Hardware, software, servizi, strategie di esternalizzazione, rapporti con i partner e con gli utenti aziendali, tutto quanto è oggi all’interno della funzione tradizionale dei sistemi informativi vive, giocoforza, un ripensamento strategico.Se c’è una cosa positiva che questa prolungata crisi economica ha portato nelle aziende è la necessità, ai diversi livelli organizzativi e tecnologici, di “guardarsi dentro”, di porsi quella che possiamo considerare oggi “la madre di tutte le domande”: “così come sono, così come lavoro, riesco a reggere la situazione, possibilmente continuando a competere e a svilupparmi oppure devo rivedere in profondità il modo stesso in cui opero e penso?”. Detta con parole più eleganti, trattasi di ripensamento organizzativo, revisione tecnologico-infrastrutturale, cambiamento culturale.
Ma in estrema sintesi siamo sempre allo stesso punto: trovare le giuste risposte ad una situazione che, accelerata dalle difficoltà economiche, ha scompaginato criteri organizzativi, modalità competitive, accelerato i processi di innovazione e proposta, facendo emergere i talenti migliori. In pratica tutto ciò che i sacri testi economici da sempre dicono della “forza innovatrice della crisi” si sta avverando.
Ed è all’interno di questo scenario, che tutti noi nei nostri rispettivi business viviamo quotidianamente, che bisogna collocare l’attuale fase evolutiva dei sistemi informativi. Una fase che vede, lo sottolineiamo nuovamente, l’Ict in azienda in una profonda trasformazione “culturale”, prima ancora che tecnologica e architetturale, una trasformazione che investe il ruolo stesso dei sistemi informativi in rapporto all’attività e alla crescita dell’azienda. Hardware, software, servizi, strategie di esternalizzazione, rapporti con i partner e con gli utenti aziendali, tutto quanto è oggi all’interno della funzione tradizionale dei sistemi informativi vive, giocoforza, un ripensamento strategico. In quale direzione e perché? Nella direzione di poter rappresentare l’elemento attuativo e di accelerazione dell’efficienza e dello sviluppo del business aziendale, perché, diversamente, rischia, come funzione e come persone che in essa vi lavorano, di scomparire, di diventare una commodity tutto sommato non difficile da sostituire.
Per questo motivo, pur essendo convinti che “al cuore dell’impresa”, come recita il titolo dell’editoriale, ci sono e ci resteranno sempre le persone, gli individui e la loro capacità (o non capacità) di fare la differenza, abbiamo indagato, come ZeroUno, lo stato attuale e le prospettive di modernizzazione della “linfa vitale” attraverso la quale le aziende operano al proprio interno e nella relazione con il mercato: le applicazioni. Elemento primario attorno al quale si snodano i processi e il disegno organizzativo dell’impresa, oggi le applicazioni sono arrivate ad un punto critico, quello in cui si riesce sempre meno a “mettere una pezza” allo specifico problema per “tirare avanti”. Anche per quanto riguarda le application, siamo entrati nella fase di ripensamento strategico, una fase in cui, proprio per riuscire, come “funzione sistemi informativi”, a garantire l’efficienza e l’efficacia che viene richiesta, le applicazioni devono essere modernizzate, fruite, eliminate, acquistate all’interno di un quadro più organico, più facile da manutenere, meno costoso, meglio rispondente a quelle esigenze di flessibilità e di operatività che le line of business aziendali (e i loro utenti) richiedono.
Per evitare di parlare solo di impressioni (e desideri), rischiando di perdere di vista la realtà, abbiamo realizzato un’Inchiesta on line attraverso il nostro sito www.zerounoweb.it sul tema della modernizzazione applicativa (con la partnership di Micro Focus) per avere dei dati. E non contenti, abbiamo deciso di organizzare anche un Executive Dinner per parlare, con una ventina di Cio di altrettante aziende, del ruolo che le applicazioni andranno ad assumere nello scenario organizzativo e competitivo che le imprese si apprestano a sostenere. Tutto ciò partendo da una fotografia dei problemi attuali e del percorso migliorativo delle applicazioni come emerso dai risultati della ricerca.
Ci premeva darvi alcuni spunti di riflessione tratti da un campione significativo di 98 aziende equamente distribuite in Italia nei principali settori e con una distribuzione dimensionale (per fatturato) altrettanto bilanciata (23,5% sotto i 50 milioni di euro di fatturato; 20,4% oltre il miliardo di euro; la restante parte, circa il 55% distribuita uniformemente nelle classi di fatturato intermedie). All’inchiesta hanno risposto figure professionali appartenenti sia al versante sistemi informativi sia a quello del business.
Tra gli aspetti a nostro avviso davvero interessanti emersi dalla ricerca circa la considerazione che i sistemi informativi e gli utenti hanno oggi delle applicazioni, nonché i passi e le richieste citati per migliorarne l’efficacia e il ruolo in una direzione sempre più “business oriented”, vogliamo darvi tre punti di sintesi significativi (l’intera ricerca è stata inviata nel dettaglio solo a coloro che hanno partecipato mentre nei prossimi numeri di ZeroUno ne realizzeremo un articolo di sintesi):
1 – Business e IT più vicini – La preoccupazione dell’impatto che le applicazioni hanno sull’efficacia del lavoro delle persone e sulla capacità competitiva dell’azienda è un elemento condiviso tra la parte sistemi informativi e la parte business. In altre parole ci sono alcuni fattori di spinta all’interno di un processo di modernizzazione applicativa che possono essere fatti risalire senz’altro a fattori di business. Tra le dichiarazioni delle aziende, emerge infatti al primo posto l’esigenza di “incrementare il livello di soddisfazione degli utenti in una logica di service management (vedi figura 1).
Figura 1 – Fattori di spinta e obiettivi ricercati nella modernizzazione delle applicazioni
(Cliccare sull'immagine per visualizzarla correttamente)
Ma anche sul versante opposto, quello degli utilizzatori aziendali, la preoccupazione di una scarsa efficacia delle applicazioni comincia ad essere diffusa. E questo è un dato importante: tra le figure infatti che spingono le strategie di modernizzazione applicativa in azienda, accanto all’ovvia figura del Cio, segue in seconda posizione il top management e poco dietro i responsabili delle singole Lob. E questo è senza dubbio un dato significativo della vista comune che le due aree, It e business, hanno oggi delle applicazioni come elemento imprescindibile (e migliorabile) delle modalità operative di lavoro (vedi figura 2).
Figura 2 – Figure che spingono le strategie di modernizzazione
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2 – Visione strategica e più organica del parco applicativo – Emerge forte dalla ricerca il grande tema della governance, dell’efficacia e soprattutto della necessità di ridurre le modalità di risposta nei confronti degli utenti, in termini di servizi e applicazioni, sulla base delle emergenze e senza grande coerenza. Sempre nella figura 1, tra i fattori di spinta alla modernizzazione si rileva infatti (al secondo posto) la necessità di “Migliorare la disponibilità degli applicativi in una visione di evoluzione strategica”. E’ questo un punto su cui si è discusso molto durante l’incontro con i Cio nel nostro Executive Dinner. Non è semplice il percorso di ottimizzazione applicativa, ma certamente bisogna agire identificando una organicità di tipo architetturale sulla quale disegnare l’evoluzione delle applicazioni in un’ottica modulare, Soa oriented, avendo il coraggio di eliminare applicazioni obsolete e inutilmente costose in termini di manutenzione. Ma organicità significa anche saper capire la controparte: cosa vogliono davvero gli utenti? Come vogliono utilizzare le applicazioni? Come gestire, dalla prospettiva IT, una richiesta che deve avere le giuste priorità all’interno di un quadro organico di governance applicativa e di sviluppo progetti? Tutte domande alle quali è impossibile dare risposte adeguate se non si struttura e si cura adeguatamente il demand management che, va sottolineato, non può essere limitato alla “buona volontà” del singolo o alla sensibilità o ancora alla capacità relazionale tra individui (certo elementi importanti comunque), ma deve assumere pienamente lo status di elemento organizzativo stabile e fondamentale, ruolo “di cerniera” tra area business e area sistemi informativi.
3 – Vendor inadeguati? – In tema di relazione con i fornitori, metà del campione si è dichiarato soddisfatto, definendo i vendor con cui opera “proattivi nel far emergere la tematica”. Il che non significa, peraltro, che necessariamente questi siano in grado di dare una risposta efficace. Ma soprattutto quel 49% che manca all’appello non ha difficoltà a descrivere i fornitori inadeguati a coadiuvare l’It in un processo di modernizzazione applicativa (vedi figura 3). Perché? Per “mancanza di skill consulenziali adeguati”; “Non in grado di far emergere le esigenze latenti”; “Incapaci di utilizzare messaggi corretti”. E’ chiaro che stiamo toccando un nervo scoperto. La relazione utenti-vendor si è spesso caratterizzata, e accentuata soprattutto nell’ultimo anno di crisi, secondo criteri di prezzo (il più basso possibile). Prima ancora di essere orientati ad una partnership efficace e ad un linguaggio comune sul piano del valore per il business, gli utenti hanno identificato nella ricontrattazione al ribasso il principale strumento di riferimento nel rapporto con i fornitori. E allora se da un lato gli utenti “giocano al ribasso”, imponendo tariffe che i fornitori sempre più difficilmente riescono a sostenere, dall’altra parte la “quadratura dei conti” spesso viene raggiunta utilizzando risorse professionali, soprattutto per tematiche complesse come la modernizzazione applicativa, non sempre all’altezza delle aspettative. Aggiungeteci poi la necessità, per molti di questi fornitori, multinazionali americane, di avere un modello di business (e quindi di fatturato) calibrato sui risultati del “quarter” (del trimestre) con i conseguenti contraccolpi di Borsa, ed ecco che l’inadeguatezza della relazione emerge in tutta la sua complessità.
Tanti altri aspetti emergono dalla ricerca: un sorprendente 55% di aziende che dichiara di fare assessment del proprio parco applicativo; la necessità di una comprensione maggiore tra It e chi deve autorizzare certi investimenti di tipo “infrastrutturale”, mettendo mano alle applicazioni in quanto strumenti migliorativi del business; una correlazione che non è del tutto acquisita, soprattutto da alcune figure quali, ad esempio il Chief Financial officer.
Insomma c’è ancora tanta strada da fare, ma una cosa sembra emergere, da questa ricerca così come dal confronto continuo che ZeroUno ha con le imprese sul mercato: pur all’interno delle difficoltà quotidiane e delle “diverse prospettive” e priorità di scelta che le varie funzioni aziendali hanno nello svolgimento del loro lavoro, sembra affacciarsi una nuova consapevolezza: le applicazioni, i servizi informativi sono ormai alla base di ogni attività lavorativa e ha sempre meno senso ragionare per compartimenti stagni e contrapposizioni. La ricerca di nuovi linguaggi e nuovi modelli sembra finalmente essere iniziata nel concreto. Con tutte le difficoltà, gli scetticismi e le incomprensioni di una nuova fase di confronto.