È noto che fin dalle prime prove di industrializzazione dell’It, l’Irlanda ha offerto un attraente mix di connettività, infrastruttura, base di costo, ambiente e accesso agli skill (oltre a madrelingua e sponda atlantica dell’Ue) che l’ha resa l’hub naturale dei leading vendor Usa per la distribuzione di hardware e software in Europa e per la locazione di data center di aziende del calibro di Adobe, Amazon, Emc, Google, Ibm, Microsoft, Vodafone e Yahoo.
Non sorprende dunque che l’Irlanda si candidi ora come “centro di eccellenza globale per il cloud”, in particolare puntando sull’accoppiata cloud e imprenditorialità, investendo sul filone classico per un data center (disegno, costruzione e allestimento) e su quello emergente dei servizi cloud.
Questo il cuore del messaggio della due giorni del Web Summit, organizzato a cura di Enterprise Ireland e Industrial Development Authority, agenzie governative per lo sviluppo e la crescita; Summit i cui obiettivi vanno su un doppio binario: promozione del Paese (Irlanda, luogo per mega data center cloud), ed enfasi sul potenziale di esportazioni di servizi (expertise delle aziende dell’indotto quali provider di soluzioni competitive per data center e servizi cloud, sia di data hosting che di governance).
L’Irlanda eccelle e supporta le Sturt-up
Sulla promozione Paese, Jonathan McMillan, “ambasciatore” di Enterprise Ireland per Germania, Austria e Svizzera, ha ripercorso con ZeroUno la serie di annunci 2011: Hp espande il suo Cloud Service Center a Galway (Aprile); Emc e l’Istituto di Tecnologia di Cork annunciano un corso di laurea e master in cloud computing (Maggio); Dell apre un Cloud R&d Center a Dublino e un Solution Center a Limerick. “Nelle classifiche internazionali l’Irlanda è prima per disponibilità di forza lavoro competente e basso prelievo fiscale su attività imprenditoriali, terza per disponibilità di competenze finanziarie, quarta per produttività e settima per flessibilità della forza lavoro, ottava per percentuale di laureati con terzo livello di laurea”, afferma McMillan. “Nella popolazione adulta gli imprenditori sono l’8,6%, ai massimi livelli in Ue, contro il 7,7% Usa e il 6,4% Uk.
Straordinaria la resilienza delle aziende irlandesi, capaci di ricuperare con la crescita 2010 già il 75% di quanto perduto con la recessione, nel settore servizi computer e business (oltre che farmaceutico e agroalimentare)”.
Ma la capacità di esportare è cruciale per la sostenibilità e la creazione di ricchezza, in un Paese che, con poco più di quattro milioni di abitanti, deve sfruttare al massimo la sua economia “piccola e aperta”. Oltre un terzo del tempo del Web Summit è stato dedicato ad opportunità di networking con una fiorente comunità di start-up specializzate sia nelle tre aree del disegno, costruzione e allestimento sia in cinque tipologie di servizi cloud (cloud management, cloud service, compliance e sicurezza cloud/data center, tecnologie di rete, servizi di gestione e Co-location), con l’efficienza energetica a far da cerniera.
Nelle parole di McMillan, “la missione di Enterprise Ireland è appoggiare le start-up in un loro percorso di sviluppo come aziende di classe mondiale: partire, crescere, innovare, competere sull’esportazione di servizi globali. Obbiettivo, supportare in tal modo sostenibilità economica, sviluppo regionale e politica occupazionale”.
La comunità di start-up nel suo insieme conta una cinquantina di aziende, con diversi livelli di fatturato dai 5 a 50 milioni di euro, ma con qualche punta oltre i 250 milioni, una dimensione per lo più dai 50 ai 500 dipendenti (ma in un paio di casi sui 1000 dipendenti), e con geografie servite in Ue ed Usa ma anche resto del mondo, e ricorrenti casi di ingaggio presso aziende Top 500. E con una creazione di posti di lavoro per oltre 5000 persone.
Anche il Governo agisce per attirare imprenditori stranieri
Al Summit è sceso in campo in prima persona Richard Bruton, Ministro per l’Occupazione, le Aziende e l’Innovazione del Governo irlandese, un ibrido di responsabilità fra Ministro del Lavoro e Ministro dello Sviluppo, con più di un’analogia con la figura di Corrado Passera, il nostro Ministro dello Sviluppo Economico, delle Infrastrutture e dei Trasporti del Governo Monti.
Il Ministro Bruton ha annunciato di aver stanziato un fondo di start-up internazionale di 10 milioni di euro, che mira ad incoraggiare imprenditori stranieri a localizzare in Irlanda il loro business, creandovi la propria start-up. Il fondo, amministrato da Enterprise Ireland (il cui Ceo, Frank Ryan, affiancava il Ministro), ha per target progetti cloud computing (e anche Gaming, Tecnologie Mediche e Servizi Finanziari) pronti per un investimento tra i 200 e i 500 mila euro, che avrà luogo in forma di partecipazione azionaria dello stato nella compagnia.
Viene così istituito un terzo livello per cogliere l’opportunità cloud: se il primo livello è l’Irlanda “Paese ideale per il cloud”, il secondo è l’”esportazione di servizi cloud forniti da aziende indigene”, il terzo livello è “aprire il business dei servizi cloud a imprenditorialità/innovazione non Irlandese”, nella convinzione che i suoi ritorni non potranno che alimentare i primi due livelli.
Il Ministro Bruton è esplicito: “Stiamo dicendo alla comunità tecnologica internazionale «siamo aperti per far business con voi, venite qui e vi supporteremo». Il nostro scopo è creare più start-up qui in Irlanda, nell’ambizione più che di attirare qui la futura Google o Microsoft, di crescerla qui: le compagnie indigene danno ritorni all’economia nazionale tre volte maggiori delle multinazionali”.
Osando sognare in Italia analoghe misure di stimolo alle start-up, azzardiamo che il problema per il nostro Ministro per lo Sviluppo economico non sarebbe scovare 10 milioni di euro o più, o scommettere su imprenditorialità e inventiva italiana, bensì identificare una strategia e prevedere azioni concrete che favoriscano la digitalizzazione delle imprese con beneficio diretto anche sull’innovazione del Paese. Certo la tassazione irlandese per le imprese è meno impegnativa della nostra, ma una tecnologia con vantaggio strategico per il “Sistema Italia” ci verrebbe anche in mente. È la rivoluzione mobile, che con quella cloud ha pure una fortissima sinergia, generando una “mobile economy”. E per una volta l’Italia, che conta già un telefonino e mezzo per italiano, avrebbe un mercato interno bell’e pronto.