Quando si parla di cloud più di 8 aziende su dieci preferiscono avere più fornitori. Secondo i dati del report 2016 Right Scale State of the Cloud, infatti, l’82% delle grandi imprese è propensa ad avvalersi di più cloud provider e a valutare con maggiore attenzione questo tipo di scelta rispetto al passato.
Gli analisti ritengono che il trend sia dovuto al fatto che i clienti ormai sono sempre più preparati e informati, consci dei vantaggi e degli svantaggi rappresentati dai singoli fornitori sul mercato. È questa consapevolezza, questa, che permette loro di prendere decisioni ponderate in merito a come (e con chi) gestire carichi di lavoro specifici.
Gli esperti sostengono che l’approccio multi-cloud si sta imponendo in maniera decisamente più veloce rispetto al previsto. In questo scenario, si rivela cruciale il ruolo di Cloud Foundry, una piattaforma open source di lifecycle automation proposta originariamente da VmWare che si propone di aiutare le aziende ad adottare un approccio multi-cloud per l’hosting di applicazioni, consentendo loro di operare in ambienti cloud pubblici o privati.
Quanti fornitori cloud deve avere un’azienda?
Colossi come Amazon e Google, per esempio, hanno spinto molto verso l’utilizzo del cloud cercando di cambiare la mentalità che sta alla base del virtual machine deployment. Ciò che è cambiato è l’emergere di macchine virtuali preemptible, un modo conveniente di offrire istanze di calcolo nel cloud. L’elemento chiave di questi sistemi è la durata che arriva solo fino a 24 ore, caratteristica che li rende molto adatti per l’elaborazione in batch e implementazioni fault-tolerant. Un grande vantaggio delle preemptible VM è che costano fino al 80% in meno rispetto alle istanze normali di Google e, dato che i prezzi sono fissi, le imprese sanno esattamente quello che dovranno pagare. Ma la facilità dei criteri di gestione implica che esiste un limite al numero di fornitori cloud a cui i CIO possono voler fare riferimento. In quest’ottica, secondo gli esperti, tre fornitori sarebbero probabilmente sufficienti per la maggior parte delle imprese: più fornitori un’impresa introduce in un ambiente cloud, più probabilmente incorrerà in problemi con la gestione e la compatibilità del sistema.
Il rapporto RightScale sostiene questo punto di vista, e suggerisce che le imprese dovrebbero avere una media di 1,5 cloud pubblici per le applicazioni e 1,5 cloud pubblici per la sperimentazione, oltre a un numero simile di cloud privati.
L’esempio Volkswagen
Nonostante le complicazioni accennate, le imprese sono attratte dall’idea di multi-cloud a causa della flessibilità che offre. Uno degli esempi più famosi è quello di Volkswagen: la casa automobilistica ha dichiarato di voler rivedere completamente il proprio business entro il 2025. Come?
Spingendo verso nuove direzioni nell’ottica di un approccio più agile per lo sviluppo software, ritenerndo che la realizzazione di una piattaforma multi-cloud possa essere la chiave di questa strategia. I responsabili IT dell’azienda hanno rivelato di star valutando tre fornitori, IBM, AWS e Microsoft Azure, ma di essere ancora in una fase pilota e di non aver deciso chi sarà il fornitore principale, pur sperando di arrivare a una decisione entro la fine di quest’anno.
Più flessibilità, meno shadow IT (e a costi contenuti)
La flessibilità è apparentemente il motivo per cui molte aziende stanno valutando un percorso multi-cloud, ma anche il costo potrebbe svolgere un ruolo importante: è inevitabile infatti che i CIO si chiedano se utilizzare un provider piuttosto che un altro li aiuterà a ridurre i costi.
Alcuni operatori del settore raccontano di aziende che, per esempio, sospendono i servizi alla fine della giornata lavorativa, per poi farli ripartire la mattina successiva risparmiando così il 25% dei costi.
Si è anche pensato che un approccio multi-cloud potrebbe fermare la diffusione dello shadow IT all’interno di alcune organizzazioni, perché ridurrà la necessità di sperimentare il servizio di altri fornitori. Il multi-cloud con le relative policy, al contrario, offrirebbe una distribuzione molto più controllata e sicura. Un altro aspetto da valutare nel passaggio al multi-cloud sono le competenze dei CIO che devono essere preparati adeguatamente per gestire questa nuova modalità di consumo IT.