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Automazione e sviluppo applicativo, cosa accade nella PA

Ecco una sintesi dei dati della ricerca FPA, realizzata in esclusiva per Appian, che indaga sullo stato di digitalizzazione di processi e workflow

Pubblicato il 14 Mar 2022

ricerca FPA per Appian

FPA ha realizzato un’indagine su un panel di 80 dirigenti pubblici. Lo studio, commissionato da Appian, mira a capire quanto sia diffusa l’automazione dei processi e, più in generale, la digitalizzazione della PA italiana nell’ottica delle opportunità legate all’adozione di un approccio allo sviluppo improntato al miglioramento dei workflow dell’organizzazione..

Tra i principali risultati emersi dalla ricerca si rileva che ben 63 amministrazioni su 80 considerano molto prioritario il ripensamento di processi e workflow. Si sottolinea, inoltre, la centralità dell’automazione quando si valutano iniziative per l’ottimizzazione dei servizi al cittadino, ma se si esclude il BPM – Business process management vi è una scarsa diffusione delle principali metodologie per la reingegnerizzazione dei processi.

Infatti, mentre già in passato il 70% del campione ha adottato sistemi BPM, sono relativamente poche le amministrazioni che hanno applicato soluzioni di intelligenza artificiale (il 37% del panel), di case management (31%) o di Robot Process Automation (21%).

Emergono poi significative differenze tra gli approcci adottati per realizzare tale ottimizzazioni, ma generalmente sono poche le organizzazioni che rivedono completamente i processi in chiave digitale (lo fa solo il 26% del panel) e spesso ci si limita a una mera informatizzazione dell’esistente.

Sul fronte degli attori della digitalizzazione, gli analisti FPA confermano il problema del gap di competenze e, parallelamente, la tendenza a esternalizzare parti più o meno consistenti di sviluppo di nuovi servizi.

Una soluzione a questo tipo di problema è rappresentata dall’uso di piattaforme di sviluppo low-code che consente di creare servizi senza saper scrivere codice software. È stata verificata però ancora una scarsa conoscenza di queste soluzioni. 38 amministratori pubblici su 80 hanno dichiarato di non conoscere il low-code e 13 ne hanno solo sentito parlare.

Dei 29 che hanno dichiarato di conoscere il low code: 12 non hanno adottato piattaforme di sviluppo che si basano su questo concetto, 8 sta valutando di farlo e solo 9 le usano attualmente.

Per quanto riguarda il loro utilizzo, secondo 12 interpellati queste soluzioni sono ideali per applicazioni dipartimentali e workflow semplici, per 14 esse possono essere usate per processi mediamente complessi. Solo 3 dichiarano che il low code può essere messo a servizio di applicazioni mission critical.

I vantaggi generati nelle amministrazioni che adottano piattaforme di sviluppo low code sono per lo più riconducibili alla possibilità di creare nuove applicazioni con approcci più agili e alla velocizzazione dei tempi di sviluppo.

“Per poter trarre vantaggio dalle opportunità di innovazione, offerte dal mercato europeo e nazionale – afferma Silvia Fossati, Area Vice President South Europe di Appian – è necessario un processo decisionale veloce e un’esecuzione altrettanto veloce ed efficiente. L’automazione low-code fornisce un aiuto concreto alla trasformazione digitale favorendo l’orchestrazione, lo sviluppo e l’adattamento rapido delle applicazioni. La tecnologia low-code di Appian consente di automatizzare i processi in maniera agile per favorire la rasformazione tecnologica e organizzativa e offrire servizi di alta qualità in tempi rapidi da una singola piattaforma unificata”.

“Anche in occasione di questa ricerca – sottolinea Gianni Dominici, Direttore generale di FPA – emerge come le competenze siano una delle principali leve sui cui lavorare. Per rinnovare la PA servono persone in grado di cogliere tutte le potenzialità delle tecnologie che abbiamo oggi a disposizione, ma questo significa lavorare non solo sulle competenze tecniche, ma anche sulle competenze trasversali e che sostengono l’innovazione di processo e organizzativa. Ora che con il PNRR le risorse ci sono si deve investire, quindi, su una formazione che parta dai reali fabbisogni delle amministrazioni e che sia davvero di qualità.”

Da questo punto di vista, tanto le iniziative di formazione rivolte ai dipendenti quanto il reclutamento di nuove leve dovrebbe focalizzarsi sullo sviluppo di competenze in grado di avvicinare sempre più le direzioni IT al mondo del business; questo anche grazie all’individuazione di nuovi skill set ibridi, frutto della combinazione di competenze tecnologiche e amministrative.

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