Test governance: focus su processi, persone e tecnologia

Strutturare il testing secondo modelli di governance che toccano processi, persone e tecnologie garantisce un Roi sia quantitativo sia qualitativo: è questa un’occasione per recuperare efficienza sul fronte It e rendere i servizi erogati all’utente e alla clientela più efficaci.

Pubblicato il 13 Giu 2013

In un periodo di restrizione dei consumi e innalzamento delle soglie di competitività, le aziende che vogliono sopravvivere e primeggiare devono garantire la migliore qualità del prodotto software o, meglio, del servizio che propongono al cliente e all’utente attraverso l’It (in particolare, le applicazioni). “La qualità viene riconosciuta come leva competitiva fondamentale anche nei casi in cui le aziende rallentano numerosità ed effort in nuove iniziative di sviluppo – osserva Luca Ferro, Business Unit manager It Governance & Testing di Alten Italia -. Per questo, nella nostra percezione, gli investimenti in test e quality assurance diminuiscono proporzionalmente di meno rispetto ai budget di sviluppo”.

Tuttavia, in contesti odierni dove i budget sono sempre più “risicati”, la qualità deve comunque coesistere con obiettivi di riduzione dei tempi del Software Development Life Cycle (Sdlc) e dei costi.

“Il rapporto di forza tra questi fattori introduce la variabile della rischiosità e un’esigenza di controllo e di governance – spiega Ferro -. Personalmente vedo il tema della test governance molto attuale sia per quanto riguarda la condizione specifica del mercato (ricerca di competitività e innovazione) sia nella ricerca di recupero di efficienza da parte dei dipartimenti It attraverso una revisione dei processi”.

Luca Ferro, Business Unit manager It Governance & Testing di Alten Italia

“Un approccio di governance del test non riguarda la sola fase di test né il Software development life-cycle (Sdlc), ma l’intero ciclo di vita delle applicazioni con importanti riflessi sulla fase di esercizio delle applicazioni (Alm, Application Lifecycle Management) fino a coinvolgere gli utenti e quindi il business – commenta Ferro -. È evidente che parliamo di un percorso che mira a migliorare la maturità dei processi di test con obiettivi che vanno dalla riduzione dei costi della non qualità (non difettosità dei prodotti/servizi), al miglioramento della qualità del prodotto software/servizio It (aderenza ai requisiti e ai bisogni del cliente/utente), fino all’efficientamento dell’Sdlc e alla riduzione del Tco delle applicazioni”.

Un percorso che può essere affrontato attraverso una “organizzazione” di governance che mantenga il controllo delle variabili di qualità dei progetti e dei prodotti/servizi sviluppati e rilasciati, con gli strumenti informativi, organizzativi e di processo che abilitano un processo di “continuous improvement”.

“Non è certo una via obbligata per le aziende – riflette Ferro –, ma dalla mia esperienza posso dire che gli approcci artigianali non sempre producono i risultati attesi e, spesso, risultano essere costosi sia in termini economici sia sul fronte delle risorse impiegate in progetti di testing e sviluppo”.

È innegabile che si sta parlando di un approccio metodologico che richiede alcuni sforzi iniziali non banali, dato che un corretto modello di test governance deve tenere conto, indistintamente, dei tre elementi principali che vi impattano: processi, persone, tecnologie.

“E dato che si tratta di variabili molto diverse da azienda ad azienda, nella nostra visione non esiste un approccio di governance valido per tutti ma, al contrario, è inevitabile patire dalla situazione ‘as is’ di un’organizzazione per poi prendere in considerazione le priorità e specificità di contesto e di business che consentiranno di impostare un percorso di miglioramento efficace” puntualizza Ferro.

Alten, infatti, è solita partire da una fase di assessment condotto in base a modelli analitici specifici per i processi di test e riconosciuti universalmente (Tpi- Test Process Improvement, Tmmi- Test Maturity Model Integration), che vengono poi contestualizzati rispetto a modelli più generici relativi al ciclo di sviluppo del software (Sdlc) e ai processi di gestione dei sistemi.

“Questo permette di avere una fotografia di partenza per quanto possibile oggettiva della maturità dei diversi processi che impattano le attività di test, con evidenza delle eventuali discontinuità – spiega Ferro -. In base ai modelli applicati e alle relazioni di dipendenza tra i diversi processi è quindi possibile ricavare una sorta di ‘improvement roadmap’ che rappresenta la base da cui ricavare un piano operativo che tenga conto di priorità, costi e benefici specifici delle diverse iniziative di miglioramento identificate”.

Fondamentale, ricavare un giusto equilibrio tra responsabilizzazione delle persone, strutturazione dei processi e utilizzo appropriato dei corretti strumenti tecnologici. “Sono frequenti i casi in cui la fase di testing garantisce una qualità sufficiente del software rilasciato in funzione del coinvolgimento di persone molto preparate e responsabilizzate pur in assenza di processi strutturati, controllati e maturi e in assenza di strumenti di test management – porta ad esempio il manager di Alten -. Questa condizione, pur in assenza di alta difettosità, ha però un elevato rischio dovuto alla dipendenza da persone chiave. Tale tipo di scenario richiede di intervenire nell’ottica di accrescere la knowledge base aziendale in funzione di processi e strumenti che garantiscano una formalizzazione dei principali deliverable del test: Test Plan, Book e Report”.

Roi: valore quantitativo ma soprattutto qualitativo

Il Ritorno dell’investimento (Roi) nelle iniziative di test governance è uno degli aspetti prioritari per poterne definire al meglio il percorso, anzi a volte è proprio la priorità principale. Il valore generato da un corretto approccio metodologico verso la governance del testing, visto sotto la triplice prospettiva di processi, persone e tecnologie, può essere sia di natura quantitativa (difetti presunti o trovati e risolti prima del rilascio, riduzione del rischio, comunicazione più efficiente di informazioni sullo stato del progetto, processo e prodotto per gestire al meglio le fasi) sia qualitativa (rilasci più predicibili con misurazioni del time-to-market più efficaci; migliore qualità delle applicazioni e, quindi della reputazione aziendale grazie al servizio erogato alla clientela; processi più collaborativi e condivisi per un ciclo di sviluppo e testing più efficace ecc.).

“Incrementare il livello di maturità dei processi di test ha riscontri diretti anche in termini di riduzione dei costi perché consente di anticipare l’intercettazione dei difetti con conseguente riduzione degli sforzi (di persone ed economici) necessari per la risoluzione degli stessi – spiega Ferro -. Non solo, la riduzione della difettosità in esercizio significa ridurre il Tco complessivo del software e, in tempi di budget It in diminuzione, il risultato non è affatto da sottovalutare”.

E proprio perché l’It deve anche fare i conti con le risorse economiche disponibili, anche lo sforzo dedicato ad attività test deve rispondere a logiche di efficienza ed opportunità. In quest’ottica “siamo soliti proporre – dice Ferro – l’applicazione di approcci di risk management che consentono di concentrare lo sforzo là dove realmente necessario, liberando risorse di test dagli scenari in cui la componente di rischio è marginale”.

Infine, in termini di Roi, il manager di Alten pone alcune riflessioni sul fronte tecnologico, in particolare sull’utilizzo di strumenti di automazione dei test. “Quando un software è soggetto a numerose release, l’esecuzione manuale dei test di non regressione finisce per avere un peso estremamente rilevante se rapportato al costo di progetto. In questi casi e in presenza di un processo di test management maturo, la definizione di una strategia di automazione può portare significativi saving. È evidente, tuttavia, che la tecnologia da sola non basta: un corretto approccio di test governance non può prescindere da tutti e tre gli elementi chiamati in gioco (processi, persone, tecnologie)” conclude Ferro.

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