Cosa ci insegnano le esperienze Banca Arner e Capitalgest?

Il tema dei due casi, Banca Arner e Capitalgest, analizzati questo mese è quello del risk management. Le modalità con le quali le due società hanno affrontato la problematica, investendo in tecnologie It sono state condivise con un esperto in materia, Gianni Spreca (nella foto), consulting director in Idc Italia, al quale abbiamo chiesto una valutazione dei modelli alla base delle rispettive strategie

Pubblicato il 05 Giu 2007

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Analizzando i due casi di questo mese, Banca Arner (www.arnerbank.ch ) e Capitalgest (www.capitalgest.it ), Gianni Soreca, consulting director in Idc Italia (www.idc.com ), ha inquadrato il tutto delineando tre diverse prospettive di analisi: quella relativa alla “compliance” normativa, quella inerente la situazione architetturale di partenza e, infine, quella riconducibile al fattore informazioni. “In entrambi i casi – ha precisato nel dettaglio l’analista – siamo di fronte a un’azione condotta per soddisfare gli inderogabili requisiti di conformità dettati da Basilea II: sia Capitalgest che Banca Arner hanno dimostrato un approccio consistente, rispondente quindi a un disegno di tipo strategico e non a un’operazione di tipo tattico. Le soluzioni implementate confermano, infatti, come il risk management operativo è una problematica molto più complessa che non quella relativa al rischio di credito, e, non a caso, è una dei passaggi più faticosi di Basilea II. Entrambe le società sono partite da situazioni eterogenee per quanto riguarda i sistemi di base, sui quali è stata edificata in modalità differente la nuova piattaforma software di gestione; per tutte e due è evidente come la disponibilità e l’accesso alle informazioni in un’ottica di business intelligence sia un fattore chiave a livello operativo, analitico e di direzione aziendale. Un ulteriore elemento in comune fra i due casi, infine, e segno evidente dell’importanza strategica rivestita dal progetto, è la figura dell’owner del progetto stesso, figura molto in alto nella scala gerarchica delle due organizzazioni”.

Tecnologia e processi
Ribaditi quelli che erano gli obiettivi di partenza di Capitalgest e Banca Arner, e cioè realizzare un modello integrato di analisi del rischio di mercato e di “performance attribution” per tutti i portafogli gestiti e rispondere alle esigenze di adeguamento alle normative di Basilea II, Soreca ha quindi sottolineato come le due soluzioni informatiche adottate rispondano a tutti i livelli funzionali richiesti. Con delle sostanziali differenze da rimarcare. “Il cruscotto informativo messo a punto da Capitalgest è un’innovazione sensibile in quanto lo strumento It è riuscito a produrre reale valore aggiunto all’attività di misurazione del rischio per i titoli gestiti; in Banca Arner sono partiti dallo storico, e nella fattispecie il database relazionale, aggiungendo una serie di moduli gestionali ad hoc per mappare, in modo esteso e capillare, processi, eventi e organizzazione e abilitare strumenti di self risk assessment atti a produrre una base dati completa”. Interessante, quindi, capire perché in entrambi i casi i diretti interessati abbiano confermato di non aver incontrato particolari criticità nel mettere a punto il progetto e nel mettere in produzione la soluzione. “Nel caso di Capitalgest – questa la sensazione percepita da Soreca – è lecito credere che non vi siano stati particolari intoppi perché è stato profuso un approccio vigoroso e al tempo semplificato per produrre il massimo delle prestazioni ottenibili, che trova riscontro nel motore di reporting così come nel contenitore di informazioni centralizzato per abilitare, semplificandole appunto, le procedure di analisi e di controllo operativo. Banca Arner ha privilegiato, invece, il fattore riorganizzativo e nella fase di re-engineering dei processi; nella determinazione della matrice dei rischi, qualche difficoltà può averla incontrata, proprio in relazione all’estesa azione di revisione apportata ai flussi operativi preesistenti. Il loro è stato un approccio di tipo statistico, volto alla creazione di una base dati affidabile per eseguire analisi complete ed intelligenti delle informazioni, che ha preso corpo dalla lettura, alla lettera, del modello previsto da Basilea II”.

Pianificazione “contro” immediatezza
La differenza di approccio seguito dalle due società prese in analisi emerge in modo ancora più evidente, secondo Soreca, nell’analisi dei benefici, ottenuti e potenziali. “Capitalgest – questo il pensiero dell’analista di Idc – ha fatto dell’immediatezza nella risoluzione di un problema, il cardine del proprio progetto di risk management. Il peso della tecnologia è significativo e ha generato, con il cruscotto informativo, un salto quantico nel breve periodo, con vantaggi tangibili per l’operatività day-by-day di tutto il management. Non è stata compiuta, sembra, una mappatura collettiva dei processi ma bensì finalizzata agli obiettivi da raggiungere. Ci si deve chiedere caso mai, ma è impossibile farlo ora per vari motivi, se la manutenzione nel tempo della soluzione andrà di pari passo con il mutare delle dinamiche e delle esigenze di processo organizzativo interno. Per Banca Arner, al contrario, l’aver operato pesantemente sull’intero processo, e quindi con un utilizzo di supporto dell’It rispetto a un corposo lavoro di riorganizzazione funzionale a monte, implica tempi di ritorno più lunghi perché le conoscenze informative insite all’idea di una base dati comune e intelligente, necessitano di sedimentare un po’ per generare risultati consistenti”. In altri termini, interpretando fedelmente l’opinione di Soreca, siamo di fronte a due tipologie di benefici, non comparabili fra loro perché originati da modelli diversi, derivanti da modalità differenti di affrontare il problema partendo dalla stessa necessità di fondo.
Due atteggiamenti quasi allo specchio che, questa la riflessione finale dell’analista, evidenziano anche due culture manageriali diverse: una, quella attiva nella banca svizzera, fortemente improntata sui concetti di organizzazione, visione strategica a 360 gradi e pianificazione delle attività nel medio lungo termine; la seconda, quella italiana, che produce il suo meglio nella gestione dell’immediato di una componente vitale del business model aziendale, con un approccio “last minute” volto alla risoluzione di una specifica esigenza.

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