Unicoop Firenze è una realtà che opera principalmente in Toscana ed è una forma cooperativa che riunisce oltre un milione di soci consumatori. Parliamo di una realtà in continua evoluzione che oggi conta 7.836 dipendenti (al 31 dicembre 2010), 103 punti vendita (al 31 maggio 2011 – 6 ipermercati, 45 supermercati, 40 piccoli supermercati e 12 negozi tradizionali), vendite per 2.206 milioni di euro nel 2010 e un patrimonio netto di 1.585 milioni. Unicoop ha inoltre acquisito, dal 1° giugno 2010, il controllo di una società con supermercati di vicinato a Roma e dintorni (14 Punti di vendita).
“Unicoop Firenze è la prima cooperativa italiana di riferimento quanto a giro d’affari e nel 2010, superando la soglia dei 100 punti vendita, è diventata quindi la seconda realtà anche per dimensione con i negozi di Roma”, spiega a ZeroUno Francesco Bruscoli (nella foto), responsabile Sviluppo Software Sistemi di Punto di Vendita, “ed è quindi normale essere presi come ‘modello di riferimento’ per le scelte e le strategie che attuiamo, commerciali, come dicevo, ma anche di innovazione tecnologica. La nostra è un’organizzazione che ha fatto della forte innovazione per l’ottimizzazione dei processi un vero e proprio marchio di fabbrica. Tuttavia, nel 2010, a fronte di una generale necessità di contenimento dei costi e alla scelta di migrazione dagli ambienti As400 ad ambienti open standard, contestualmente all’espansione dell’azienda e all’apertura di nuovi punti vendita, oltre a una maggior diversificazione del business, il dipartimento It ha dovuto rivedere il proprio sistema di demand management sul quale poggia lo sviluppo e la gestione applicativa dei servizi It”.
A conferma dell’impegno di Unicoop Firenze nell’innovazione e nell’adozione di soluzioni tecnologiche d’avanguardia e in grado di portare valore al business, il premio Best-in-Store Solution.
Durante l’Euroshop 2011 di Dusseldorf si sono tenute le premiazioni del Retail Tecnology Awards Europe e Unicoop Firenze ha ricevuto, appunto, il premio per la categoria Best-in-Store Solution. Il premio costituisce un importante riconoscimento non solo per la valenza europea ma perché assegnato da un’eccellente giuria internazionale che valuta le soluzioni più innovative tra le aziende del panorama europeo e seleziona quelle che, con l’aiuto delle tecnologie informatiche, abbiano saputo portare innovazione nell’ambito del commercio al dettaglio.
Metodologia consolidata, strumenti inadeguati
“Prima della revisione del processo (e degli strumenti a supporto) di demand management – descrive Bruscoli – avevamo un sistema di Project and portfolio management molto consolidato, con una metodologia ben strutturata a livello di processi ma con una gestione del demand supportata da strumenti ‘artigianali’: l’inventario degli asset era gestito su fogli Excel; il project management era gestito su file system con più project collegati in un master plan; le richieste di implementazione fuori progetto erano gestite anch’esse con Excel, mentre la consuntivazione delle risorse interne era governata con un’applicazione custom”.
“Finché il contesto di riferimento aziendale lo ha permesso, questo approccio ha funzionato – osserva Bruscoli – ma, al variare delle esigenze di business, sono risultati evidenti i limiti di una simile struttura. Inoltre, la manutenzione del sistema di gestione del demand era diventata comunque troppo onerosa, per la necessità di aggiornare i diversi strumenti a supporto del processo”.
E tra le altre criticità riscontrate, Bruscoli evidenzia anche la difficoltà di determinare il carico di lavoro complessivo, un’eccessiva approssimazione nella declinazione dello stesso tra i vari progetti, la complessità di gestione degli asset e delle manutenzioni evolutive. “A cui si aggiungono le richieste di servizi da parte del business frequentemente superiori alle capacità di risposta del settore It, con conseguente difficoltà nel determinare le priorità delle varie attività”, precisa il manager. “Lo sviluppo software completamente esternalizzato, aggiunge anche problemi di controllo dei fornitori e difficoltà nel coordinare gli interventi tra i vari settori dello sviluppo. In più va sottolineata la presenza in Unicoop Firenze di numerose applicazioni ad alta criticità, con conseguente necessità di una gestione accurata della fase di test per il mantenimento del livello di servizio”, puntualizza Bruscoli.
Occorreva quindi, per porre mano a questa situazione di difficile gestibilità, identificare i componenti del demand management per poterli strutturare all’interno di un piano metodologico che, in Unicoop Firenze, hanno disegnato sulla base di quattro direttrici:
1) Asset: identifica le applicazioni, gli ambiti organizzativi e i componenti software oggetto dell’attività della direzione Organizzazione e Sistemi (Unicoop Firenze utilizza oltre 100 diverse applicazioni software).
2) Proposta: rappresenta una richiesta significativa di evoluzione dei sistemi e dei processi aziendali distribuita su più asset (sono mediamente in portafoglio oltre 100 proposte contemporaneamente).
3) Intervento: rappresenta una commessa di sviluppo software (sono mediamente in corso circa 200 interventi per volta).
4) Progetto: sono gli interventi di particolare complessità e rilevanza aziendale che, per la loro realizzazione, richiedono l’adozione di specifiche strutture di coordinamento e controllo (al momento dell’intervista erano in portafoglio 36 progetti, dei quali 16 attivi).
“Il Comitato Osi, composto dal direttore sistemi, dai responsabili delle divisioni e dal responsabile della sicurezza, ogni 15 giorni si riunisce per valutare lo stato di avanzamento dei lavori e definire quali proposte avviare allo sviluppo. Valuta le proposte e le classifica in: progetti, varianti di progetto, proposte da sviluppare attraverso singoli interventi”, sottolinea Bruscoli a testimonianza di quanto sia determinate la valutazione del demand.
Release: coordinare il rilascio degli interventi
Uno dei punti su cui Bruscoli insiste particolarmente è il concetto di Release che all’interno della sua organizzazione rappresenta un momento fondamentale per la gestione delle pianificazioni su cui si orientano e adeguano tutte le attività dei team: “Il concetto di Release, per noi, identifica il momento in cui tutta l’innovazione tecnologica si unifica, ossia il momento in cui si può concretamente partire con la formazione lato utente. Quindi, all’interno della gestione progettuale, la fase Release identifica il momento finale, quello del rilascio.
“Dato che oggi il sistema di sviluppo applicativo è fortemente integrato – spiega il manager – le evoluzioni coinvolgono sempre numerose applicazioni e impattano in modo diretto sugli utenti (sia interni sia esterni che utilizzano i nostri sistemi). Per questa ragione, abbiamo ipotizzato un sistema di Ppm che serve da collettore per gli interventi pianificati sui diversi sistemi, anch’esso basato sul concetto di Release: all’interno del sistema sincronizziamo l’avvio dei test di integrazione e il progetto può avanzare (essere rilasciato) solo quando tutti gli interventi collegati sono singolarmente collaudati”.
Tecnologicamente, quindi, l’It ha dovuto integrare il sistema di Ppm con il sistema di collaudo e certificazione utilizzando la soluzione Hp Quality Center Software.
“Da un punto di vista It, la gestione di tale progetto è molto complessa per la numerosità degli asset coinvolti e per la rischiosità di tale aggiornamento (toccare molti strati applicativi contemporaneamente è sempre un forte rischio). Il livello di attenzione è quindi cresciuto lungo tutte le fasi di sviluppo (motivo per cui il Ppm è stato integrato con i sistemi di controllo della qualità), richiedendo una gestione progettuale di tale task di lavoro composto a sua volta da diversi progetti complementari che devono finire contemporaneamente il giorno in cui è stata pianificata la fase di Release, ossia quando è stato previsto l’inizio dei test in laboratorio”, sottolinea Bruscoli.
“Stimare e pianificare adeguatamente i tempi dei test di laboratorio (numero di laboratori necessari, numero di risorse necessarie per eseguire i test – interne ed esterne -, numero di test da eseguire per singolo asset, ecc.) è una fase importantissima per garantire l’erogazione di quanto necessario (percorso completo di controllo qualità) all’interno del tempo a disposizione (il tempo non è espandibile, eventualmente dobbiamo aumentare il numero dei laboratori o il numero delle risorse o – in estrema razio – ridurre il numero dei test)”, aggiunge Bruscoli. “Oggi la soluzione Hp Quality Center viene usata anche per stimare il carico di lavoro di certifica, permettendo la valutazione anticipata di quanti laboratori/persone servono per completare, nel tempo assegnato, l’intero processo di controllo qualità”.
“Da un punto di vista business, con la release, abbiamo i vantaggi della certezza dei tempi di estensione, dell’efficienza dei costi e della riduzione dei costi formativi” conclude Bruscoli.