It & Application Performance: ottimizzare per creare valore

Il monitoring delle applicazioni viene sempre più inteso, al di là del controllo prestazionale, come una governance end to end che ha al centro la soddisfazione dell’utente. Se ne è discusso nel corso di una recente Tavola Rotonda dalla quale è emersa anche l’opportunità per l’It di effettuare ‘intelligence preventiva’. Fondamentale però la conoscenza allargata su processi, esigenze di business, user experience e tecnologie

Pubblicato il 31 Mag 2013

Come ottimizzare infrastrutture e architetture applicative per rispondere alle esigenze di business e migliorare l’esperienza utente? È questa la domanda di fondo cui abbiamo cercato di dare alcune risposte attraverso un aperto e condiviso dibattito nel corso di una recente Tavola Rotonda di Redazione alla quale hanno partecipato diversi Cio e responsabili It e Applications, insieme ad alcuni esponenti di Riverbed Technology.
Il contesto di mercato in cui ci muoviamo richiede capacità di adeguamento continuo, con un It che non può più permettersi lunghi tempi di reazione e tantomeno promuovere progetti complessi e costosi, esordisce Stefano Uberti Foppa, direttore di ZeroUno. Le aziende chiedono fruibilità continua e condivisa di informazioni attraverso tecnologie nuove, semplici e ‘alla portata’ di tutti, spesso di derivazione consumer (quantomeno nelle interfacce utente). In questo panorama, le applicazioni sono al centro e devono essere sempre più vicine al business, all’uso che ne fa l’utente”.

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Perché le applicazioni diventino reale strumento di business e la loro ottimizzazione in termini di performance esca dalla mera vista tecnologica, è necessario avere una visione completa e dettagliata non solo del parco applicativo, ma anche dell’infrastruttura It a supporto.

Marco Rossi, It Business Process Support director di Barilla

Partire sempre dalla ‘conoscenza’

“Per riuscire ad avere questa vista dettagliata siamo dovuti passare dalla riorganizzazione dell’azienda per processi – dice Marco Rossi, It Business Process Support director di Barilla -. Per avere un presidio chiaro sulle nostre applicazioni centralizzandone la gestione siamo dovuti intervenire prima di tutto sui processi di business attraverso una loro reingegnerizzazione e ottimizzazione. Solo così siamo riusciti ad avere un insieme omogeneo di processi transazionali (supportati dalle applicazioni) gestito centralmente; ottimizzazione che oggi ci consente di fare anche alcune valutazioni rispetto all’opportunità di trasferire in cloud alcuni componenti dell’Erp Sap”.

Alessandro Alloisio, Corporate systems & It planning director di Ermenegildo Zegna Holditalia

Ed è stata la necessità di meglio comprendere come funzionavano le applicazioni a spingere Alessandro Alloisio, Corporate systems & It planning director di Ermenegildo Zegna Holditalia, verso l’installazione di un Cmdb (Configuration management database): “Il sistema ci ha permesso di raccogliere tutte le informazioni derivanti dalle applicazioni offrendoci una vista chiara anche dei collegamenti e delle interazioni che esistevano tra varie soluzioni. Questo è stato il passo fondamentale per riuscire poi a ragionare in termini di performance. Il Cmdb, infatti, ci ha permesso di capire in modo più dettagliato dove si verificavano i problemi e dove erano i colli di bottiglia”.

Sergio Caucino, responsabile Architetture Applicative, BI e Integrazione di Sorgenia

“Anche nel nostro caso abbiamo dovuto prima lavorare sulla razionalizzazione e il consolidamento applicativo per evitare ‘doppioni’ e ritrovarci con una pletora di soluzioni inutilizzate che però dovevano essere mantenute e gestite – interviene Sergio Caucino, responsabile Architetture Applicative, BI e Integrazione di Sorgenia -. Oggi stiamo lavorando sul piano dell’ottimizzazione attraverso una riorganizzazione dei processi, portata avanti però non dall’It ma da un gruppo di persone di business, che comunque lavora a stretto contatto con l’It e tutte le funzioni di business, dato che il progetto passa da una necessaria revisione dei processi di business”.

La vista sull’utente ha la priorità

Albert Zammar, Regional Sales manager Italy di Riverbed

“Oggi è il business che influenza in modo pesante le scelte dell’It – commenta Albert Zammar, Regional Sales manager Italy di Riverbed -. La soddisfazione dell’utente deve essere al centro di tutte le strategie It: se tecnicamente tutto funziona ma l’utente è insoddisfatto, il problema è grave. L’It, oggi, deve sì monitorare le architetture tecnologiche ma sempre più deve avere una vista business che significa sapere se il servizio erogato è realmente allineato alle esigenze e alle aspettative di chi ne usufruisce”.

Gino Bettoni, responsabile Pre-Sales Italy di Riverbed

E per comprendere se il servizio It risponde alle necessità degli user aziendali, gli Sla non bastano più. “I livelli di servizio vanno monitorati dalla doppia prospettiva, tecnologica e di business, in modo continuo e costante – spiega Gino Bettoni, responsabile Pre-Sales Italy di Riverbed -. Il compito dell’It è partire dalla vista utente per poi scendere lungo tutta la catena per verificare se e dove si verificano gli eventuali incidenti”.
Dello stesso parere anche Alloisio che spiega: “Per noi le criticità maggiori in questo momento riguardano l’interazione tra le tecnologie diciamo così più datate (quelle su cui abbiamo iniziato a sviluppare i servizi applicativi) e quelle più avanzate che seguono i nuovi trend, come il mobile. Dato che l’eperienza utente ha la priorità, e al tempo stesso non possiamo rinunciare agli investimenti effettuati, è fondamentale riuscire a mantenere una visione d’insieme che ci consenta di capire dove e perché si verificano eventi che vanno ad impattare sull’utente. Il nostro approccio è quello di ragionare sulla misurazione delle performance del processo end-to-end, non dell’applicazione”.

Italo Candusso, Ict manager di Bomi Italia

Anche per Italo Candusso, Ict manager di Bomi Italia, la vista sui processi è fondamentale: “Al nostro interno abbiamo sempre definito gruppi di lavoro che lavorano sulla conoscenza e controllo dei processi, gruppi che consentano di trasferire all’It le esigenze degli utenti rispetto a uno specifico processo (non alle soluzioni). Da qui poi si innescano i processi It di governo delle richieste, gestione dei progetti, ecc. Non si tratta né di un vero e proprio demand management, né di change management o requirements governance; diciamo che è un mix di tutto, con l’obiettivo a tendere di riuscire a sviluppare una struttura in grado di governare il processo end-to-end, partendo dalla vista utente (che per noi dell’It è l’utente interno, il quale però interagisce anche con l’user esterno e genera il profitto aziendale) per riuscire ad avere il governo del servizio applicativo lungo tutta la value chian, fino agli aspetti tecnologici delle architetture”.

Fondamentale la padronanza tecnologica

“I progressi sul piano tecnologico nell’ambito dell’application performance consentono oggi ai responsabili It di meglio indirizzare i servizi attraverso una più chiara vista baricentrata sull’utente”, evidenzia Uberti Foppa. “Eppure, dai risultati di alcune nostre web survey, abbiamo notato che i livelli di automazione nell’utilizzo di questi strumenti non è poi così elevato come verrebbe da pensare…”.

Fabio Gatti, responsabile Quality Assurance di GE.SI.ass. – Gruppo Helvetia

“La vista sull’utente è certamente prioritaria ma l’It non può perdere di vista le architetture coinvolte nell’erogazione del servizio – riflette Fabio Gatti, responsabile Quality Assurance di GE.SI.ass. – Gruppo Helvetia -. L’It deve sapere bene dove e come intervenire, deve mantenere la governance tecnologica. Gli strumenti di automazione certamente aiutano, anche sul piano della gestione delle performance, ma è fondamentale la conoscenza dei processi e l’attività degli strumenti tecnologici a supporto in modo da sapere esattamente come e quando intervenire, non necessariamente per risolvere criticità, ma anche per svolgere determinate attività”. Gatti porta ad esempio la realizzazione dei test sulle applicazioni: “Se lo staff del testing sfrutta le architetture per le proprie attività in un momento in cui gli stessi sistemi potrebbero essere impiegati per la fatturazione, è molto probabile che gli utenti (da entrambe le parti) subiscano rallentamenti con conseguenti cali di produttività e insoddisfazione. Gli strumenti di automazione e la virtualizzazione vengono in aiuto, ma onde evitare di ‘tarare’ i sistemi per un utilizzo al top che potrebbe verificarsi di rado, è meglio riuscire ad avere una vista complessiva su processi e sistemi al fine di governarne al meglio l’utilizzo e, quindi, le performance”.

Indicatori di business sì, ma tradotti in linguaggio tecnico

Negli scenari ed esperienze descritte dai partecipanti alla Tavola Rotonda emerge dunque chiaramente un nuovo ruolo dell’It che ‘subisce’ la contaminazione sempre maggiore del business. Sul fronte applicativo, come abbiamo visto, questo si traduce in una visione user centrica portando l’It a ragionare, in termini di Kpi, su indicatori che escono dal confine tecnologico.
“Non è del tutto corretto dire che gli indicatori di performance ‘escono’ dal confine It”, puntualizza Rossi. “Nel nostro caso abbiamo ragionato sulla tipologia di applicazioni e diviso le soluzioni per cluster di criticità (in base al loro valore e al supporto più o meno critico che devono garantire al business). Gli indicatori di performance, quindi, hanno una vista business in relazione al supporto business critical delle applicazioni, ma devono poi essere tradotti in Kpi tecnici per consentire all’It di monitorare le prestazioni anche e soprattutto in funzione delle architetture sottostanti”.
“Per riuscire a mettere a punto indicatori di business servono comunque competenze nuove, di demand management, con capacità di relazione ma anche di comunicazione (devono conoscere i processi e avere una visione progettuale)”, aggiunge Rossi, cui fa subito eco Caucino: “Il demand manager non solo deve essere responsabile della domanda trasferendo all’It le richieste, ma anche del risultato, contribuendo attivamente al progetto e, nel caso delle performance, contribuendo alla definizione dei corretti Kpi, di business e tecnologici”.

Roberto Luongo, Cio di Neomobile Group

Sul fronte delle competenze, Roberto Luongo, Cio di Neomobile Group, evidenzia quanto sia “importante, anche sulle ‘new wave’ tecnologiche, l’esperienza e la conoscenza della propria azienda e dei processi che la caratterizzano”. “Le nuove leve hanno certamente la visione innovativa e creativa – spiega meglio Luongo – ma quando si parla di applicazioni che impattano sul business serve una conoscenza approfondita sia delle applicazioni sia dei processi e di tutta la catena end-to-end, altrimenti gli indicatori di performance non producono alcun risultato”.
E sull’allineamento tra indicatori di business e Kpi tecnologici Luongo spiega come, nel loro caso, con una scelta di una certa innovatività, abbiano deciso di “fornire i sistemi di monitoraggio delle performance applicative direttamente agli utenti di business. Il nostro sistema di monitoring si basa sul servizio erogato al business sul quale intervengono molti fattori esterni anche all’It – puntualizza Luongo -. Chi allora meglio del business ha dunque la capacità per controllarlo? Naturalmente l’It mantiene il controllo del servizio da un punto di vista di erogazione e deve quindi verificare l’adeguatezza del supporto tecnologico (in questo caso, gli indicatori sono ovviamente di natura tecnica)”.

Verso l’intelligence preventiva

In conclusione, la parola chiave più volte emersa nel corso del dibattito è ‘conoscenza’. Conoscenza su più livelli: dai processi alla user experience, dalle richieste di business alla vista sul parco applicativo, scendendo fino alla governance dei sistemi. Conoscenza che richiede un ‘nuovo’ sforzo all’It anche sul piano dei propri processi e, soprattutto, sul fronte delle competenze. “La contaminazione fra It e business solo fino a pochi anni fa era soprattutto letteratura”, osserva Uberti Foppa. “Oggi fortunatamente, dalle esperienze raccolte, notiamo un vero cambio di rotta”.
“Una ‘virata’ resa possibile anche grazie all’evoluzione tecnologica in atto che ci consente non solo di allinearci meglio al business, ma anche di essere meno reattivi e più propositivi”, puntualizza Candusso.
“Risultato che può essere raggiunto, ancora un volta, grazie al supporto tecnologico – conclude Zammar -. Le tecnologie di monitoring delle applicazioni, per esempio, consentono anche di fare delle previsioni, rispetto al comportamento dell’utente e all’uso che egli fa delle applicazioni. In altre parole, il monitoring applicativo abilita le ‘what if analysis’ consentendo all’It di fare intelligence preventiva”.

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