Specializzazione e qualità. Sono i due sostantivi che meglio descrivono Adamant Namiki, azienda nata nel 1939 nei sobborghi di Tokyo per lavorare il rubino artificiale con una tecnologia proprietaria. La storia di questo primo prodotto rappresenta il leit motiv di tutta la storia Namiki Precision Jewels, così si chiamava l’azienda allora: realizzare prodotti “semplici”, ma sviluppando tecnologie di produzione automatizzate di precisione affinché questi prodotti siano della massima qualità e con un’attenzione speciale al QCD.
Dai materiali duri alle testine dei giradischi
È interessante ripercorrere le principali tappe della crescita dell’azienda, che oggi fattura 300 milioni di dollari con 1450 dipendenti in tutto il mondo, perché dà l’idea di come, alla base della propria strategia aziendale, vi sia proprio la ricerca di quella elevata qualità che aveva caratterizzato il primo prodotto: “Fin dalla nascita, abbiamo creato i macchinari con i quali effettuare lavorazioni di estrema precisione – spiega il CEO e Presidente della filiale europea dell’azienda, Gianpaolo Turri – ampliando il ventaglio di prodotti man mano che ci specializzavamo su un’attività”. Il rubino artificiale veniva utilizzato all’epoca per i contatori di elettricità (la superficie perfettamente levigata che Namiki riusciva a ottenere con la sua lavorazione di precisione permetteva di avere un materiale che, in pratica, non si usurava nella rotazione del meccanismo che serviva a conteggiare il consumo di energia), successivamente è stato utilizzato negli orologi e Namiki è diventato uno dei maggiori fornitori di rubini per questo mercato: proprio per servire il quale alla fine degli anni ’50 nasce Adamant che avrà uno sviluppo autonomo focalizzandosi sulla produzione di apparecchiature medicali basate su materiali duri, per poi riunirsi con Namiki nel 2018 e dar vita a un unico gruppo, Adamant Namiki appunto.
Alla lavorazione del rubino artificiale, l’azienda aggiunge quella del diamante sintetico che, tra gli altri usi, aveva una grande diffusione nelle puntine per giradischi: “Inizialmente facevamo solo le puntine, ma poi, proprio grazie alla nostra specializzazione nella meccanica di precisione che ci permetteva di fare lavorazioni a livello di poche unità di micron, abbiamo iniziato a produrre l’intera testina del giradischi realizzando, in pratica, il nostro primo micromotore”, ricorda Turri. Ecco quindi che l’azienda si sviluppa in due grandi linee: da una parte la lavorazione dei materiali duri, alla quale si è andata nel frattempo aggiungendo quella dello zaffiro, e dall’altra la della produzione di micromotori.
Dal Walkman ai robot per confezionare il sushi
Arriviamo agli anni ’80 con il boom dell’elettronica consumer e di quello che, allora, era un prodotto rivoluzionario: il Walkman Sony. Il cuore pulsante del Walkman, quello che fa girare la cassetta e le testine magnetiche viene prodotto da Namiki che poi raggiunge un altro traguardo: la produzione di micromotori a vibrazione prima per i cercapersone e poi per i cellulari Ericsson e Nokia.
“È grazie a questa specializzazione continua, innovazione permanente nella meccanica di precisione che oggi possiamo realizzare, per esempio, micromotori per mani artificiali sia di tipo sanitario sia per la movimentazione robotica industriale, soprattutto per oggetti di piccole dimensioni e che necessitano di una grande delicatezza nella manipolazione. La nostra mano robotica – spiega il CEO – è utilizzata per esempio nel posizionamento del sushi nelle vaschette dove il controllo aptico deve essere equiparabile a quello umano”. Una competenza che ha portato Namiki a collaborare in Italia con eccellenze nell’ambito della robotica di precisione come la Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa o l’Istituto Italiano di Tecnologia.
Mentre Namiki, insieme alla lavorazione dei materiali duri, si andava specializzando sui micromotori, Adamant, come abbiamo detto, si dedicava alla produzione di apparecchiature medicali acquisendo un’altra specializzazione, quella della lavorazione di ceramica per ortodonzia.
Dall’ortodonzia alla fotonica del silicio: 5G, IoT e automotive
Ed è proprio da questa lavorazione che deriva un’altra linea di produzione diventata oggi strategica per l’azienda: la produzione di connettori per la connettività su fibra ottica. “L’azienda – prosegue Turri – unisce la sua vocazione nella produzione di qualità con quella di una produzione massiva a livello industriale e il boom delle telecomunicazioni decreta il suo successo. Veniamo chiamati dalle grandi telco e, grazie alla nostra specializzazione nella fotonica del silicio [il silicio viene modellato con una precisione sub-micrometrica all’interno dei singoli componenti fotonici che operano sulla scala dell’infrarosso, utilizzata nei sistemi di telecomunicazioni in fibra ottica ndr] e nella robotica, siamo una delle due o tre aziende più grandi al mondo che producono questo tipo di connettori”.
Una specializzazione che oggi è quanto mai importante, alla luce di tre grandi filiere di prodotti che, in questo periodo, rappresentano un importante bacino per questo mercato, come ci ricorda Turri: 5G, Internet of Things e automotive.
“Tutto lo sviluppo del 5G, che si basa su un’enorme quantità di dati utilizzabili in real time, impone la modernizzazione della infrastruttura esistente con soluzioni basate sulla fotonica del silicio con un importante impatto anche nei data center nei quali devono essere utilizzati connettori sempre più performanti: dal semplice connettore che connette una fibra, si dovrà passare a quelli che connettono 50 fibre a 50 fibre o una fibra a 1000. E questo è il nostro pane”.
Per l’Internet of Things, il problema è un altro: è necessario un segnale molto più distribuito a più bassa frequenza, dove il problema non è trasmettere grandi quantità di dati in real time (come per lo streaming per esempio), ma avere una affidabilità molto diffusa a basso consumo energetico, idealmente autosufficiente attraverso l’energy harvesting remoto (nel quale siamo presenti attraverso la ceramica piezo e l’esperienza nei micromotori). “Anche in questo caso – spiega Turri – i nostri connettori sono la risposta ideale”.
Infine, l’automotive: “Qui abbiamo il tema della trasmissione di grandi quantità di dati ad altissima affidabilità e altissima frequenza. In questo caso stiamo lavorando a una connettività nuova, che permetta di resistere alle vibrazioni, escursioni termiche, accelerazioni e decelerazioni tipiche di un’autovettura che ci consentirà di superare la barriera del rame, materiale oggi utilizzato per questo tipo di connessioni”.
Ma le applicazioni delle soluzioni Adamant Namiki sono veramente ampie e particolarmente interessanti per il nostro paese: “Per esempio per il controllo strutturale del territorio: inserendo fibre ottiche all’interno di ponti, gallerie ecc. è possibile avere un monitoraggio continuo della struttura e capire immediatamente se è successo qualcosa che ne può modificare la stabilità”. Oppure nell’avionica dove i micromotori Adamant Namiki, con una dimensione intorno ai 15 mm e una grande potenza di coppia, sopportano temperature molto alte e molto basse con un’escursione termica rapida e molto elevata. O, ancora, la realizzazione di sistemi di messa a fuoco automatica (e qui c’è la combinata tra lavorazione di metalli duri e produzione di micromotori) per droni di tipo industriale fino ad arrivare a soluzioni di meccanica di precisione in ambito sportivo sulle quali, però, vige la più totale segretezza.
Per quanto riguarda la presenza nel nostro paese, l’azienda opera tramite il partner F&C Solutions e anche questa è una scelta in linea con la storia Adamant Namiki. Il distributore nasce infatti nel 2014 dall’esperienza pluriennale dei due soci fondatori nel settore dell’automazione e dei servosistemi.