In ogni azienda si pone presto o tardi la scelta cruciale di dove mettere carichi di lavoro significativi: se su sistemi on premise o cloud, quindi se adottare il modello del cloud ibrido oppure scegliere tra cloud privato o pubblico. Se si guarda a ciò che “fa tendenza” nel campo IT, il cloud pubblico è certamente il modello più in voga tra le startup e alcune grandi aziende utility italiane ed estere. Un’opzione che potrebbe non essere la risposta giusta se i carichi di lavoro esistenti non sono adatti al passaggio in cloud. Molte applicazioni aziendali oggi in uso non sono state progettate per condividere le risorse nel modo nativo delle piattaforme cloud e quindi non riescono a ottenerne appieno i vantaggi, a cominciare dalla flessibilità di spostare job tra infrastrutture aziendali e di fornitori esterni, cosa che per esempio, utile all’efficacia e al contenimento dei costi del disaster recovery.
Le scelte da fare per l’adozione del cloud
Prima di spostare i carichi di lavoro più significativi sul cloud privato o pubblico, le aziende devono fare alcune considerazioni.
La prima riguarda la natura del carico di lavoro: se è adatto o meno per essere eseguito in cloud. Nel caso non lo sia, possono essere valutate opzioni di piattaforma, di supporto in cluster o su sistemi virtuali; in caso positivo, invece, occorre scegliere se sia meglio utilizzare il cloud pubblico, il cloud privato o entrambi insieme.
Uno dei vantaggi del cloud è permettere la condivisione flessibile delle risorse IT, consentendo a ogni singolo carico di lavoro di prendere a prestito le risorse di cui ha bisogno ad altri che, in quel momento, non le stanno utilizzando. Va da sé che esista un limite massimo alle risorse disponibili e che tale tetto sia più facile da raggiungere in un cloud privato piuttosto che in un cloud pubblico.
Un cloud privato può, per esempio, essere progettato per supportare 100 carichi di lavoro all’interno della stessa azienda o gruppo d’aziende, mentre un cloud pubblico è di norma strutturato per accoglierne centinaia di migliaia o anche milioni, potendo quindi contare su una riserva di risorse che, dal punto di vista del singolo job, può essere virtualmente considerata infinita.
La flessibilità ha un costo e uno dei principali problemi che le aziende incontrano quando vogliono portare carichi di lavoro su cloud pubblico è come valutare la convenienza economica. Mentre nel passato era relativamente facile calcolare i costi del cloud pubblico, la varietà dei servizi e delle opzioni oggi offerte dai principali cloud provider, come Amazon Web Services, Microsoft Azure e Google Cloud Platform, per citare i fornitori globali più grandi, rendono difficile ottenere stime precise. Per riuscirci serve acquisire una conoscenza approfondita del modo con cui ciascuna applicazione funziona nell’uso reale per capire qual è la curva di carico che produce e come possa eventualmente avvantaggiarsi delle opzioni disponibili.
Come definire la strategia di migrazione
Una buona strategia di migrazione al cloud prevede che si cominci sperimentando con carichi di lavoro non mission-critical per vedere come si comportano sulla piattaforma di cloud pubblico prescelta e quindi verificare la corrispondenza con la realtà delle valutazioni di costo “fatte sulla carta”. Scegliendo i carichi di lavoro più semplici e stipulando contratti di breve termine con i provider è possibile gestire differenti pool di risorse su differenti piattaforme cloud per vedere come si comportano.
La sperimentazione fornirà le risposte più utili per la valutazione dei costi oltre a quelle per la valutazione delle opzioni. Qual è l’incremento delle prestazioni ottenibile con le opzioni di storage a stato solido? Si ottiene un vantaggio elaborando i dati in-memory? È conveniente sfruttare le GPU per i job intensivi di calcolo analitico? Cosa cambia a livello dell’archiviazione dei dati e quali sono i costi associati al trasferimento da un luogo all’altro o al ripristino su una piattaforma diversa?
Una volta completata la sperimentazione si avrà una migliore comprensione di come funzionano le piattaforme di cloud pubblico e di quali opzioni di configurazione si può convenientemente aver bisogno. Questo sarà d’aiuto nelle decisioni aziendali di spostare su cloud pubblico anche carichi di lavoro di tipo mission-critical. Pur disponendo di carichi di lavoro adatti al cloud pubblico, la migrazione non è un viaggio a senso unico. I prezzi delle risorse, la disponibilità o i livelli di servizio di cui si ha bisogno possono cambiare nel corso del tempo ed è quindi utile avere un “piano B” per evitare che le decisioni prese non diventino vincoli per lo sviluppo o la competitività aziendale. È qui che entra in gioco il cloud ibrido, opzione d’elezione quando non sia possibile o conveniente fare scelte nette tra on premise, cloud privato e pubblico. L’idea è disporre di una piattaforma di gestione multicloud logica e trasparente che consenta agli amministratori una facile gestione e spostare i carichi di lavoro nel momento in cui serve e dov’è più conveniente. Nei moderni data center significa poter decidere se un carico di lavoro debba stare sul cloud privato o pubblico e per quale periodo di tempo. Quando lo sviluppo software per microservizi non costituirà più una novità, sarà del tutto normale utilizzare applicazioni composite con parti diverse e cooperanti su piattaforme differenti. Per questo è importante guardare lontano nelle scelte che riguardano il cloud e considerare le conseguenze della futura trasformazione granulare delle applicazioni in microservizi che vengono prelevati da diversi fornitori, in momenti diversi, in funzione delle esigenze aziendali, della disponibilità tecnica e della convenienza economica.