SAN FRANCISCO – Performance, Orchestration, Security, Industry’s Collaboration: al Cloud Day 2016, l’evento di San Francisco che si è svolto a fine marzo, Intel definisce il mantra per disegnare la Software-Defined infrastructure (Sdi) e aiutare le aziende nel loro percorso verso la Digital Transformation. “The path is clear” dichiara la multinazionale di Santa Clara e serve ad abbattere le barriere alla nuvola, abilitando un nuovo approccio architetturale che permette di recuperare flessibilità e velocità di risposta al business, mantenendo la governance sugli asset informativi.
“Il cloud – dichiara Diane Bryant, senior vice president and general manager Data Center Group di Intel – è il più grande disruptor dell’Ict, che sta cambiando radicalmente i modi di consumo e deployment e ha portato una rivoluzione paragonabile all’ingresso dei Personal Computer negli anni Novanta. E’ la natura on-demand e dinamica del cloud il fattore dirompente, in uno scenario caratterizzato da centinaia di nuvole, miliardi di dispositivi connessi ed enormi volumi di dati”. Bryant propone alcune considerazioni sul fenomeno cloud: ogni giorno vengono lanciati nuovi servizi sulla nuvola e cresce la diversità dell’ecosistema; il business aziendale dipende sempre più dalle nuove tecnologie digitali che presuppongono una struttura cloud alla base; aumenta la necessità di ambienti interoperabili che permette il passaggio agile di dati e applicazioni dal cloud privato a pubblico e viceversa. Non esiste una nuvola unica che rappresenta la soluzione ideale. “Ci stiamo muovendo verso un mondo hybrid e multi-cloud – proclama Bryant -, sempre più ricco e geograficamente distribuito”. Ma quanto è veloce la trasformazione e quanto le aziende sono cloud-ready?
Se le soluzioni consumer (che oggi contano per i due terzi delle applicazioni su nuvola pubblica) hanno trainato la prima ondata cloud, nei prossimi cinque anni Internet of Things e data analytics saranno i principali driver di adozione. Secondo Idc, nel periodo 2016-2018, le aziende spenderanno 142,8 miliardi di dollari per aggiornare le infrastrutture con soluzioni di cloud pubblico e privato. In base alle stime di 451 Research, il 67% delle imprese sta pianificando di aumentare la spesa nelle infrastrutture software-defined nel 2016.
Le aziende insomma hanno fame di nuvola, ma secondo il vendor oggi le soluzioni cloud mancano di funzionalità e interoperabilità, oltre ad essere difficili da implementare. La mission della multinazionale è aiutare le aziende a cogliere tutti i vantaggi della nuvola grazie a una serie di iniziative, non solo a livello di lancio prodotti, ma anche in termini di collaborazioni di settore. In questa chiave di lettura, vanno inquadrati gli annunci del Cloud Day.
Nuovi processori e Ssd
Per supportare i nuovi trend Sdi, la roadmap del portfolio di processori e soluzioni Solid State Drives (Ssd) si è evoluta all’insegna delle performance, dell’orchestrazione (la capacità di gestire e distribuire tra i pool di risorse in maniera automatizzata i workloads all’interno dell’infrastruttura, grazie a un policy engine che sfrutta i dati telemetrici di piattaforme e applicazioni, ndr), della sicurezza.
I nuovi processori Xeon E5-2600 v4, costruiti sulla tecnologia a 14 nanometri, forniscono gli ingredienti per abilitare i nuovi datacenter gestiti via software, tra cui la Resource Director Technology, ovvero la chiave di Intel per l’orchestrazione. che fornisce visibilità e controllo su tutte le risorse cloud condivise come i processor caches e le memorie. Secondo le dichiarazioni del vendor californiano, questa famiglia di processori offre prestazioni migliorate per i cloud tasks con un aumento del 20% in termini di cores e cache rispetto alla generazione precedente; inoltre, supporta una maggiore velocità di memoria per accelerare una ampia gamma di workloads computazionali, di rete e di storage. I miglioramenti sotto il profilo della sicurezza, invece, riguardano l’isolamento dei workloads, le policy e una crittografia più veloce ai fini di una maggiore protezione costruita intorno al dato.
Le novità di prodotto hanno riguardato anche una gamma di Ssd ottimizzati per la serie di processori Xeon E5-2600 v4, lo storage di fascia enterprise e le implementazioni cloud. I nuovi dischi allo stato solido DC P3320 e P3520 sono caratterizzati dall’utilizzo di tecnologia 3D Nand (Nand è un tipo di architettura delle memorie Flash per cui i transistor sono connessi in serie; nell’accezione 3D, le celle di archiviazione dei dati sono posizionate in verticale, permettendo di realizzare dispositivi di storage ad alta densità, con capacità tre volte superiore rispetto alle soluzioni Nand convenzionali a due dimensioni), mentre le serie DC D3700 e D3600 Series sfruttano, per la prima volta nel portfolio Intel di Ssd dual-port Pci express, il protocollo NVMe (Non-Volatole Memory Express): il design a due porte fornisce ridondanza e failover, salvaguardando la perdita di dati nelle implementazioni mission critical.
Collaboration per deployment più agili
Ma come spesso è stato più volte durante l’evento, il cloud non è soltanto una questione di tecnologia e architettura, ma coinvolge anche processi di business, presuppone un cambiamento organizzativo, culturale e di competenze all’interno del dipartimento It aziendale, necessita di collaborazione tra vendor per creare un ecosistema interoperabile e aprire le porte a “decine di migliaia di nuove nuvole” (per dirla con lo slogan Intel).
Nell’estate 2015 il vendor, infatti, aveva annunciato l’iniziativa Cloud For All, allo scopo di accelerare l’adozione della nuvola e introdurre nuovi modelli di utilizzo grazie alla collaborazione tra il team di ingegneri della corporation e i partners di settore. Attraverso questo programma, è stata creata una squadra di sviluppatori tutta dedicata all’OpenStack, con l’apertura dell’OpenStack Innovation Center insieme a Rackspace e il supporto all’OpenStack Foundation (Intel è Platinum Member di questa community, che promuove a livello globale lo sviluppo, la distribuzione e l’adozione dell’OpenStack cloud operating system). Cloud for All ha contribuito a colmare le lacune della piattaforma open-source rispetto ad alcune funzionalità enterprise (ad esempio, l’alta disponibilità, la semplicità di deployment, il supporto per network e storage) grazie alla scrittura di nuove linee di codice, consentendo inoltre di intervenire su oltre un quarto dei bug conosciuti. La collaborazione con partner del calibro di Microsoft, RedHat, Suse e VMware (per citarne alcuni) ha portato allo sviluppo di alcuni stacks per la software-defined infrastructure (moduli costituiti da più layer, con risorse storage di rete e computazionali, sistema operativo, software di orchestrazione e virtualizzazione che sono stati integrati in architetture di riferimento. Infine, sono stati forniti circa un centinaio di Proof of Concept (PoC) e trials di queste soluzioni.
San Francisco è stato anche il palcoscenico per presentare le nuove collaborazioni all’insegna del data center software-defined. Innanzitutto, la partnership con CoreOs (società specializzata in progetti open-source per l’ottimizzazione di Linux Containers) e Mirantis (vendor focalizzato sulle implementazioni OpenStack) è volta a unire le rispettive tecnologie in un’unica soluzione per orchestrare i containers e le applicazioni basate sulle virtual-machine.
L’alleanza Intel-VMware, invece, ha portato alla creazione di Centri di Eccellenza per accelerare le implementazioni cloud, dove sarà possibile ottimizzare i deployment per i clienti, testare i Poc, integrare le best practice di sicurezza in collaborazione con il Nist (National Institute of Standards and Technology).
All’evento californiano, inoltre, la Cloud Native Computing Foundation (Cncf) e Intel hanno annunciato un cluster per il testing di applicazioni cloud native su larga scala, che include oltre mille nodi server basati su processori Intel Xeon. Altro annuncio ha riguardato l’espansione del programma Cloud Builders, per includere nuovi casi d’uso con l’obiettivo di facilitare l’integrazione dell’ecosistema di settore, accelerare l’ottimizzazione delle soluzioni per l’Sdi, permettere ai clienti di trarre vantaggio dall’orchestrazione e automazione dei loro ambienti IaaS. L’iniziativa offrirà nuove opportunità di formazione per gli sviluppatori e permetterà la creazione di architetture di riferimento, Poc e trials ad uso dei clienti. Nell’ambito del programma, sono state presentate a San Francisco due nuove collaborazioni, entrambe focalizzate su Snap, il framework Intel a codice sorgente aperto per il monitoraggio basato sulla telemetria, che permette di accedere ai dati sullo stato e le performance dell’infrastruttura, abilitando una più ampia visibilità e governance su tutte le risorse di calcolo, storage e rete. La prima partnership riguarda raintank per integrare Snap con la piattaforma Grafana (di cui è stata annunciata in anteprima la versione 3.0 e il portale Graphana.net), che permette l’esplorazione, la creazione e la condivisione tra team geograficamente distribuiti di dashboard e time series data. La seconda alleanza concerne, invece, l’integrazione di Snap con Iron.io, la piattaforma per il job processing basata su un’architettura a microservizi che sfrutta i conteiners Docker. Attualmente il programma conta oltre 300 aziende aderenti, distribuite nelle tre divisioni Cloud, Storage e Network Builders.
Nel cuore del datacenter IntelIl Cloud Day è stata anche l’occasione per mostrare alla stampa il data center Intel di Santa Clara, nel cuore della Silicon Valley in California (una delle sessanta infrastrutture del vendor distribuite intorno al mondo), concepito all’insegna dell’efficienza energetica, dell’ottimizzazione degli spazi e della densità dei rack. Il Ced è stato costruito esclusivamente per supportare la progettazione delle soluzioni Intel a livello globale. Attualmente il chip design richiede una potenza computazionale maggiore del 4.600% rispetto a 12 anni fa e il datacenter californiano si è continuamente evoluto nel tempo per supportare le nuove esigenze. Due edifici adibiti alla fabbricazione dei wafer di silicio e non utilizzati sono stati così convertiti in due Ced ad alta densità ed efficienza, che ospitano complessivamente 65mila server multi-vendor basati sui processori intel Xeon. Il Modulo A, una facility di 5.000 piedi quadrati costruita nel 2013, ha raggiunto un Pue (power usage effectiveness) di 1,06, che garantisce un risparmio annuo in termini di consumo pari a 1,9 milioni di dollari (il vendor afferma che grazie a questi savings il costo della costruzione verrà sanato nell’arco di sei anni). Il Modulo A utilizza un sistema di free-air cooling, che permette di raffreddare l’infrastruttura utilizzando l’aria proveniente dall’esterno, anziché l’acqua, garantendo un risparmio annuo di oltre 165 milioni di litri d’acqua. Il Modulo A ospita il sistema Intel SC D2P4, classificato all’81° posto nella lista dei 500 supercomputer più potenti al mondo, con 1.282 server che girano a 833 tflops. Ancora in fase di espansione, il Modulo B, invece, con un Pue di 1,07, utilizza un sistema di raffreddamento (close-coupled evaporative cooling) che sfrutta l’acqua riciclata per condizionare l’aria all’interno del datacenter. Secondo le dichiarazioni di Intel, grazie agli impianti di refrigerazione così concepiti, non è impensabile che il datacenter di Santa Clara possa arrivare in un prossimo futuro a un valore Pue sotto l’1. |