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Data center shortage: una minaccia per la competitività europea

Tutti i byte di dati che continuiamo a produrre vanno custoditi in luoghi adeguati. Ce ne sarà bisogno sempre di più e non è detto che l’Europa riesca a stare al passo con la domanda di data center prevista nei prossimi anni. Un report redatto da Aggreko parla di oltre 3.000 siti da realizzare entro il 2025

Pubblicato il 15 Set 2023

Immagine di Timofeev Vladimir su Shutterstock

Seppur appaiano del tutto o a tratti fin troppo immateriali, i dati, per essere immagazzinati, richiedono delle infrastrutture prettamente fisiche. Sono i data center e sono ogni giorno sempre più necessari in un mondo ormai da anni data driven, in qualsiasi settore o area geografica si guardi. Realizzare dei “magazzini” che custodiscano tutte quelle informazioni su cui stiamo costruendo intere economie e società, non è però così banale come potrebbe sembrare.

La crescente domanda di capacità, infatti, sta mettendo in crisi l’Europa che, per soddisfarla, si trova ad affrontare diversi ostacoli non immediatamente e autonomamente rimovibili.

Ostacoli evidenti e nascosti della sfida del decennio

La scarsità di materiali e di attrezzature pesanti per la costruzione di questi siti sono due delle maggiori sfide che emergono dal rapporto redatto sul tema dal fornitore di generatori di energia Aggreko, ma questo recente documento racconta molto di più sul presente dei data center europei. Va subito detto che il settore già oggi arranca: la maggior parte degli appaltatori è infatti attualmente costretta ad allungare le tempistiche.

L’orizzonte a cui si guarda non è roseo: la domanda sta superando l’offerta che, entro i prossimi tre anni, sarà totalmente insufficiente a soddisfarla. Secondo il report, per la metà del decennio serviranno più di 3.000 nuovi siti per soddisfare i requisiti previsti per l’archiviazione e l’elaborazione dei dati. Se le dinamiche del settore non evolvono, però, questi nuovi data center non prenderanno forma in tempo.

Secondo Aggreko, a pesare è soprattutto la carenza di macchinari pesanti, a causa degli elevati livelli di domanda da parte dei settori concorrenti, ma non solo. Non si possono non citare tutti gli altri problemi, da leggere come sfide per l’intero comparto. L’allacciamento alla rete elettrica, per esempio, ma anche la mancanza di manodopera qualificata e di materie prime, da aggiungere ad altre due complessità spesso trascurate.

La prima riguarda l’embodied carbon degli edifici di cui non sempre i costruttori sono in grado di fornire credenziali di sostenibilità. E poi ci sono le possibili – e sempre più frequenti – controversie legali che sorgono dall’opposizione allo sviluppo dei data center da parte delle comunità locali. “Contrattempi” che possono bloccare i lavori per tempi incommensurabili.

Soluzioni ponte, una speranza di continuità

Le aree geografiche indagate da Aggreko sono sette e rappresentative: Regno Unito, Irlanda, Germania, Francia, Paesi Bassi, Svezia e Norvegia. Per effettuare l’indagine ha coinvolto 700 professionisti, tra cui ingegneri, consulenti per la progettazione e l’energia e responsabili di strutture stimando ritardi di consegna progetti che vanno da qualche settimana (Francia e Norvegia) a un paio di mesi (Regno Unito, Irlanda, Paesi Bassi e Svezia). Le differenze tra Stati non si limitano alle tempistiche: se in generale l’accesso alla rete elettrica è risultato più importante del costo dell’elettricità nella scelta di una sede per un nuovo data center, infatti, in Germania, Francia e Paesi Bassi emerge chiaramente anche l’impatto del costo del terreno come fattore determinante.

Passando alla parte propositiva del report, per evitare i ritardi legati alla supply chain, il consiglio è quello di effettuare acquisti spot in risposta alla domanda a breve termine, utilizzando anche attrezzature a noleggio e procurandosi un inventario più ampio di attrezzature.

Molto probabilmente, anche con queste azioni la domanda di siti per dati diventerà comunque presto insostenibile, secondo Aggreko. Il che fa pensare a soluzioni “ponte” come la creazione di sale dati temporanee nei cantieri, per mitigare l’impatto dei ritardi. L’idea sarebbe quella di mettere in funzione tali apparecchiature e continuare in contemporanea la costruzione delle definitive, per minimizzare il tempo necessario a mettere online i server e completare la struttura finale.

Tale strategia necessita di fornitori coraggiosi e particolarmente reattivi, ma anche di un cambio di mindset più generale. Sarà decisiva per il futuro del settore la sua capacità di collaborare tra aziende che ruotano attorno ai data center, per portare online nuove strutture nei tempi richiesti dall’innovazione.

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