Sull’IT Governance (e sulla convergenza dell’IT con il Business con la relativa misurazione della performance Ict in tale ottica) c’è indubbiamente oggi forte domanda e, crediamo, bisogno di chiarirsi le idee, anche a fronte di un’offerta sovrabbondante di piattaforme e soluzioni. Al fine di fotografare la problematica, si è ritenuto importante dare la voce a una società di consulenza direzionale. L’opportunità si è presentata con Key Partners, (vedi riquadro) che, nelle vesti di tre suoi dirigenti, ci spiega le strategie e le tecniche di innovazione organizzativa ed efficientamento delle funzioni IT, al fine di comprendere i processi che collegano funzioni IT e servizi di business, le relative implicazioni organizzative e di sviluppo dei ruoli intraziendali ma anche la convenienza e le modalità per adottare best practice e standard. Ecco quindi l’intervista di ZeroUno a un panel di tre esperti, ciascuno dei quali ha sviluppato il tema It Governance dal proprio punto di vista: Mercato, con Anastasio Scalisi, Account Settore Telecomunicazioni; Linea di Offerta con Paolo Barzaghi, responsabile linea di offerta ICT Governance & Management; e Stefano Aiello, dirigente.
ZeroUno: Perché l’IT governance è necessaria? E come si strutturano i processi di governo It ai fini del loro valore per il business?
Aiello: Da dove nasce l’esigenza? Dai tagli di budget e, al tempo stesso, dalla necessità di avere una funzione IT allineata alle funzioni di business. Questi due potenti driver aprono due possibili scenari: la funzione IT “subisce” decisione esterne; la funzione IT è parte integrante del processo decisionale. Il secondo scenario si persegue, allineandosi alle funzioni di business (sia in termini di costi che organizzativi) facendosi percepire, al contempo, orientati agli obiettivi (funzionali, di costing e di timing del business). Tale constatazione si traduce nella necessità di un linguaggio comune fra l’IT e il Business e nell’evoluzione della figura del Cto (focus sulle Tecnologie) in quella di Cio (focus sull’Informazione) che produce servizi, ne dimostra i numeri e definisce la priorità gli interventi sia in termini di costi che di tempi. Esistono due approcci nel perseguire questo scopo: un orientamento “top-down”, che guarda al grado di allineamento al business, identifica i grossi cambiamenti da perseguire e ne deduce l’organizzazione; un orientamento “bottom-up”, che parte dalle infrastrutture, dalle applicazioni e dai processi operativi cercando una razionalizzazione di tali elementi, senza tuttavia ricorrere a cambiamenti drastici.
Scalisi: Al fine di fare ordine nell’approccio alla direzione IT siamo partiti dalle best practice che, relativamente ai modelli di funzionamento, si vanno affermando sul mercato. In modo particolare, la nostra attenzione si è focalizzata su standard internazionali come l’ITIL (It Infrastructure Library, de facto standard di Ogc, Ufficio Governativo del Commercio Inglese), incentrato sui processi di servizio comuni dell’It. Crediamo che il forte contenuto innovativo dell’ITIL risieda nella capacità di standardizzare una serie di “consuetudini” ormai consolidate all’interno delle operations e nel mettere al centro il concetto di “vista per servizio”. Monitoriamo anche l’evolversi di altri standard come il Cobit (Control OBjectives for Information and Related Technology, www.isaca.org/cobit), più funzionale alla governance e ai modelli di controllo e l’ eTOM (Enhanced Telco Operation Model), che esplicita il modello di funzionamento di una Telco. In particolare, eTOM, rappresenta il modello con cui sviluppiamo gli interventi di processo in ambito Telco.
Aiello: Chiaramente, nei nostri interventi gli standard vengono poi declinati in modo da disegnare processi e procedure aderenti al contesto in cui ci troviamo. Gli schemi servono per costruire un linguaggio comune e definire dei paletti. Ogni realtà poi ha le sue peculiarità, e bisogna spesso adeguare i processi a strutture già in essere aiutandole nel cambiamento. È fondamentale in questo caso la comprensione del contesto e la capacità di adeguare standard e metodologie ai gap da colmare.
Barzaghi: Nella nostra esperienza è risultato più efficace migliorare la definizione di processi trasversali a organizzazioni già esistenti piuttosto che fare interventi organizzativi volti a mutare nel profondo la struttura.
ZeroUno: Il passaggio più difficile è sempre il change di una cultura organizzativa…
Aiello: Per quanto ovvio possa apparire, la funzione IT è fatta di persone e ciò comporta l’esigenza di comprendere molto bene come l’innovazione di processo impatti l’organizzazione. Nei casi in cui l’intervento richieda il disegno di nuovi ruoli, l’aggregazione o la separazione di responsabilità esistenti, l’introduzione di nuove figure professionali, è necessario assicurarsi che le risorse presenti (innanzi tutto quelle dirigenziali) siano compatibili con tali cambiamenti affinché li possano abilitare. Inoltre, occorre sottolineare che nessuna organizzazione può muoversi più in fretta di quanto la sua cultura non le consenta. Per queste ragioni le tecniche di ingegneria organizzativa (disegno dei ruoli, dimensionamenti degli organici, comunicazione e sviluppo professionale) richiedono particolare attenzione. All’interno delle strutture IT per esempio, stanno, assumendo risalto i ruoli di Service Manager e Demand Manager, volti a presidiare l’erogazione dei servizi e la relazione con i “clienti” interni. Queste figure dovranno sempre più integrare competenze tecnologiche, di business e comportamentali, senza il presidio delle quali si rischia di mettere in campo funzioni che si relazionano in modo inefficace sia con i settori produttivi sia con le funzioni di business.
ZeroUno: Fra Demand e Service Manager c’è anche una figura o ruolo di Project Portfolio Manager, che deve produrre le risposte, in termini di piano che indirizza cosa è dentro e cosa è fuori?
Barzaghi: Noi lo vediamo come un ruolo riconducibile ad Direttore It stesso. L’effettuare scelte di indirizzo strategico significa avere una struttura solida di Demand Management, ma anche dei dati certi e aggiornati su asset, costi e livelli di servizio. Chiaramente, queste informazioni che arrivano da parti diverse del sistema informativo (piattaforma di asset management, di gestione di rete, sistema e applicativa, nonché di contabilità analitica e industriale) devono poi essere integrate in una vista di sintesi che le renda fruibili. A nostro parere lo snodo su cui questi dati vanno ad insistere è un granulare portafoglio servizi, che consenta di identificare con chiarezza i blocchi funzionali erogati e indirizzare le decisioni strategiche.
Scalisi: Riassumendo, arriviamo al valore per il business. L’It Governance si declina nella comprensione delle dinamiche sottese al portafoglio di servizi resi al business in termini di costi, livelli di servizio e asset gestiti, in modo da indirizzare scelte strategiche, organizzative e di processo nel modo più corretto. Tale presupposto ci ha portato quindi a contestualizzare presso grandi aziende i Service Management Process del modello Itil, distinti in processi di supporto al funzionamento (Service Support) e al delivery (Service Delivery) dei servizi (vedi figura1) In pratica, questo approccio permette di tracciare i servizi di business e di supporto al business, le loro filiere tecnologiche e di processo sottese e mettere in campo, laddove necessario, quel complesso di tool che consentono di monitorare in modo proattivo lo stato del servizio erogato. È importante che le direzioni e gli uffici coinvolti nella gestione operativa siano consapevoli che non si stanno gestendo server, storage area network, reti, slegate fra di loro. Quello che deve essere gestito è invece un insieme di servizi su cui sia possibile tracciare il livello di qualità attesa in termini di tempi di risoluzione dei fault, uptime, disponibilità end-to-end. Non solo, il Service Level Management è di forte interesse in quanto permette, tramite strumenti di monitoraggio, di presentare in tempo reale come il funzionamento dei servizi stia impattando sulle operazioni di business (es. contratti inseriti, bonifici erogati). Inoltre deve essere questo stesso portafoglio servizi ad essere oggetto di una costificazione accurata, laddove possibile con tecniche di contabilità industriale del tipo “Activity Base Costing”, al fine di collegare i costi ai fini ultimi che li hanno generati. La convenienza di un investimento o l’accettabilità di un costo operativo è direttamente commisurata ai costi che “realmente” esso è in grado di abbattere o ai ricavi effettivi che il business segnala di poter trarre.
SALDARE DIVERSE ESIGENZE DELLA DIREZIONE IT
Società tutta italiana di Management Consulting, Key Partners è nata nel 2001 da uno spin-off della Ernst&Young, in concomitanza con l’acquisizione di E&Y da parte di CapGemini. Paolo Barzaghi e Stefano Aiello ne illustrano alcune peculiarità.
ZeroUno: Cosa significa essere un partner strategico?
Aiello: Spesso il termine “partner strategico” si associa a un fornitore di servizi tecnologici o ad un vendor. In questa accezione chiaramente ci identifichiamo poco. Se per strategico intendiamo invece un partner che accompagna il cliente in un’opera di efficientamento in termini di processi e di tecnologie, allora sì, ci configuriamo come tali. Infatti, la nostra forza e la nostra peculiarità risiede proprio nell’attenzione ad armonizzare i nostri interventi all’esistente. Non ci candidiamo necessariamente come portatori di nuova tecnologia o di nuovi applicativi; spesso miglioriamo l’utilizzo di tecnologie già esistenti, magari già comprate dal cliente, ma poco o mal sfruttate.
Barzaghi: La forza dei nostri interventi finalizzati all’innovazione di processo risiede nel ricorso a un modello di gestione dell’It pragmatico, che possa pertanto essere esportato verso il business per chiarire meglio cosa avviene all’interno di una direzione IT e aiutare, al contempo, il Cio a portare avanti la sua linea strategica facendosi comprendere.
Pragmatico significa che non ci limitiamo alla rappresentazione di modelli, ma operiamo anche nel rivedere i processi della macchina operativi per efficientarla, e laddove sia necessario introduciamo tool e sistemi che automatizzano questi processi.
La nostra aspirazione è quella di saldare diverse esigenze della direzione IT (dai meccanismi di controllo a quelli operativi) attraverso l’attenzione e l’orientamento effettivo al concetto di “servizio”. Crediamo infatti che questo sia lo snodo naturale su cui effettuare le scelte strategiche, e ottimizzare la gestione.
ZeroUno: Vedete spazi per il downsizing della vostra offerta alle medie imprese?
Aiello: Sì, abbiamo già definito scenari basati sulla standardizzazione di alcune nostre iniziative che si adattano più di altre ad essere erogate tramite moduli ridotti e quindi accessibili anche da realtà con minori possibilità di effettuare certi tipi di interventi/investimenti. Inoltre, pensiamo che l’offerta di servizi di outsourcing in Italia, ancora poco flessibile e matura nella sua evoluzione, potrà fungere da vettore per i servizi di consulenza in ambito IT Governance. Gli outsourcer, consolidando un’offerta di servizi IT non limitata al solo Facility Management e attenta ai livelli di servizio, potranno favorire lo sviluppo di una cultura di IT Governance anche nella Pmi, dove la standardizzazione dei processi IT e i relativi servizi di consulenza rischiano di non tradursi in benefici percepibili e di essere considerati troppo onerosi. (R.M.)