Se il Chief Information Officer è oggi probabilmente colui che più di altri impersona la fase di profondo cambiamento che investe il management delle imprese, il Cfo, Chief Financial Officer, lo segue da molto vicino. Figura tradizionalmente impegnata nelle attività relative alla gestione e controllo delle risorse patrimoniali e finanziarie dell’impresa (e talvolta, in molte realtà, anche in quelle più propriamente pertinenti a un direttore amministrativo), il Cfo oggi si vede chiedere un sempre maggiore supporto e coinvolgimento in decisioni che impattano sulla crescita e sulle performance, non solo finanziarie ma anche di business, dell’impresa. In particolare, nella logica della nuova ‘real time enterprise’, flessibile e reattiva al mercato, il Cfo si trova a dover garantire al top management un ambiente finanziario che sia allo stesso tempo stabile e sicuro, ma anche capace di sostenere rapidi cambiamenti di direzione del business; due caratteristiche antitetiche che vanno continuamente bilanciate con un lavoro per il quale occorre che il Cfo eserciti una continua verifica dei livelli di performance, di crescita e di rischio dell’azienda, in modo da ‘avere il polso’ della situazione e poterne prevedere gli sviluppi.
Per valutare in modo specifico l’impatto provocato nei responsabili della funzione Finance da queste analisi e previsioni di nuovo tipo che si trova a svolgere e per estrarre dalle loro considerazioni indicazioni utili ad indirizzarne l’attività, Ibm Business Consulting Services (www.ibm.com) ha condotto, in collaborazione con l’Economist Intelligence Unit (www.eiu.com; società di ricerca e monitoraggio associata alla nota rivista economica che copre oltre 200 paesi) il “2005 Global Cfo Study”, un’approfondita indagine svolta intervistando con incontri one-to-one 889 Cfo e Senior Finance Executive di 74 paesi di tutto il mondo operanti in tutti i settori d’industria. In queste pagine riportiamo una sintesi dei principali punti di discussione e delle conclusioni tratte dalle interviste fatte (nonché alcuni dei più significativi dati quantitativi esposti in forma grafica) trattando in particolare il ruolo reale e quello percepito dei processi e delle soluzioni per la raccolta e analisi delle informazioni. Gli strumenti cioè che permettono al Cfo di conoscere in ‘quasi real time’ lo stato e le prospettive dell’impresa per poter prendere decisioni appropriate per ciò che è di sua competenza e soprattutto per fornire analisi basate su dati sicuri a chi deve decidere sulla strategia e sulla conduzione del business.
Gli obiettivi primari dei Cfo
Il miglioramento delle performance, l’incremento della crescita e il controllo del rischio sono, nell’ordine, gli obiettivi primari delle attività oggi svolte dai Cfo (figura 1).
L’importanza delle analisi finanziarie e l’efficacia delle soluzioni adottate
E più della metà degli intervistati ha messo al primo posto l’Enterprise performance management, il cui svolgimento a supporto delle strategie di crescita dell’impresa, migliorando continuamente i processi di business e rafforzando i controlli, viene visto come un vero salto di qualità della funzione Finance nei confronti del suo ruolo rispetto al successo e alla competitività dell’impresa. In particolare, la capacità di fornire ai manager informazioni dettagliate e studi di previsione riguardo le aree di attività di maggiore importanza (analisi che la ricerca Ibm chiama collettivamente ‘insight’) viene considerata critica per migliorare la capacità di risposta dei decisori, e di conseguenza la stessa capacità di risposta agli eventi dell’impresa. Con tutto questo, se si eccettuano le attività correlate alla compliance e al soddisfacimento dei requirement di legge, nella maggioranza dei casi v’è un notevole distacco tra l’importanza attribuita alle analisi e previsioni in merito alle performance e alla crescita e la capacità di farle. Questo gap, secondo gli intervistati, è dovuto soprattutto alla mancanza di processi comuni e standardizzati, al fatto di disporre di applicazioni e tool inconsistenti tra loro e alla frammentazione delle informazioni.
I dipartimenti finanziari più avanzati si sono messi quindi in grado di elaborare valide analisi e previsioni puntando a ridurre soprattutto due fattori inibitori: la complessità della struttura informativa aziendale e la frammentazione dei dati.
Introduzione di miglioramenti nei processi e nelle tecnologie
Passi adottati dalla funzione Finance per integrare informazioni ed emettere analisi
In queste organizzazioni vengono quindi condotte le seguenti attività (figure 2 e 3):
>> Riduzione della complessità Ict con azioni di standardizzazione, semplificazione e ottimizzazione degli asset; in pratica, si tratta di adottare formati standard per i dati, di ridurre il numero dei sistemi Erp e di razionalizzare i tool di budgeting e forecasting per migliorare l’integrazione delle informazioni e, quindi, ottenere analisi più veloci e accurate.
>> Integrazione delle informazioni a livello enterprise per abilitare decisioni basate su fatti; le strutture finanziarie che istituiscono standard comuni per le fonti d’informazione e adottano processi globalizzati risultano più efficaci nell’elaborare analisi di qualità.
Partendo da queste basi, la capacità di fornire accurati ‘insight’ per il business viene potenziata dalle seguenti azioni:
>> Assumere un ruolo proattivo nello sviluppo dell’impresa lavorando in stretta collaborazione con il Ceo ed i responsabili delle business unit per identificare e valutare le opportunità e le sinergie utilizzabili in una strategia di crescita del business.
>> Ottimizzare i supporti decisionali per potenziare l’analisi delle performance; il che si può fare tramite metriche trasparenti e role-based da adottare a cascata attraverso tutta l’impresa. Inoltre si possono definire relazioni quantificabili tra i driver del business e le metriche dei dashboard e delle scorecard in modo da condurre analisi predittive e migliorare la precisione delle previsioni relative ai risultati prestazionali.
>> Andare oltre la semplice compliance per far espandere il risk management ad una visione ‘enterprise-wide’ ed usare quindi i tool analitici focalizzati sulla pianificazione di rischi e guadagni (risk/reward) ai fini del supporto decisionale. Potenziare la capacità dei manager d’incorporare i fattori di rischio nelle loro decisioni significa contribuire a creare una cultura che considera il controllo degli eventi ma evita un livello di protezione dal rischio talmente elevato da inibire la crescita.
Adozione di strumenti di Business Performance Management
Per concludere, mentre rimandiamo all’analisi della figura 4 per vedere il livello di adozine di strumenti Bpm, bisogna sapere che per la funzione Finance restare ferma in un ambiente che cambia così in fretta come quello della nuova impresa ‘agile’ significa fare passi indietro. Il Cfo ‘agile’ deve quindi saper sfruttare gli strumenti della tecnologia, il framework dei processi aziendali, i modelli di delivery e, naturalmente, le capacità delle risorse umane, per riuscire, come si è detto, a raggiungere sia la stabilità sia la flessibilità necessarie perché non solo l’azienda in cui lavora ma la sua stessa figura professionale e manageriale restino competitive in un mondo dove è sempre più difficile affermarsi.
UN CAMPIONE SELEZIONATO
La ricerca ‘The agile Cfo’ si è svolta su un campione di 889 dirigenti, per il 40% aventi carica di Cfo, per il 23% di Finance Director, per il 18% di Controller e per il resto di General o Finance Manager. La responsabilità di queste figure era per il 47% a livello Global o Enterprise, per il 20% a livello di Country e per il resto a livello di Region o Business Unit. Il 31% delle aziende del campione ha un fatturato di oltre 10 miliardi di dollari, il 27% tra 10 e 5 miliardi, il 24% tra 5 e 1 miliardi e il 18% è inferiore al miliardo.Quanto alla distribuzione per settore, abbiamo il 26% nei servizi finanziari, il 25% nell’industria, il 23% nella distribuzione, il 14% nelle Tlc e il 12% nella PA. In ciascuno di questi settori si è cercato di ripetere la ripartizione per fatturato rilevata a livello generale. Infine, la distribuzione geografica vede la presenza di 74 diversi paesi, con il 44% delle imprese concentrate nelle due Americhe, il 33% in area Emea e il 23% nell’area Asia-Pacific. Le imprese italiane sono 40, pari al 4,4% del totale.