SANTA MONICA (Cal) – Nel cuore della Silicon Valley, in mezzo alle principali aziende di innovazione tecnico-scientifica mondiale, c’è un building di CA Technologies dove, con alla guida Otto Berkes, CTO dell’azienda, si generano alcune tra le principali innovazioni nell’ambito dell’offerta che copre l’intero ciclo di sviluppo del software. E questo per consentire alle aziende di realizzare quella che viene definita da CA la Software Factory, una vision e un insieme di prodotti che puntano a dare al software quella centralità oggi indispensabile nello sviluppo digitale del business. Il tutto in una continua interazione con gli utenti e con il mercato che genera un flusso di informazioni, fonte preziosa di insight, da distribuire nell’azienda in tutte le sue dimensioni e componenti; informazioni che devono essere rese trasversali attraverso modelli basati su metodologie Agile e DevOps che possono estendersi dall’alveo naturale dello sviluppo applicativo all’intero modo di operare dell’azienda e al suo approccio al business.
Otto Berkes, CTO, CA Technologies
Abbiamo avuto l’occasione di approfondire con il management CA questa strategia e di incontrare Otto Berkes, CTO di CA Technologies, che riferisce direttamente al Ceo Mike Gregoire, con il quale abbiamo approfondito soprattutto il modello di Ricerca & Sviluppo del Programma Accelerator, basato su criteri di velocità e flessibilità tipici dell’approccio lean delle start up e che si affianca ai tradizionali percorsi di innovazione strutturata. CA segue infatti un modello articolato di R&D che prevede molteplici campi presidiati: dallo sviluppo tradizionale di prodotti core attraverso un disegno e uno sviluppo software organico (oltre il 40% delle 11.000 persone CA sono nell’ingegneria e nello sviluppo software), a strategie di merge & acquisition finalizzate all’integrazione del portfolio di offerta con uno scouting continuo per acquisire posizioni di leadership laddove possibile, partecipazione ad ecosistemi di innovazione e alleanze finalizzate allo sviluppo congiunto, partnership con incubatori esterni, ecc. Un’azienda quindi che sta ormai da anni cambiando il proprio Dna organizzativo e culturale, provando ad allinearsi all’estrema variabilità che il mercato, e nello specifico l’innovazione software, oggi richiede.
ZeroUno: Il concetto di Software Factory è molto interessante: spazia da tecnologie legate al ciclo di vita di sviluppo software, a metodologie organizzative, tipo Agile, che non soltanto puntano a rendere collaborativa la parte IT dedicata allo sviluppo, ma a far collaborare questa con il resto dell’azienda e l’azienda, in un continuo Insight e feed back, con gli utenti e il mercato. Tuttavia oggi il software development non è ancora per molte aziende strategicamente al centro del loro ripensamento business, anzi è spesso una realtà auto referenziata, a silos, che fa fatica a integrarsi nei processi di business. Come affrontare allora questo percorso?
Otto Berkes: Il rischio di un’auto-referenzialità dell’area sviluppo software all’interno delle aziende esiste, anche se il mercato forza moltissimo le imprese a ripensare i propri processi, definire priorità di azione e di investimento. Oggi serve drammaticamente “orizzontalizzare”, destrutturare i silos organizzativi, oltre a quelli tecnologici, per poter avere una vista end to end del valore digitale che si può offrire al mercato. Ma è un dato di fatto che le aziende non abbiano ancora messo a punto un meccanismo efficiente per tradurre le idee in valore di business. Il modello tecnologico e organizzativo proposto con la software factory vuole proprio abilitare questa modalità di ricerca, confronto con il mercato attraverso insight e feed back continui che si basano su una metodologia Agile, trasversale sempre più a tutta l’azienda e naturalmente anche all’area dello sviluppo software, con tools sempre più intelligenti e automatizzati, fruiti anche in cloud per dare le reali risposte di servizi e applicazioni richiesti dagli utenti. Il vero punto è che serve oggi in azienda un processo democratico per favorire l’innovazione e accelerare le risposte.
Il modello Accelerator per l’incubazione di progetti di sviluppo software
ZeroUno: E quali possono essere le leve per integrare i vari interlocutori in questo processo?
Berkes: È ancora molto difficile coinvolgere gli stakeholder nel processo di sviluppo software. Bisogna riuscire a dare loro l’idea di massima dei building block che connotano lo sviluppo delle principali parti di applicazioni che a loro servono. Devono essere coinvolti in una conversazione, in un ingaggio continuo che non abbia quella forte specificità, anche linguistica, tipica del mondo dello sviluppo software; bisogna coinvolgere il business usando un linguaggio semplice, del business, appunto. Il coinvolgimento, la partecipazione democratica e trasversale al processo di innovazione è il vero punto culturale della faccenda…
ZeroUno: Poi ci sono dei vincoli, nello sviluppo di queste risposte applicative, imprescindibili che sostanziano nel merito questa vision e questo rapporto continuo con gli utenti. Ad esempio la security…
Berkes: La security è una questione di trust, di fiducia da garantire ad ogni costo nei confronti del rapporto con i clienti. Oggi l’apertura di sempre nuovi canali digitali di relazione con i clienti crea un nuovo livello di rischi. E per questo è fondamentale dare all’utente la certezza di un rapporto sicuro; la sicurezza diventa una componente centrale “di business”, non più solo un fatto tecnologico. Per questo abbiamo concretizzato nella nostra offerta, attraverso sviluppi e acquisizioni mirate, delle soluzioni con feature che portano la security ad essere parte fondamentale di ogni fase del ciclo di vita del software; è ormai una questione diretta di business e di costruzione di “trust” con i clienti. La fiducia dei clienti nei confronti del brand è molto facile perderla e difficilissimo riguadagnarla. Per questo la security è un business enabler di massima importanza.
ZeroUno: Fino a che punto un’azienda come CA Technologies, con una cultura e un fatturato che proviene ancora in buona parte dal segmento mainframe, si può muovere in un contesto agile e rapido come l’attuale?
Berkes: La cultura di CA Technologies è profondamente cambiata negli ultimi anni. Prima di proporre alle aziende prodotti e modelli per favorire la creazione di valore di business attraverso l’innovazione, abbiamo noi stessi provato a ristrutturarci e a usare modelli organizzativi innovativi e agili. Ad esempio, accanto ai modelli di Ricerca tradizionale e più strutturati, stiamo realizzando un percorso, il Programma Accelerator, che è un approccio agile all’innovazione portato avanti seguendo un modello di incubazione di idee e progetti che nascono all’interno della nostra azienda e che poi diventeranno, dopo essere stati validati attraverso uno specifico e continuo iter interno e nel rapporto interattivo con il mercato, prodotti integrati nella nostra offerta. Evidentemente, oltre a contribuire allo sviluppo del portfolio prodotti, impatta anche culturalmente la nostra organizzazione aziendale. Si tratta, in pratica, di un programma finalizzato a sostenere progetti di innovazione interna seguendo l’approccio lean tipico delle start up, con tutte le logiche di incubazione, superamento delle diverse fasi di maturità di prodotto, rischio di fallimento. Sono realtà, piccoli gruppi di lavoro interni, che devono condividere con gli utenti, con i clienti, i percorsi di sviluppo della tecnologia, le feature necessarie e quelle invece da eliminare, scontrandosi, come è fisiologico, anche con i fallimenti, con la soppressione del progetto, dai quali però imparare per traguardare nuovi sviluppi. Ogni incubazione ha una propria struttura di Advisory, con un proprio Advisory board che fornisce il supporto necessario sui vari fronti, legale, vendite, strategico, ecc.
Oggi è il tempo delle nuove ricerche; non si può puntare all’innovazione con i modelli di gestione adatti ai mercati maturi. Il Programma Accelerator vuole rispondere all’evidenza di mercati oggi in continua trasformazione, nei quali gli utenti giocano una parte primaria di indirizzamento. Servono esplorazione e sperimentazione, metriche di valutazione e gestione di avanzamento dei progetti differenti da quelli tradizionali, molto più condivisi con il mercato. Il tempo della ricerca si è oggi ridotto di molto: 36 mesi, qualche volta arriva a 48… Accelerator è un modello “darwiniano” all’innovazione che passa dalla validazione del mercato.
ZeroUno: Gli ambiti attuali di ricerca di Accelerator spaziano dai tools di automated project management alla modellazione visuale per applicazioni a microservizi; dal Web e Mobile App alle piattaforme per l’incremento di produttività dei team di sviluppo; il tutto basato su tecnologie open source, reti neurali, real time data analytics declinate in modalità Saas. Quali potrebbero essere le principali focalizzazioni tecnologiche che dobbiamo aspettarci nei prossimi anni?
Berkes: Il concetto, strutturale per questo tipo di approccio lean, di fluidità e di sperimentazione continua e interattiva con il mercato tipico del programma Accelerator, rende davvero complesso fare previsioni certe a lunga scadenza. Sicuramente da un punto di vista di tecnologie trasversali ai vari ambiti di applicazione, vedo un futuro molto importante per il Machine learning, l’intelligenza artificiale applicate a sistemi complessi, ambiti nei quali serve un approccio di “investigation” e di ricerca molto flessibile qual è appunto Accelerator….