“A fronte di una media di 5.000 chiamate giornaliere generate da una metropoli come Milano (3,5 milioni di persone), con l’emergenza coronavirus ne abbiamo ancora oggi oltre 10.000. Il 23 febbraio si è toccato il picco di quasi 50.000 per la sola Regione Lombardia…”, entra subito nel vivo del problema Francesco Silanos, Business Unit Manager – Emergency Management di Beta 80, azienda che gestisce circa l’80% delle centrali operative del 112 in Italia (oltre a quelle di altri numeri di emergenza), per farci capire lo tsunami che in questi giorni ha investito anche queste centrali.
Già perché se gli ospedali, i pronto soccorso, i medici e gli infermieri sono stati, e sono tuttora, sottoposti a una pressione senza precedenti e sono in prima linea nel fronteggiare questa situazione, un ruolo cruciale lo hanno gli operatori dei call center di emergenza che devono prendere in carico le richieste di aiuto.
“La prima conseguenza di questa situazione sul 112 – spiega Silanos – è stata l’iniziale incapacità di rispettare i tempi medi di risposta alle richieste di soccorso (bisogna ricordare che in media la lavorazione è di 40 secondi), perché non bisogna dimenticare che, oltre alle tantissime chiamate relative al Covid-19, continuano a esserci quelle che riguardano altri seri accadimenti che non possono essere trascurati (infarti, incidenti, traumi gravi)”.
A ciò va aggiunta la necessità di gestire al meglio l’indirizzamento delle chiamate per sfruttare le risorse disponibili in maniera ottimale: “In un momento in cui le strutture sanitarie lavorano in condizioni estreme non ci possiamo permettere, per esempio, di far partire un’ambulanza se non ci si trova in una situazione così critica da richiederla, oppure di non assegnare correttamente le priorità alle chiamate per patologie tempo-dipendenti”, precisa Silanos.
Gestire un’emergenza fuori dal comune
Più avanti vedremo cosa è esattamente il 112 e come operano queste centrali operative, ma quello che vogliamo capire con Silanos è come è stata fronteggiata la situazione in questo periodo e qual è stato il contributo dal punto di vista tecnologico: “In generale, l’impostazione dell’infrastruttura IT, in una logica di centralizzazione delle risorse di comunicazione e applicative, realizzata con un private cloud ad alta affidabilità, e la qualità del software sono alla base della gestione delle centrali operative, e hanno permesso in queste settimane di reagire alla crescita esponenziale dell’emergenza in modo agile e tempestivo”. Alcuni esempi possono essere di aiuto per capire meglio: “Il sistema di trabocco, cioè il sistema che permette di dirottare automaticamente l’intera gestione delle chiamate, da una centrale satura a una con disponibilità ricettiva, è stato sviluppato con l’obiettivo di renderle interoperabili in caso di picchi localizzati (ad esempio in caso di calamità naturali) e così è stato sfruttato in questo periodo, ma è diventato anche di fondamentale importanza quando una centrale in posizione strategica è stata contaminata dal Covid-19 ed è stato necessario chiuderla temporaneamente, sanificarla e poi riaprirla. Non era infatti neanche immaginabile lo scenario nel quale un terzo della Lombardia restasse senza 112 per 4 ore e di fatto, grazie al trabocco, non c’è stata alcuna interruzione, neanche minima del servizio”.
Oltre alla gestione del 112, Beta 80 sta supportando le Regioni per allestire velocemente nuove centrali: in Lombardia, per esempio, le centrali operative del 118 (verso le quali vengono smistate le chiamate sanitarie) erano 4 (Pavia, Como, Bergamo e Milano) per 80 operatori totali; in una settimana si sono dovute aprire altre 2 realtà per ospitare altre 36 persone. “La scalabilità del software, ci ha anche consentito di intervenire per ampliamenti anche in Trentino-Alto Adige e stiamo lavorando con altre Regioni sia nel rafforzamento delle strutture esistenti sia nell’accelerazione dell’adozione di queste centrali laddove non sono ancora state implementate, sempre garantendo la sicurezza sui dati sensibili, che è un’altra caratteristica di questi servizi”, precisa il responsabile della business unit.
“In questo momento è stato utilissimo sfruttare anche la flessibilità della tecnologia – interviene Alfredo Lovati, CEO di Beta 80 Group – in quanto si è reso necessario modificare velocemente (i tempi non permettevano certo lunghe modifiche software) i protocolli e cambiare le procedure per identificare immediatamente le sole richieste informative, separandole dalle vere emergenze. E poi tra le stesse emergenze è necessario capire, con maggiore rapidità di quanto non avvenga normalmente, i livelli di gravità in modo da individuare i canali più opportuni da utilizzare scegliendo tra l’ospedale, la rete di medici sul territorio eccetera. La capacità del software di adattarsi a esigenze diverse ha consentito di rendere disponibili i nuovi protocolli agli operatori in poche di ore, senza interruzioni del servizio. Tutto questo senza mai compromettere l’affidabilità della piattaforma. In questi contesti gli SLA si misurano in vite umane salvate o meno e noi siamo abituati a garantire il 99.999% di uptime della piattaforma.”
“Questa emergenza – continua Silanos – ha comportato la necessità di introdurre nei processi di cooperazione anche altre organizzazioni oltre agli ospedali per esempio la Protezione Civile, la sanità territoriale eccetera. Abbiamo quindi messo a disposizione in tempi rapidi soluzioni di collaborazione per far dialogare tutti gli attori in maniera efficace. Non solo. I tanti attori coinvolti forniscono dati che devono essere condivisi per l’organizzazione delle attività, delle risorse, per ottemperare a tutte le azioni di natura sanitaria ma anche istituzionale richieste in questo tipo di contesto. Questo ha voluto dire un portale cui hanno accesso solo gli addetti ai lavori, secondo i loro specifici ruoli, che mette a fattore comune i processi e le informazioni utili per la gestione interforze dell’emergenza [per il momento per Regione Valle d’Aosta ndr]”.
Cos’è il 112 e come funziona
Mi sembra a questo punto importante spiegare bene cos’è il 112. Forse qualcuno collega ancora questo numero a quello di emergenza dei Carabinieri, ma oggi nelle regioni dove è attivo il Numero unico di emergenza europeo, il 112 è qualcosa di molto di più: chiunque lo chiama ha la certezza che, in un lasso di tempo che va dai 20 ai 40 secondi, verrà reindirizzato al servizio di emergenza appropriato, con la priorità corretta.
In pratica, qualunque numero di emergenza si chiami (112, 115, 113 ecc.) il sistema convoglia le chiamate sugli operatori del “nuovo” 112 che, a loro volta, la localizzano ed effettuano una prima scrematura identificando prima di tutto il servizio verso il quale instradare la chiamata (118 servizio sanitario; 115 Vigili del Fuoco; 113 Polizia di Stato; 112 “vecchio” numero dei Carabinieri ecc.) e dando la corretta priorità dato che ai numeri di emergenza arriva di tutto: da chi chiede semplici informazioni a chi è in pericolo di vita.
Diffusione del Numero Unico di Emergenza (NUE) 112
Raccomandato già nel 1976 dalla Commissione europea delle Poste e Telecomunicazioni, è del 1991 la decisione di istituire, su tutto il territorio dell’UE, un numero unico per le emergenze, in modo che un cittadino che si trova in un qualsiasi paese europeo possa chiamare ovunque lo stesso numero, il 112 appunto, in caso di emergenza senza dover conoscere le numerazioni locali.
È importante sottolineare che nella maggior parte dei paesi il numero viene riconosciuto dalla rete GSM e può essere contattato anche da telefoni sprovvisti di carta SIM (in pratica quando sul vostro telefono compare la scritta “solo chiamate di emergenza”).
L’Italia ci ha messo un po’ ad adeguarsi (subendo per questo anche richiami da parte dell’UE): nel 2010 è stato attivato, in via sperimentale, nella Provincia di Varese (con il coinvolgimento dal punto di vista tecnologico di Beta 80) per poi essere esteso alla Città metropolitana di Milano e alle restanti province lombarde. Successivamente il NUE 112 è stato introdotto anche a Roma città, in Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Sicilia ed è in fase avanzata di realizzazione anche nelle seguenti province/regioni: Lazio, province diverse da Roma-06, Marche e Umbria, Toscana, Puglia. In alcune città Italiane (Brindisi, Modena, Rimini, Salerno, Prato, ecc.) è temporaneamente attivo il NUE 2009 Integrato che suddivide le chiamate a 112 e 113 al 50% tra Polizia di Stato e Carabinieri, lasciando inalterate le chiamate dirette a 115 e 118.
Nei diversi paesi europei, l’implementazione di un numero unico ha raggiunto diversi stadi di avanzamento e gli unici nei quali il 112 è il solo numero per tutte le emergenze sono: Lussemburgo, Danimarca, Finlandia, Islanda, Olanda, Portogallo, Svezia, ed Estonia. Negli altri paesi la situazione è veramente variegata e per chi volesse approfondire consigliamo la consultazione del sito di EENA nel quale dettagliate schede tecniche riportano come si sta comportando di ogni Stato.
Vediamo ora come funziona il 112 nelle aree dove è attivo, suddividendo la spiegazione tra il servizio che viene offerto e l’infrastruttura tecnologica che ne consente l’erogazione.
Cosa succede quando si chiama il 112
Prima di tutto la lingua non è una barriera: se chi chiama non parla italiano, l’operatore potrà immediatamente collegarlo con traduttori in 14 lingue. E non lo è nemmeno la sordità perché il NUE dispone anche di un servizio di messaggistica.
Grazie alla geolocalizzazione automatica, è possibile individuare l’area della chiamata consentendo un intervento più tempestivo e preciso. La chiamata viene registrata e contestualmente l’operatore compila una scheda con alcune informazioni di base, definite da specifici protocolli, fondamentali affinché i soccorsi non perdano tempo prezioso.
Ma il 112 non è solo telefono. L’app ufficiale del servizio NUE 112 italiano, Where Are U già scaricata da più di un milione di cittadini consente di entrare direttamente in contatto con l’operatore del 112 con un semplice click e, soprattutto, di effettuare anche “chiamate silenziose” o attivare chat nel caso in cui (tipico quello delle violenze domestiche) il chiamante sia impossibilitato a parlare. Sviluppata anch’essa da Beta 80 e ceduta al Ministero dell’Interno, l’app è disponibile per tutte le aree dove è attivo il servizio NUE 112.
Cosa c’è dietro il 112
Beta 80 ha realizzato la piattaforma tecnologica di gran lunga più diffusa nelle centrali NUE 112 e oggi il numero di abitanti, supera i 23 milioni. Al di là di questa situazione di emergenza sanitaria causata dal coronavirus, abbiamo quindi chiesto all’azienda di spiegarci brevemente come funziona.
“Bisogna premettere – spiega Lovati – che in Europa esistono diversi modelli di gestione. Dalla mappatura compiuta da EENA [l’organizzazione europea per la diffusione e promozione del numero unico di emergenza della quale anche Beta 80 è membro, ndr] sono 5 i modelli riconosciuti come più diffusi ed efficaci. Ogni modello dipende dal contesto sociale e culturale dei diversi paesi, ma quello che desidero sottolineare è che Beta 80 è in grado di supportarli tutti”.
Il modello che esemplifichiamo, la gestione di emergenza a due livelli implementata in Italia, è quindi uno di quelli che possono essere implementati:
- al primo livello, un Public Safety Answering Point (PSAP) gestisce le chiamate in ingresso (Call Taking). In contemporanea avviene la localizzazione del chiamante su cartografia, l’identificazione del chiamante stesso e la classificazione della chiamata;
- l’emergenza identificata viene passata al PSAP di secondo livello, ovvero la Centrale designata a gestire il caso, a seconda del tipo di intervento necessario; il PSAP 2 effettua il soccorso e ne gestisce tutti gli aspetti fino alla conclusione.
Oltre all’infrastruttura tecnologica e all’architettura applicativa di base, sono diverse le tecnologie “a contorno” messe da disposizione da Beta 80.
Prima fra tutte il servizio Advanced Mobile Location (AML): “È una vera e propria rivoluzione per quanto riguarda la localizzazione nelle centrali emergenza – afferma Lovati – perché consentirà a chi chiama di inviare automaticamente la propria posizione. È un servizio molto importante che verrà introdotto tra non molto in Italia perché, se opportunamente integrato con la centrale operativa, aiuta a identificare con maggior precisione la posizione in tutte le condizioni geografiche e di copertura di rete. È un’integrazione nella quale siamo all’avanguardia e che attuiamo secondo gli standard europei di riferimento”.
Chi ha acquistato un’auto di nuova omologazione in Europa a partire da aprile 2018 conosce già l’esistenza di eCall dato che, a partire da quella data, sul territorio UE è in vigore l’obbligo di installazione questo dispositivo che, nel momento in cui rileva il forte impatto di un incidente, genera automaticamente una chiamata al 112, stabilisce una connessione vocale tra il veicolo e il centro di soccorso più vicino inviando l’esatta localizzazione dell’incidente e altri dati rilevanti il veicolo (la chiamata può essere effettuata anche manualmente premendo un pulsante): “La piattaforma di Beta 80 è stata tra le prime ad avere integrato eCall consentendo alle Centrali che utilizzano la nostra piattaforma di gestire efficacemente le chiamate automatiche”, ricorda Lovati.
Dell’app ufficiale del Ministero degli Interni 112 Where Are U, infine, abbiamo già scritto.
Guardando al futuro come può evolversi il concetto di gestione dell’emergenza?
Tornando all’esperienza di questi giorni, chiediamo a Silanos se è anche servita per imparare qualcosa di nuovo: “L’insegnamento che stiamo traendo da questa esperienza – risponde il manager – è che ogni centrale operativa è parte integrante di un ecosistema che include le altre centrali e che coinvolge tutti gli attori sul territorio che intervengono in situazioni di emergenza: è quindi fondamentale il concetto di interoperabilità, concetto, tra l’altro, introdotto in Italia prima che in altre nazioni”.
E guardando al futuro?
Se per futuro intende le prossime settimane, “Sicuramente saranno introdotte innovazioni che possono essere davvero preziose, faccio due esempi: una potrebbe riguardare l’ambito del telemonitoraggio dei pazienti aiutando a gestire situazioni domestiche, pensiamo a quanto avrebbe potuto essere utile oggi nei casi di quarantena o quando non è stato ritenuto necessario il ricovero in ospedale. Noi stiamo lavorando da tempo su questo tema con partner esperti in sistemi informativi ospedalieri. E poi sarebbe interessante inserire nei software di gestione delle centrali chatbot e assistenti virtuali che aiutino a profilare coloro che chiamano”, risponde Silanos e, aggiungiamo noi, perché non addirittura una completa integrazione, per esempio attraverso l’app 112 Where Are U, con il Sistema Informativo Sanitario, in modo che all’arrivo dei soccorsi gli operatori possano prendere visione della storia clinica del paziente?
“Se invece guardiamo un po’ più avanti, questa emergenza ci ha insegnato che alcune innovazioni, che pensavamo sarebbero state implementate in mesi o anni, si possono mettere in campo già oggi. Di fatto la tecnologia attualmente a disposizione può supportare il salto in avanti immediato di questo settore. Se infatti, per il ‘resto del mondo” parliamo di Digital Transformation, l’Emergency ha già ampiamento superato questo scalino e si affaccia alla cosiddetta Next Generation”.
Come sarà allora il 112 Next Generation? “Sarà un servizio a disposizione dei cittadini per qualunque tipo di emergenza, in grado di ricevere non solo chiamate vocali, ma qualunque tipo di segnalazione, dai social network ai sensori e alle telecamere di sorveglianza e sarà quindi molto più efficiente, perché avrà a disposizione un set molto ricco di informazioni strutturate per analizzare e valutare la singola emergenza”, risponde Silanos concludendo: “Tutti i grandi stream di ricerca&sviluppo in ambito hi-tech si concentrano qui nello sviluppo di un’unica piattaforma in grado operare anche tramite la rete 5G, inserendosi nel nascente ecosistema delle Smart Cities, elaborando e analizzando milioni di dati e quindi sfruttando BI e analisi predittive, intelligenza artificiale, ma anche realtà aumentata, ovviamente in cloud e con altissimi livelli di security considerando la sensibilità dei dati gestiti e a volte la loro valenza strategica a livello governativo”.