ORLANDO (FL) – L’enorme albergo-resort Dolphin & Swan, nel bel mezzo del complesso disneyano di alberghi e parchi tematici che ha trasformato le paludi della Florida in uno dei più grandi poli vacanzieri del mondo, ha ospitato ai primi di giugno Innovate 2014, il technical summit della divisione software di Ibm. Contrassegnata quest’anno dallo slogan “Innovate@speed”, la conferenza si è sviluppata nell’arco di cinque giorni nei quali si è articolata una fittissima agenda di oltre 500 tra workshop e sessioni tecniche, intrecciate a dimostrazioni e prove pratiche (le cosiddette ‘hands-on’) organizzate dalle 39 software house partner di Ibm che affollavano la pur vasta area espositiva.
Tutte queste attività erano raggruppate secondo le tre grandi aree di interesse che oggi, in una visione Ibm ampiamente condivisa da vendor e analisti indipendenti, caratterizzano lo sviluppo software: continuous engineering, DevOps e innovazione. La prima è la capacità di accelerare il delivery di prodotti complessi attraverso metodi di riutilizzo dei componenti, di verifica continua e di analisi e integrazione delle conoscenze presenti in una comunità di sviluppatori. La seconda è la metodologia che tramite una collaborazione organizzata tra le aree di sviluppo e quelle delle operazioni punta, anch’essa, ad accelerare e rendere più efficiente il delivery del software. Quanto all’innovazione è la capacità di dominare l’impatto sullo sviluppo e delivery dei prodotti software delle nuove tecnologie, che Ibm identifica nel cloud, nel mobile, nel cognitive computing e nell’IoT (Internet of Things).
Innovate 2014 è un evento strettamente rivolto agli ‘addetti ai lavori’. Una “conference for practitioners from practitioners”, come ha detto Kristof Kloeckner, General Manager di Ibm Rational nella sessione generale di apertura. Un gruppo relativamente ridotto di analisti e giornalisti (una quarantina in tutto provenienti da tutto il mondo, tra cui ZeroUno attraverso il sottoscritto) è stato però oggetto di una breve conferenza-stampa e ha incontrato, nei primi due giorni dell’evento, alcuni manager Ibm cui porre domande su temi predefiniti (vedi riquadro). Cerchiamo allora di capire cosa sta cambiando nello sviluppo software riguardo a quelle tendenze di cui s’è detto, che, ripetiamo, non sono peculiari di Ibm e del suo ecosistema di partner tecnologici ma stanno investendo tutto il settore, e cosa Ibm sta facendo in merito.
Velocità e Innovazione
Tutto il discorso sull’evoluzione del software parte da un’apparentemente banale considerazione. Dato per scontato che la velocità di risposta dell’It rispetto ai bisogni del business è assolutamente fondamentale (e non vi annoieremo a ripetere il perché) si assiste a questo fatto: mentre sul lato dei sistemi e infrastrutture si sono fatti progressi a dir poco straordinari nella velocità di esecuzione, efficienza operativa e agilità di risposta ai carichi di lavoro, sul lato software i progressi sono stati modesti. Come ha detto Kloeckner “L’esecuzione delle applicazioni è rapida, ma lo sviluppo non lo è altrettettanto”. L’ovvia deduzione è che oggi è il software, soprattutto nello sviluppo e delivery delle nuove applicazioni il vero freno alla capacità di risposta dell’It al business. È qui che l’It deve intervenire, con una strategia a doppio binario. Da un lato, si tratta di cambiare il modello di sviluppo delle nuove applicazioni facendo largo ricorso ai servizi cloud di cui si dirà. Dall’altro, bisogna intervenire sulle applicazioni esistenti con un delicato lavoro di aggiornamento che bilanci l’ottimizzazione raggiunta nei confronti dell’infrastruttura (che dà la velocità di esecuzione citata da Kloeckner) con una progressiva evoluzione verso un’architettura composta di servizi riusabili e componibili che permetta di applicare i principi del DevOps e faciliti l’apertura ai carichi di lavoro portati dalle nuove tecnologie (IoT, mobile e così via).
La risposta di Ibm ad entrambe queste istanze si chiama BlueMix. Si tratta di un servizio Paas che implementa la Open Cloud Architecture di Ibm e sfrutta le risorse di esperienza e capacità specifiche messe a disposizione dalla Cloud Foundry, una fondazione cui partecipano a oggi 42 membri tra system integrator, software house e vendor globali, a partire ovviamente dalla stessa Ibm. Presentato in beta-release lo scorso febbraio, BlueMix ha però visto ad Orlando il suo vero esordio, con demo, programmi di formazione e di prova gratuita, un modello di pricing definito (pay-per-use sul runtime delle applicazioni) e soprattutto una quantità di nuovi servizi. Come ha detto Steve Robinson, general manager dei Cloud Platform Services, “Abbiamo guardato a tutto quello di utile allo sviluppo e al system management che avevamo in casa per mettere sul cloud ciò che serve davvero”. In pratica, quindi, più che una piattaforma di sviluppo, BlueMix è una selezione di middleware e strumenti in grado di accelerare la delivery delle nuove applicazioni (obiettivo principale), sopperire ad eventuali carenze dei team di sviluppo interni e facilitare l’innovazione architetturale e funzionale delle applicazioni esistenti.