Prospettive

La API Economy sta rivoluzionando il settore bancario

Un grande ecosistema di servizi connessi, innovativi e data-driven: così l’industry dei servizi finanziari si prepara ad un futuro sempre più agile e interconnesso. Le API sono uno dei grandi abilitatori del fenomeno e permettono non solo di creare customer experience d’eccellenza, ma anche di plasmare nuovi modelli di business

Pubblicato il 01 Mar 2022

API Economy

Nel disegnare una delle più fulgide manifestazioni di trasformazione digitale del settore finanziario, McKinsey parla di Open Financial Data, ma il fenomeno è noto ai più come Open Finance o Open Banking. Strettamente connesso al tema dell’API economy, Open Banking ha portato una ventata di ossigeno all’interno di un settore che ha sempre privilegiato la protezione dei dati e l’attenta gestione del rischio rispetto alla spinta innovativa. Le banche, infatti, generano e custodiscono immensi volumi di dati, ma la data monetization è per loro un concetto abbastanza recente.

L’ingresso sul mercato di tante aziende fintech, concentrate sui vari segmenti della catena del valore finanziario, ha innescato un percorso di potente trasformazione nel segno dell’agilità, dell’innovazione, del time to market e delle tecnologie esponenziali. La conseguente (potenziale) disintermediazione degli operatori tradizionali ha causato una vera e propria disruption e alimentato nuovi assetti competitivi, basati soprattutto su acquisizioni e partnership.

I driver dell’API economy e lo stato dell’arte

Open Finance ha tutte le carte in regola per rivoluzionare il settore finanziario, ancor di più di quanto fatto finora. I suoi driver sono sostanzialmente quattro:

  • la compliance normativa
  • l’esigenza di affrontare al meglio lo scenario competitivo (costellato di innumerevoli nuovi player)
  • la sempre maggiore rilevanza della customer experience come elemento differenziante nel banking, così come in tutte le altre industry
  • la ricerca di nuove fonti di ricavo su cui impostare la crescita futura

L’abilitatore tecnico di Open Finance/Banking sono le Application Programming Interface (API), da cui l’espressione API economy. Esse permettono la comunicazione sicura tra componenti applicativi, abilitando nuove forme di monetizzazione, modelli di business innovativi, partnership e customer relationship di alto profilo.

Le grandi opportunità di business alimentate dalla API economy giustificano non solo il grande interesse delle fintech e degli incumbent, attualmente alle prese con la modernizzazione dei processi e dei servizi, ma anche delle big tech, che si focalizzano soprattutto sul comparto dei pagamenti. Nella lista non mancano aziende di svariati altri settori, come il retail e l’healthcare, che vogliono sfruttare le potenzialità della API economy per rafforzare il legame con i clienti, fornire esperienze integrate e abbattere i costi di retention.

Le potenzialità di Open Finance (e API economy) sono tali da renderlo un trend di alto profilo anche in zone geografiche in cui manca lo stimolo della compliance normativa: in USA, per esempio, o in Australia, laddove c’è molto fermento anche in assenza di un obbligo per le banche di aprire i propri dati alle richieste di terze parti qualificate (TPP). Nel vecchio continente, invece, la trasformazione è trainata dall’UK: complice anche il covid e l’annessa accelerazione digitale, gli utenti di app “open banking enabled” sono raddoppiati nei primi 6 mesi del 2020 (da 1 a 2 milioni), per poi raggiungere i 3 milioni entro marzo dello scorso anno (McKinsey). Le prospettive future sono rosee: citando Fabrick, l’intero ecosistema dell’Open Finance varrà a livello globale 43 miliardi di dollari nel 2026, crescendo con un CAGR del 24%.

Verso un’architettura API-driven per il mondo finanziario

Parlandone in era pre-covid, Accenture definì le API il “collante digitale” che unisce le banche e gli altri operatori, auspicando la creazione di architetture API-driven come framework agile per lo sviluppo, la pubblicazione e il consumo di API all’interno dell’ecosistema finanziario. Poter collegare sistemi, dati e applicazioni in modo sicuro e agevole fornisce infatti agli operatori tutta la flessibilità necessaria per affrontare a testa alta le sfide del mercato, soddisfare le esigenze di agilità dei clienti (retail o business) e, soprattutto, per avventurarsi in terreni inesplorati, creando nuove value proposition e modelli di business a sostegno del proprio futuro.

In tal senso, l’espressione API economy ha ancora più valore e si manifesta in quel giusto mix di API interne per i partner e API pubbliche, su cui ogni operatore dovrebbe incentrare il proprio percorso di innovazione. Citando sempre Accenture e il suo studio How Banks can thrive in an API Economy, gli analisti ritengono che l’adozione di un paradigma Open possa portare a un +20% di revenue e che, al contrario, non farlo possa causare una flessione del 30%. In altri termini, Open Banking e la monetizzazione delle API sono tappe obbligate in questo settore.

Il percorso è in divenire ed è legato al successo del segmento fintech, che sull’aggregazione di prodotti e servizi via API basa nativamente la propria offerta. La recente ricerca dell’Osservatorio Fintech e Insurtech fotografa perfettamente il fenomeno, parlando di un ecosistema in costante crescita e con 2 miliardi di euro di capitale raccolto. Forte la tendenza alle acquisizioni, ma soprattutto lo spirito collaborativo, il cui abilitatore tecnico sono proprio le API. Pur crescendo le collaborazioni tra incumbent e imprese innovative, bisogna però registrare un fenomeno di concentrazione, con investimenti in fintech guidati da pochi attori.

Per quanto concerne le prospettive per il 2022, ci si può invece riferire allo studio intitolato I trend Open Finance per il 2022 di Fabrick secondo cui – nel segmento dell’Open Banking – tra le tendenze più significative ci sarà l’allargamento degli open data a livello sistemico nonché la crescita dei modelli di consumo basati sull’identità digitale, cosa quest’ultima che permetterà di avere prodotti sempre più integrati e sinergici.

Le sfide da affrontare verso un modello API-first

Adottare un modello API-first impone alle banche di vincere sfide non indifferenti, alcune delle quali sul terreno della tecnologia. I freni più comuni sono quelli dell’implementazione frammentata, conseguenza di un approccio strategico vacillante, e l’utilizzo – ancora piuttosto diffuso – di sistemi legacy a supporto dei processi core, che limitano la capacità dell’azienda di innovare e impongono un progressivo percorso di modernizzazione sia a livello infrastrutturale (con l’adozione del cloud) che applicativo, con l’adozione del paradigma cloud-native.

Oltre a ciò, tutt’altro che secondario è il tema del mindset: l’API-first mindset deve essere adottato sia dall’IT che dal business, poiché su di esso si giocano le possibilità di costruire un vantaggio competitivo nel contesto della API economy. Non dimentichiamo, infatti, che le API sono un nuovo concept che richiede l’adeguamento da parte di tutti i livelli e le funzioni aziendali. La stessa definizione e le funzionalità delle API devono essere la conseguenza di uno sforzo comune e sinergico di tutti gli stakeholder, nonché un elemento cardine delle strategie di business e del design dei prodotti. A livello strategico, API economy significa studiare il contesto competitivo, identificarne i gap e fornire un insieme di API con un forte valore percepito da parte dei player dell’ecosistema, su cui costruire modelli efficaci di monetizzazione.

Modernizzazione applicativa e il ruolo centrale dell’API management

Per quanto concerne le sfide e le decisioni di natura tecnologica, si è detto che API economy impone una più o meno pervasiva revisione del contesto infrastrutturale e applicativo nell’ottica di raggiungere agilità e sicurezza. Quest’ultima, in particolare, costituisce uno dei grandi temi dell’ecosistema API, insieme al versioning, agli aggiornamenti e alla monetizzazione.

Nel contesto della modernizzazione dell’IT, largo dunque ad applicazioni basate su architetture a microservizi, ma anche (e soprattutto) a piattaforme di API management, fondamentali per governare il parco applicativo di un’azienda, per ridurre i rischi connessi all’apertura verso l’esterno e per massimizzare performance e sicurezza. Nel contesto della API economy finanziaria, laddove ogni giorno nascono nuove applicazioni e use case, una piattaforma di governo delle API è il pilastro su cui gestire lo sviluppo, il versioning, il controllo degli accessi, l’applicazione delle policy di security ed effettuare il monitoring e l’analisi dei dati.

In piena ottica di API economy, molte piattaforme di management si occupano poi di comunicazione con le community di sviluppatori e di monetizzazione, ovvero monitoraggio dell’utilizzo, delle transazioni e anche della fatturazione, che può avvenire sulla base di diversi modelli di consumo. In questo modo, l’API management apre nuove fonti di introito e plasma modelli di business moderni e innovativi, a beneficio di tutto il settore e, soprattutto, degli utenti finali.

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