FRANCOFORTE – Il tradizionale processo di costruzione di un data center che vedeva la progettazione dell’edificio e delle facility disgiunta da quella dell’infrastruttura informatica ha portato, soprattutto prima dell’era della virtualizzazione, a riempire i data center di silos infrastrutturali, ciascuno con i propri rack, Ups, server e storage dedicati a poche applicazioni o data base.
“Quello che avveniva – dice Sanjay Sainani, Vp It e Data Center Solutions di Huawei Middle East dell’azienda – era che ognuno di questi silos doveva avere (e ancora spesso ha) le proprie tecnologie Ups e di raffreddamento, che però non erano condivise, con il rischio di causare inutili elevati consumi energetici”.
Con l’avvento della virtualizzazione e poi delle private e hybrid cloud, i reparti It delle aziende hanno iniziato a ridurre i rack e a ricorrere a server a sempre maggiore densità. “In questo modo – sottolinea il Vp di Huawei – è diventato necessario dotare ciascun rack di Ups che non sono più di 4 o 5 kVa (anche quando magari i consumi effettivi erano di 2-3 kVa, con il rischio di uno spreco di energia inutile ma tollerabile) ma devono essere di svariate decine o centinaia di kVa. Nell’era della digitalization – continua Sainani – diventa impossibile prevedere quali nuove applicazioni devono essere installate da un giorno all’altro. Per questa ragione vi è sempre maggiore esigenza di infrastrutture modulari e ad alta intensità”.
La risposta di Huawei a questo paradigma è puntare su Ups modulari, da inserire in appositi cabinet, con un software in grado di tenere accesi solo i moduli necessari e mantenerne uno o due in “sonno”, ma pronto a intervenire. I moduli, inoltre, sono facilmente aggiungibili – anche a caldo. In caso di necessità di potenziamento, è sufficiente ordinare un nuovo modulo, che può essere inserito da chiunque. In caso di guasto, invece di dover far intervenire in loco un tecnico del produttore, è sufficiente disinserire il modulo dal rack e inviarlo a Huawei. Dai moduli Ups ai container per database, l’impressione è che il mondo delle facility It nell’era del cloud miri alla standardizzazione come abilitatrice di maggiore flessibilità e sostenibilità, mentre la qualità che fa la differenza è nel cuore delle tecnologie.