Costruire la customer experience sui dati, un’abitudine ancora poco diffusa, ecco i dati

Utilizzare in maniera efficace tutti i dati potenzialmente in possesso delle aziende è l’unico modo per colmare quel gap tuttora esistente tra aspettative dei clienti e ciò che in concreto le aziende stesse offrono loro. Se ne parla molto ma sono al momento troppo poche le realtà che soddisfano i propri interlocutori in questo senso, anche in Paesi dove l’adozione di tecnologie è superiore a quella italiana, questo quello che si legge in una ricerca pubblicata da Talend

Pubblicato il 19 Mag 2017

Esiste un grande divario tra le aspettative dei clienti e ciò che in realtà le aziende offrono, è quanto emerge da uno studio, commissionato da Talend – fornitore di soluzioni software di integazione cloud e big data – e condotto da Researchscape (su quasi 400 responsabili IT da un lato e oltre mille consumatori che vivono in Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania), che ha verificato che nonostante vi sia una grande quantità di dati disponibili sul comportamento del cliente e sulle scelte di acquisto, le aziende non sono in grado di fare un uso efficace di questi dati. È infatti emblematico notare che l’88% dei responsabili IT crede che la propria organizzazione sia in grado di interpretare i bisogni dei clienti, solo il 61% dei consumatori ritiene che le aziende comprendano le loro esigenze.

Il 63% dell’audience IT intervistata ha indicato, come priorità per il 2017, l’utilizzo dei dati per comprendere meglio i clienti, mentre per l’80% delle aziende l’utilizzo dei dati viene messo all’ottavo posto su una scala di 10 punti. Poiché le iniziative che vengono messe in campo nei confronti dei consumatori sono di natura strategica, queste sono guidate dai C-level delle aziende: per il 42% dai Ceo (amministratori delegati) insieme ai Coo (direttori operativi) seguiti dai Cio (responsabili IT) e dai Cto (direttori tecnici) per il 39%. Inoltre, oggi le aziende IT riconoscono l’importanza di consentire l’accesso ai dati dei clienti a un maggior numero di dipendenti: infatti, l’80% delle aziende intervistate ha dichiarato di rendere accessibili i dati dei clienti a più business unit.

Circa l’80% degli intervistati ha indicato che i budget destinati all’IT sono cresciuti negli ultimi cinque anni. Sotto la crescente pressione di migliorare la customer experience, molti hanno investito il budget in una vasta gamma di strumenti per la gestione dei rapporti con i clienti, tra cui:

  • Live chat (66%)
  • Visualizzazione dati (60%)
  • Riconoscimento vocale (52%)
  • Strumenti di retargeting (58%)

Customer experience, qual è il punto di vista del cliente…

Nonostante il considerevole investimento da parte dei responsabili IT nell’adozione di strumenti di supporto al cliente, molte aziende non seguono in modo sistematico i feedback provenienti dalla base clienti. Il 50%, ma anche meno, delle aziende intervistate sta implementando parametri elementari di misurazione della soddisfazione dei clienti, per esempio: recensioni online (utilizzate dal 36% degli intervistati); sentiment sui social media (43%); commenti post acquisto (50%).

L’indagine sui consumatori ha mostrato che le recensioni online sono diventate il nuovo “passaparola” per molte aziende, il 40% indica che i forum hanno il maggior impatto sugli acquisti di una certa entità – quasi il doppio del peso dei consigli di amici e familiari. Inoltre, il 57% degli intervistati ha dichiarato come motivazione principale di “rottura” con un brand la mancanza di attenzione nel gestire correttamente una recensione negativa, continuando ad inviare allo stesso utente offerte per prodotti simili a quello criticato.

Altri motivi citati dai consumatori che portano alla disaffezione dei clienti sono: un attacco all’azienda che porta a una violazione ai dati (53%) e la mancata assistenza in tempo reale e il contatto diretto (42%).

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