Un contributo alla nascita di un ecosistema favorevole alle startup innovative nel nostro paese potrebbe venire dal decreto sviluppo (dl 179/12) che dovrà essere convertito in legge entro il 18 dicembre.
“Per creare le migliori condizioni per la nascita di startup abbiamo analizzato cosa funziona fuori dall’Italia e perché, e, soprattutto, come portare da noi il meglio senza però scimmiottare modelli difficilmente importabili”, ha ricordato Alessandro Fusacchia consigliere per gli affari europei, i giovani e l’innovazione del ministro dello sviluppo economico Corrado Passera nonché coordinatore della taskforce che ha messo a punto il documento “Restart Italia”, alla base del decreto legge.
Oltre ai modelli ormai consolidati come Silicon Valley e Israele, è stato preso in considerazione quello cileno, di cui ultimamente si parla spesso, ma che il consigliere di Corrado Passera non ritiene idoneo alla situazione italiana: il programma “Startup Chile”, gestito da un management team di esperti fra i 24 e i 35 anni, punta ad attrarre giovani imprenditori da tutto il mondo sia con la disponibilità di mentor di competenze consolidate che fanno parte di un network internazionale, sia con un finanziamento a fondo perduto di 40mila dollari per ogni startup selezionata. L’obiettivo è, grazie ad un investimento totale di circa 40 milioni di dollari, far nascere almeno un migliaio di startup innovative. “Non è una strada percorribile in Italia”, ha però tagliato corto Fusacchia facendo capire che non è tempo di finanziamenti a fondo perduto. La strada scelta nel ddl è invece quella di facilitare l’accesso al credito attraverso il sistema delle garanzie e favorire lo sviluppo del mercato dei capitali privati early stage (forniti nelle primissime fasi di vita delle startup), attraverso incentivi (detrazione dal reddito del 19% della somma investita fino a 500mila euro) alle persone fisiche e a organismi di investimento collettivo del risparmio che investano prevalentemente in startup innovative. Si incoraggiano anche le aziende esistenti a puntare, investendo nel capitale delle startup, a quell’innovazione che non riescono a generare al proprio interno con detrazioni del 20% fino a investimenti di 1,8 milioni di euro. Si è inoltre introdotto un strumento nuovo per l’Italia, il crowdfunding, per raccogliere online piccole somme che i cittadini possono investire in progetti imprenditoriali. Queste misure aiuterebbero anche a creare un modo nuovo di fare impresa, più trasparente, grazie alla necessità di confronto aperto fra startup e azionisti.
Oltre a favorire la nascita di imprese si è pensato anche di mitigare le conseguenze del fallimento, che ha maggiori probabilità di verificarsi in aziende che cercano di creare qualcosa che ancora non esiste, facilitando l’avvio della procedura liquidatoria (entro il primo anno di vita) senza le conseguenze di un vero fallimento.
Restano ancora alcuni punti aperti che il dibattito parlamentare potrebbe aiutare, si spera, a migliorare e a chiarire, come il ruolo di incubatori e acceleratori e la definizione di startup, che per come è attualmente formulata rischia di tagliare fuori molte nuove aziende nel mondo web che rappresentano invece la quota prevalente delle nuove imprese innovative, pur non avendo brevetti e investimenti diretti in ricerca. “Abbiamo lavorato per costruire una visione proiettata al futuro, alla nascita di un numero maggiore di imprese innovative e al potenziamento dell’ecosistema, per aiutare l’Italia a diventare un paese amico delle startup – ha commentato Fusacchia -. Abbiamo creato, per la prima volta in Italia, un quadro legislativo che confidiamo sia un primo passo importante. Ci attrezzeremo per monitorare quante startup nasceranno a partire da questa legge: sarà questo il parametro per misurarne l’efficacia”.