla praticità di utilizzo di un software. Un’altra sottolineatura ha riguardato il rapporto fra software libero e Linux. “Linux – ha chiarito Stallman – è solo una componente del sistema operativo Gnu. Quando Linus Torvald ha messo a disposizione questo kernel, a Gnu mancava ancora e quindi lo abbiamo aggiunto. Per cui, quando si parla dell’intero sistema operativo, bisognerebbe usare il termine Gnu/Linux e non solo Linux, altrimenti non si riconoscono i meriti di altri sviluppatori”.
Precisato questo, Stallman ha affermato che ancora più importante è ribadire la filosofia free software. Ricordiamo che Gnu significa Gnu’s not Unix, un progetto di sistema operativo che doveva essere compatibile con Unix – che era un software proprietario – ma gratuito e liberamente modificabile dagli utenti. Secondo il fondatore di Fsf, “il movimento open source accetta anche software che non risponde ai requisiti per essere considerato free. E questo avviene anche in molte distribuzioni Linux, dove o sono presenti programmi non free, o alcuni programmi free sono stati modificati e vengono distribuiti in modo difforme alla nostra filosofia”.
Nel mirino di Stallman ci sono però soprattutto due temi: il software proprietario e tutto ciò che viola i diritti degli utenti. “I software proprietari – ha detto – finiscono per soggiogare chi li acquista. Ma oggi bisogna stare attenti anche a molto software ‘oscuro’ presente nei device mobili. Molto è definito open source e fornito con il codice sorgente, ma se l’utente lo modifica e ricompila, l’hardware non riconosce più l’eseguibile e non lo fa girare”.
“Il software proprietario – ha aggiunto Stallman – è come il malware, sia perché assoggetta l’utente, sia perché spesso contiene malware che raccoglie e trasmette informazioni sugli utenti. Oppure supporta il Drm [Digital rights management-i sistemi tecnologici mediante i quali i titolari di diritto d’autore, e dei diritti connessi, possono esercitare e amministrare tali diritti nell’ambiente digitale, grazie alla possibilità di rendere protette, identificabili e tracciabili le opere di cui detengono i diritti – ndr], che dovrebbe essere bandito perché impedisce la condivisione di contenuti anche a scopo non commerciale”. Stallman ha concluso segnalando i rischi connessi a Internet of Things (IoT), smart city e forme di digital cash – come Bitcoin – che non garantiscono l’anonimato dei pagatori. “Rischiamo che nasca un Internet of Snoopers [letteralmente ficcanaso – ndr], con sistemi che aumentano la sorveglianza delle persone e violano la privacy. Come minimo pretendete che questi sistemi siano basati su free software e che i dati non siano raccolti a livello centrale o condivisi con chi non dovrebbe conoscerli”.