Da quando sono nati, i computer ne hanno fatti, di progressi. In questo anniversario della conquista della Luna abbiamo letto che la potenza di calcolo del centro dati della Nasa, a Houston, era paragonabile a quella di un qualsiasi laptop dei nostri giorni. Per non parlare della grafica, delle interfacce utente e così via. Di una cosa, però, i computer non si sono potuti liberare, né è probabile lo faranno mai: la dipendenza dall’energia elettrica. Certo, anche qui i progressi sono stati enormi e, per tornare al paragone di cui sopra, oggi, a parità di potenza di calcolo, basta una batteria dove a Houston occorreva una centrale dedicata. Ma, ed è questo il punto, ragionare a parità di potenza non ha davvero alcun senso. Bisogna ragionare pensando ai computer di oggi e ai bisogni che oggi sono chiamati ad assolvere. E allora il discorso cambia. I computer richiedono energia erogata con estrema costanza, dato che anche minime variazioni di voltaggio ne influenzano il funzionamento, e l’assoluta continuità. Questo compito è delegato ai gruppi di alimentazione, che avendo però a loro volta scarsa tolleranza rispetto a fluttuazioni della tensione e nessuna rispetto a un’interruzione totale d’energia sono alimentati da particolari sistemi, detti Ups (Uninterruptible power system). In questo settore di offerta il leader riconosciuto è Apc (American Power Conversion), che produce non solo Ups ma interi sistemi integrati di gestione dell’energia (alimentazione, raffreddamento e condizionamento ambientale) e che dopo essere entrata nel gruppo Schneider Electric ha ulteriormente rafforzato il proprio quasi monopolio del settore. Con l’aiuto di Fabio Bruschi, country manger di Apc by Schneider Electric Italia, andiamo quindi a focalizzare le opportunità che il buon uso di tali indispensabili elementi può dare nella gestione di un Data center.
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Virtualizzazione: un risparmio che ha dei costi
Sono numerosi gli elementi di un datacenter dove vi sono ampi margini di miglioramento dell’efficienza energetica: i server innanzitutto, e poi i disk array e i sistemi di arresto dei dischi, gli apparati di rete, i sistemi di raffreddamento dei rack e condizionamento ambientale e, infine, gli stessi UPS e sistemi di distribuzione elettrica. Sul lato server, le tecnologie di virtualizzazione possono portare a una drastica riduzione del numero delle macchine fisiche in funzione, con un risparmio in valore assoluto della spesa energetica. L’effetto collaterale, però, è che un data center altamente virtualizzato conterrà, a parità di capacità di calcolo, meno macchine ma queste consumeranno più energia, essendo costantemente sfruttate al massimo. A livello di singolo rack sarà quindi necessario erogare più potenza di alimentazione (dati Apc parlano di 40 Kw per rack) e, soprattutto, di raffreddamento, dato che oltre il 99% dell’energia in ingresso in un server è trasformata in calore. Questo è il motivo per cui, una volta virtualizzato il data center, occorre adeguare l’infrastruttura fisica dell’ambiente in modo che possa sostenere il livello di prestazione che ci si aspetta dai sistemi, installando sistemi di alimentazione e di condizionamento chiamati a fornire livelli di energia e a dissipare quantità di calore per unità di volume impensabili fino a pochi anni fa. Questo ha portato, tra l’altro, a una sensibile crescita del mercato del condizionamento per Data center, che secondo una stima di Frost & Sullivan si aggira in Italia intorno ai 35 milioni di euro.
Da un lato occorrono quindi Ups ad alta efficienza, realizzati in forma modulare in modo da poterne sfruttare la capacità dove più occorre ottimizzandone il rendimento; dall’altro lato occorrono sistemi di condizionamento non solo efficienti ma anche posizionati in modo da ottimizzarne la resa termodinamica, inseriti tra le file di rack per avvicinarli alla fonti di calore. “Tutti i nostri sistemi di condizionamento – spiega Bruschi – sono ad alta efficienza intrinseca, cioè per come sono progettati e ingegnerizzati, ed applicativa, cioè per come possono essere usati”; nel senso che permettono un raffreddamento più efficace grazie al collocamento in prossimità della fonte di calore. Secondo Apc il sistema di raffreddamento InRow permette di aumentare la Dcie (Data center infrastructure efficiency) di un datacenter in parte virtualizzato da un livello di risparmio energetico del 10% offerto dalla sola virtualizzazione a uno del 30% consentito dalla somma della virtualizzazione e del sistema di raffreddamento ad alta efficienza.
Occorre infine gestire tutta l’infrastruttura in modo dinamico, in modo da adeguare in tempo reale le condizioni energetiche delle varie zone del datacenter all’effettivo carico virtualizzato. Poiché tale carico è controllato in modo automatico dal software di gestione delle macchine virtuali, è evidente che si tratta di un compito impossibile da gestire se non in modo parimenti automatico attraverso un opportuno software.
La centralità di soluzioni software che aiutino i responsabili It a muoversi senza difficoltà fra le varie attività di monitoraggio e operative correlate all’efficienza energetica del Data center in modo che questa possa essere ottimizzata senza sacrificare il livello di availability delle risorse è essenziale. Bisogna infatti misurare le performance dell’infrastruttura fisica ed operare i necessari interventi al livello più capillare possibile. “La nostra suite di gestione del Data center – osserva Bruschi – utilizza dati in tempo reale e un database condiviso, il che significa poter prendere decisioni basandosi su dati reali, e non sui dati statistici che tipicamente sono utilizzati dai tool di inventory management stand-alone. I nuovi sistemi InfraStruXure integrano Capacity Manager e Change Manager, nuovi strumenti di gestione che permettono di monitorare i parametri relativi alle componenti critiche lungo tutto il percorso del ciclo termodinamico. Gli elementi chiave per la progettazione, il funzionamento e la gestione del Data center sono uniti in un’unica piattaforma, in grado di ottimizzare sia l’efficienza sia l’efficacia dell’infrastruttura fisica, per la tranquillità dei responsabili Dc e dei facility manager”.
Tutti i colori del ‘green’
L’attuale attenzione al tema dell’impatto ambientale dell’energia è nata sull’onda emotiva delle preoccupazioni espresse al riguardo da esperti di fama e dall’attività dei movimenti (anche politici) sorti nel mondo a tutela dell’ambiente. Questo portato sia i fornitori sia gli utenti di tecnologia a cominciare ad interrogarsi sul problema, scoprendo, sia gli uni che gli altri, che al di là dello sfruttamento del fattore emotivo ai fini di un miglioramento della propria immagine aziendale, decidere di essere ‘green’ comporta una serie di soluzioni e di attività capaci portare concreti benefici. Tra i fornitori, Apc ha orientato la propria ricerca e sviluppo nella direzione di soluzioni capaci di consumare e far consumare meno energia già da tempo. “Ben prima – nota Bruschi – che questo diventasse un’esigenza per la salute del pianeta, oltre che una questione di costi”. Questo impegno verso ambienti It a sviluppo sostenibile è testimoniato anche dal fatto che Apc è tra i soci fondatori del Green Grid, un ente internazionale cui fanno capo i maggiori player Ict e che ha lo scopo di sviluppare e promuovere l’efficienza energetica nei datacenter e nella fornitura di servizi It.
“Oggi riteniamo – prosegue Bruschi – che la tecnologia possa fare da volano per attivare un circolo virtuoso in grado di coniugare in modo efficace la sostenibilità, con ricadute positive in termini di marketing e immagine che derivano dalla crescente sensibilità ambientale e anche ai fini della competitività”.
L’attenzione delle aziende che oggi investono in tecnologia punta soprattutto alle opportunità di risparmio che questa può dare, e ciò vale in particolar modo per le tecnologie che sono rivolte alla maggiore efficienza energetica, offrendo il basso impatto ambientale come ovvia conseguenza di tale efficienza. Secondo dati Apc, in un Data center, più della metà dell’energia viene usata per gli Ups e il condizionamento e un tipico centro da 1 Megawatt spreca circa 400 kW, pari a circa 2.000 tonnellate di carbone all’anno. I guadagni ottenibili riprogettando il centro in chiave di efficienza sono quindi notevoli: ogni kW in meno porta a un risparmio di circa 700 euro all’anno e riduce le emissioni di CO2 di 5 tonnellate l’anno (come togliere un’auto dal traffico). Migliorare dell’1% l’efficienza dell’infrastruttura porta a una riduzione di circa il 2% della ‘bolletta’ energetica. Ciò spiega perché queste soluzioni siano al momento le più premiate dalle aziende utenti: risulta infatti facile dimostrare il rapporto diretto tra la loro adozione e il risparmio economico, con un Roi che a volte è inferiore all’anno. “Il punto fondamentale – sottolinea Bruschi – è che intervenire sull’efficienza energetica del data center significa riuscire a predisporre sistemi che operano nelle migliori condizioni, scaldano di meno e che, pertanto, sono in grado di funzionare in modo più efficiente e risultano soggetti a minori probabilità di guasto. Nel modello di Efficient Enterprise, che come Apc by Schneider Electric proponiamo da tempo, si trovano a convergere business continuity, riduzione dei costi ed eco-sostenibilità”.
Concludiamo questa nostra disamina sulle soluzioni legate all’energia facendo osservare come queste possano anche dare nuove opportunità per i Cio. Di fronte alla necessità di valutare scelte in materia di sostenibilità, il responsabile It diventa un importante alleato per il top management nella comprensione dell’impatto complessivo delle infrastrutture tecnologiche ed evidenziando il legame fra le scelte in materia di It e la posizione dell’impresa in materia di compliance ambientale. Secondo Gartner, il 23% della CO2 generata dall’It è legata al funzionamento dei centri dati, ma la percentuale è certamente ancora maggiore in quelle imprese il cui business si fonda sull’It e in generale in tutti i settori dove le infrastrutture It sono preponderanti e quindi generano la gran parte delle emissioni nocive dell’azienda.