CASSINO (FR) – Nella piana di Cassino, a pochi chilometri di distanza dallo sperone roccioso che ospita l’abbazia benedettina, riedificata dopo l’inutile bombardamento che cancellò quattordici secoli di arte e storia, sorge il più avanzato degli stabilimenti che il gruppo FCA (Fiat Chrysler Automobiles) ha in Italia e nel mondo. Realizzato nel 1972 per costruire la piccola Fiat 126, ha prodotto in 45 anni di attività più di 7,3 milioni di vetture, dalle storiche Fiat Ritmo e Tipo a modelli più recenti, come Croma, Bravo, Lancia Delta e Alfa Romeo Giulietta. Nel tempo si è sviluppato sino a raggiungere una superficie totale di 2 milioni di mq, di cui 530 mila coperti. Notevole inoltre che la crescita sia avvenuta in un’ottica di sostenibilità ambientale, con l’intero fabbisogno d’energia fornito da fonti rinnovabili.
Profondamente ristrutturato negli anni duemila e dal giugno 2016 ribattezzato ufficialmente Stabilimento Alfa Romeo di Cassino, l’intero impianto è oggi dedicato alla produzione delle nuove Giulia e Stelvio, i modelli di punta del marchio Alfa Romeo. L’estesa automazione delle linee, dove operano 1.400 robot Comau in stazioni Open Gate (un’architettura della stessa Comau caratterizzata da elevata flessibilità operativa) e l’integrazione di tutte le fasi di produzione in un processo digitalizzato, hanno permesso di raggiungere una capacità di 1.260 veicoli al giorno con soli 4.300 dipendenti. Pari a una media, facendo un calcolo che sarà forse inesatto per un ingegnere ma è piuttosto chiaro per un amministratore, di poco più di 40 minuti e 4 addetti per costruire e assemblare, dallo stampaggio della lamiera alla messa su strada, vetture dalle quali il cliente si attende, giustamente, non solo elevate prestazioni ma anche elevata qualità.
Lo smartphone Samsung integrato al Mes dello stabilimento – fonte: FCA
Operai più liberi, linee più efficienti
L’impianto di Cassino è stato scelto per la prima applicazione pratica in FCA di una nuova tecnologia che, detto in estrema sintesi, consente il controllo delle operazioni sulla linea di produzione per mezzo di dispositivi mobili e/o indossabili. Ciò offre il grande vantaggio di slegare gli operatori addetti alle linee (operai, team leader, responsabili della qualità e così via) dalla necessità di una costante presenza fisica nei punti di loro competenza, in modo da poter intervenire rapidamente ovunque e in ogni momento ve ne sia il bisogno. Con questo sistema, gli addetti possono lavorare più comodamente pur essendo più produttivi e, soprattutto, si riducono i tempi di fermo della linea. Ricordiamo infatti che per garantire il livello di qualità richiesto, un qualsiasi intervento fuori procedura, sia pure per stringere una vite o controllare un punto di saldatura, ferma la produzione del veicolo fino a che il problema non sia risolto e si possa passare quindi all’operazione successiva. Con i ritmi di produzione di cui s’è detto, il tempo guadagnato anche solo facendo giungere sul posto un addetto che già sa qual è il problema perché il Mes (Manufacturing Execution System) glielo ha segnalato sul device mobile, oppure raggiungendo uno specialista che per un qualsiasi motivo si trovi in qualche altra parte dello stabilimento o in pausa o fuori turno, risulta decisamente prezioso.
Lo smartwatch touchscreen in dotazione a una cinquantina di addetti operanti in condizioni particolari – fonte: FCA
Consumer device al lavoro sul business
Tutti i dispositivi mobili impiegati a Cassino sono prodotti Samsung. Non si tratta però di apparecchi disegnati ad hoc e nemmeno adattati all’uso in fabbrica (cosa inutile, essendo l’ambiente di questa ‘smart factory’ molto più pulito di una qualsiasi strada cittadina), ma tablet, smartphone e smartwatch tratti dalla normale produzione per il mercato consumer. Come ha osservato Antonio La Rosa, capo della divisione B2B di Samsung Electronics Italia, che ci ha accolto a Cassino: “L’innovazione si fa anche sfruttando in modo nuovo ciò che già esiste”. E questo ne è un esempio. A vantaggio dei dispositivi consumer va poi l’affidabilità dell’hardware, fatto per funzionare in mano a utenti tra gli otto e gli ottant’anni, e il costante aggiornamento, automatico e trasparente all’utente, del software di base e delle app. L’integrazione con il Plm e il Mes consente agli oltre 600 tra smartphone e smartwatch Samsung impiegati sulle linee di produzione di ricevere, come s’è detto, alert sugli eventi e sulle operazioni monitorate (più di un milione per turno). Ma le applicazioni analitiche incorporate permettono anche d’individuare le cause di eventuali colli di bottiglia e di pianificare la manutenzione degli oltre 300 mila componenti degli impianti connessi. A questi device va aggiunto un certo numero di tablet con tastiera fisica e/o touchscreen, per i responsabili che necessitino di una visione più ampia sul processo, ad esempio per il calcolo dell’OEE (Overall Equipment Effectiveness) e il controllo dei KPI.
Controllo della produzione su tablet touchscreen – fonte: FCA
Riguardo Samsung, va infine detto che l’esperienza in FCA non è un fatto estemporaneo ma fa parte d’una strategia di verticalizzazione dell’offerta B2B che vede l’industry 4.0 come uno degli otto mercati-chiave per l’espansione del colosso sudcoreano. Al pari, come ha spiegato La Rosa, con l’educazione, la finanza, la sanità, l’entertainment, il retail, i trasporti e il settore alberghiero, importante quest’ultimo per il nostro Paese.
La smart factory? È un social network fisico
Sull’esperienza descritta, illustrata dal manager Samsung e dimostrata con una visita agli impianti, abbiamo parlato con Gilberto Ceresa, Cio di FCA per l’Emea e l’America latina.
ZeroUno: Da qualche tempo l’Industry 4.0 è un tema ricorrente sulla scena dell’Ict e, a seconda delle persone e delle occasioni, se ne parla sotto aspetti e in termini diversi. Potrebbe, lei che ne è certamente un attore, dirci come si realizza nella fabbrica e nella società?
Ceresa: Piuttosto che definizioni accademiche preferirei dire cosa è per noi in FCA la quarta rivoluzione industriale: un’architettura che connette e fa comunicare persone, cose e servizi all’interno come all’esterno dell’azienda. Una rete che collega i plant, i fornitori e i dealer e arriva sino ai clienti finali e trasforma i dati in informazioni e quindi in interazioni intelligenti, o ‘smart’, tra tutti gli elementi della catena del valore.
ZeroUno: La smart factory è quindi sostanzialmente una rete…
Ceresa: Sì, un social network fisico, dove persone, macchine e prodotti comunicano e interagiscono in autonomia. Gli operatori in fabbrica sono connessi alla rete con smart device mobili e in qualche caso indossabili che forniscono in tempo reale informazioni sul prodotto e sul ciclo produttivo migliorando significativamente la qualità del prodotto finale. Stiamo poi attuando, tramite i sensori di cui sono dotati, la manutenzione predittiva degli impianti, delle macchine e dei robot, incrementandone l’efficienza e l’utilizzo.
ZeroUno: Come si struttura, in pratica, il progetto d’una smart factory?
Ceresa: Possiamo distinguere quattro grandi aree: la fabbrica virtuale; la manutenzione e il monitoraggio degli impianti; il sistema di produzione e la gestione del magazzino. La prima parte è quella dove i princìpi della smart factory sono pienamente applicati. Dove cioè prodotto e processo produttivo sono progettati e sviluppati in modo integrato sin dallo styling e il progetto dei componenti è condiviso con chi, in parallelo, si occupa della produzione, lavorando su una stessa piattaforma digitale. Su questo ambiente di ‘digital manufacturing’, che connette anche i fornitori di tutti i componenti che non produciamo, sviluppiamo il ‘gemello digitale’ delle linee di produzione, che ci permette di simulare e ottimizzare i cicli produttivi verificandone in anticipo fattibilità, ergonomicità e tempistica.
Controlli tolleranze su una scocca Giulia; in alto, gli schermi con il ‘digital twin’ della vettura in esame – fonte: FCA
ZeroUno: Come questa piattaforma digitale è stata integrata con i dispositivi mobili Samsung?
Ceresa: Noi sostanzialmente progettiamo soluzioni che poi realizziamo con vari partner. Nel caso specifico, la parte di progetto necessaria per integrare il nostro Mes, che è un sistema in parte sviluppato in casa e in parte basato su un kernel Siemens, e i prodotti Samsung, è stato fatto da Engineering, con un lavoro a più mani che ha coinvolto tutte le parti in causa. Un compito complesso ma che, lavorando molto con l’Agile e stando molto vicini ai clienti interni del manufacturing, si è svolto velocemente, completando il progetto in 18 mesi dalla prima concezione alla messa in linea.
ZeroUno: Avete piani per l’estensione di questa soluzione ad altri impianti in Italia ed eventualmente anche all’estero?
Ceresa: Certamente: In Italia la stiamo già in parte applicando a Mirafiori e agli impianti Maserati e, con un programma che è ancora da valutare, la estenderemo a tutti i nostri plant. Quanto all’estero, le nostre soluzioni sono disegnate in un’ottica globale e poiché questo tipo di Mes è già installato in Brasile e in Cina e successivamente verrà portato anche negli Stati Uniti la mobilizzazione seguirà un po’ questo percorso.
Zerouno: Per finire, quali sono state le reazioni del personale coinvolto? Vi sono state problematiche da parte delle risorse umane?
Ceresa: Nella mia esperienza, le reazioni sono molto positive. I team operativi hanno partecipato al disegno anche tramite workshop nei quali erano discusse diverse alternative per i device che poi loro stessi hanno scelto. Diciamo anche che mentre prima per fare un certo controllo bisognava essere sul posto e infilarsi in posizioni scomode, oggi è tutto più facile e veloce. E la gente lo capisce bene.