Dal ciclo di vita dell’informazione a quello dei processi

Processi sempre più automatizzati e concatenati stanno rapidamente creando un nuovo mercato, l’Enterprise Process Management (Epm), con un indubbio potenziale di espansione, tra una domanda ormai in movimento e un’offerta che comincia a proporre soluzioni concrete. Intervista a Michael K. Crosno, Ceo di  Global360

Pubblicato il 07 Ott 2005

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L’automatizzazione e la progressiva ottimizzazione dei processi fra loro concatenati, quella che Gartner chiama Business process fusion, sta rapidamente creando un nuovo mercato, l’Enterprise Process Management (Epm), con un indubbio potenziale di espansione, tra una domanda ormai in movimento e un’offerta che comincia a proporre soluzioni concrete, anche se inizialmente tattiche. Ce lo spiega in questa intervista Michael K. Crosno, Ceo di Global360 (www.global360.com, nuovissima denominazione di eiStream) società rapidamente cresciuta in un quinquennio, focalizzandosi dapprima sulla gestione a livello di impresa del ciclo di vita dell’informazione, poi, con una politica di aggressive acquisizioni, su quello dei processi.

Ciclo di vita dei processi: i driver di mercato
La retrospettiva di Crosno sul software applicativo è: se gli anni ‘80 erano il tempo del transazionale e con gli anni ‘90 apparve l’ondata del ciclo di vita dell’Informazione (magari frammentato in tecnologie di nicchia come Imaging, Workflow, Document e Record Management, Collaboration, ecc.), siamo ormai alla terza ondata, il ciclo di vita dei processi. Ciclo gestito da applicazioni capaci di abilitare ogni informazione (purché standardizzata secondo un tracciato, per esempio reclami, mutui, crediti, fatture) ad essere trattata da processi globali che coinvolgono tutta l’ impresa.
Tre le esigenze primarie che spingono all’Epm: la superiorità, rispetto alla semplice Eai (Enterprise Application Integration) dell’orchestrazione Bpm dei servizi integrati, basata su componenti richiamati secondo standard web service; i motori di regole inseribili nel Bpm; la gestione ottimizzata e completamente personalizzabile dell’intero ciclo di vita dei processi end to end, rispetto alla semplice esecuzione efficiente con i workflow su cui si è finora investito.

Il round-trip engineering dei processi
Crosno descrive così la proposta di valore Global360 al cliente: poter continuamente ridistribuire i processi fra tutte le persone coinvolte, inseguendo la distribuzione ottimale, con focalizzazione su efficienze e ottimizzazione continua dei risultati e dei ritorni. Spingendosi oltre lo schedulare, instradare l’esecuzione di processi, con il monitoraggio e il miglioramento continuo degli stessi. Per i processi d’impresa dalla reingegnerizzazione una tantum, si passa così a un ciclo, il round-trip engineering (più precisamente Business Process Management & Analysis), vedi figura1, con un’innovazione nel ciclo di produzione dei processi che ricorda da vicino l’innovazione del ciclo a spirale rispetto al “waterfall” nello sviluppo applicativo.

Fig. 1 – Il Round trip Business Process Management & Analysis

Process Life Cycle e ruolo del Cio
Ma con l’analista di business, l’analista di processo e l’Executive Management dell’Unità di Business (Lob) che diventano i ruoli target nel Process Life Cycle (Plc), non passa per caso “in secondo piano” la figura del Cio, che resta sotto la linea Bpm/Bpa ?

Fig. 2 – La gestione del Plc

“Certo che no – risponde Crosno – L’ambiente orientato ai processi ha bisogno sia della vista “sistema a sistema”, presidiata dal Cio, sia di quella “persona a persona” che lavora con logica Bpm/Bpa della (o delle) Lob di pertinenza, ma sempre con il supporto dell’It. C’è un cruscotto o portale personalizzato in G360, la suite di Global360, in cui sia il Cio che la Lob seguono, ciascuno con propria vista, il processo”.
Il Cio controlla che la configurazione sia corretta e le performance ottimali, ma deve anche garantire efficienza e performance dei processi nel loro insieme aziendale. Suo il compito del “supporto set-box” dal punto di vista “persona a persona”; di assicurare la consistenza delle soluzioni record/content management presenti, magari a seconda della Lob, in modo da minimizzare le incongruenze. Ma il Cio è soprattutto garante del ciclo di vita dei processi che attraversano Lob multiple.
E ancora: nella visione dell’”azienda Lego”, ci si può aspettare, che a tre – cinque anni le unità operative delle varie Lob costruiscano una Process Factory per la produzione e il riutilizzo di processi/asset, eventualmente esternalizzabili all’It. La Process Factory lavorerà su un modello di workflow riusabile costruendo applicazioni-processo composte e riusabili: il Cio sarà responsabile del valore del repository di processi/asset, riusabili e ridispiegabili nei vari processi fruitori a livello azienda.

I gap tecnologici da aggirare
Crosno individua tre gap tecnologici sul percorso dell’azienda Lego: il primo è rendere l’informazione contestuale in processi di Lob; il secondo è rendere fra loro compatibili ambienti di modeling a standard diversi; terzo, se il processo di raccolta è multi laterale (interessa più Lob), lo stesso continuo efficientamento del processo dipende dall’integrazione di risultati non contestuali.
Crosno conclude specificando che “Il mattone elementare nell’universo dei processi sarà Xpdl (Xml Process Definition Language) come Xml lo è stato per il mondo dei servizi Web”. Crosno, infine, ci tiene a evidenziare i pesanti investimenti di Global360 negli standard body: sono del Management Team di Global360 sia John Pyke, chairman di Workflow Management Coalition (www.WfMc.org), sia Robert Shapiro, ex Cto di CapeVisions, che sta scrivendo le specifiche di Xpdl, sia Steve Russel. membro di BPMi ), l’organismo di riferimento per il Business Process Execution Language.

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