Con il Chips Act, gli Stati Uniti non hanno potuto prendere spunto dall’UE come per alcune altre norme tech, perché ci hanno anticipato. Il loro Congresso ha infatti approvato una legge lo scorso agosto, il consenso unanime dei politici europei è invece arrivato la scorsa settimana. In una versione modificata rispetto alla proposta presentata dalla Commissione europea a febbraio, ma il testo avanza. La serie di misure che contiene questo EU Chips Act mira a rafforzare la produzione, la progettazione e la ricerca nel settore dei semiconduttori. Uno dei tanti in cui l’Europa paga una forte dipendenza da altre potenze, in questo caso non eliminabile ma, per lo meno, arginabile.
Subito resiliente, poi leader: gli obiettivi UE nel settore chips
Pur non potendo parlare realisticamente di chip sovereignty, gli obiettivi dell’EU Chips Act restano ambiziosi e non banali da raggiungere. Nel lungo termine, la legge mira a raddoppiare la quota europea della capacità di produzione a livello mondiale, portandola dal 10 al 20%. Bisogna essere consapevoli che lo sforzo richiesto sarà quadruplo, visto che la domanda nel mercato globale a sua volta raddoppierà. Già a medio termine, l’Unione punta a diventare un leader di questo mercato, mentre è molto più urgente aumentare la resilienza alle crisi future, per evitare interruzioni della supply chain.
Sempre nel breve periodo, la norma vuole rispondere anche alla carenza di competenze, attraendo e creando nuovi talenti per poter contare su una forza lavoro qualificata. Se non subito, presto. Allo stesso tempo, è essenziale avviare un lavoro di analisi approfondito delle catene di approvvigionamento globali dei semiconduttori, per reagire a ogni imprevisto in modo strategico.
A supporto dell’EU Chips Act ci saranno 15 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati fino al 2030. Sono “un rimbocco”, perché già pianificati ce ne sono altri 30: alcuni rientrano nell’ambito di NextGenerationEU e di Horizon Europe, altri provengono dai bilanci separati dei membri nazionali.
La speranza della Commissione Europea è che arrivino investimenti privati e a lungo termine. Ciò su cui si chiede alle aziende di scommettere è una legge ampia che propone:
- investimenti nelle tecnologie di futura generazione
- facile accesso alla progettazione di strumenti e linee guida per la prototipazione, la prova e la sperimentazione
- procedure di certificazione più semplici per semiconduttori efficienti e affidabili
- maggiori vantaggi per chi sceglie di creare impianti di produzione sul territorio
- sostegno a start-up, scale-up e PMI nell’accesso al capitale di rischio
- formazione di competenze e talenti in ambito microelettronica
- strumenti per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento
- parternariati internazionali con Paesi extra EU che sposano i principi europei
EU Chips Act entro il 2023, ma tutti al lavoro da subito
Senza intaccarne in alcun modo lo spirito intraprendente, e la priorità sul finanziamento di fabs, qualche modifica è stata apportata prima che l’Act ottenesse l’unanimità. Si è ampliata la gamma di impianti di chip considerati “first-of-a-kind” che possono ottenere aiuti di Stato. Aumentano i beneficiari, quindi, anche se non come desiderato da chi mirava a una inclusione in blocco di tutti i produttori di chip per automotive.
Si allargano le maglie anche sulla tipologia di chip stessa meritevole di supporto. Non più solo quelli avanzati, ma tutti i chip “che apportano innovazioni in termini di potenza di calcolo, efficienza energetica, vantaggi ambientali e intelligenza artificiale“.
Prima di approvare la legge, i Paesi membri hanno chiesto anche un passo indietro alla Commissione, in fatto di controlli. Non avrebbe più carta bianca: le sue richieste di informazioni alle aziende durante una crisi dovranno essere proporzionate e incentrate sulla sicurezza.
Nella sua nuova versione, l’EU Chips Act, una volta approvata dai ministri dell’UE, dovrà poi essere discussa dal Parlamento europeo prima di diventare legge. Si punta a terminare l’iter nella prima metà del 2023, ma c’è ottimismo sia nel pubblico che nel privato.
L’Unione ha incoraggiato gli Stati membri ad avviare da subito, immediatamente, le attività di coordinamento, in vista di quanto previsto nel testo. Nel frattempo, diverse aziende di semiconduttori hanno annunciato l’apertura di nuovi siti di produzione. Tra chi sta scommettendo sull’Europa ci sono big come Intel Corp, GlobalFoundries Inc, STMicroelectronics NV e Infineon Technologies AG.