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Il ruolo strategico dei data center per la digitalizzazione del Paese

Il mercato italiano dei data center presenta dinamiche positive ma c’è ancora molto da fare per superare il gap che ci separa dai paesi europei di riferimento.

Pubblicato il 24 Feb 2023

data center

I data center rappresentano un asset strategico per i nuovi trend digitali che necessitano di crescenti capacità computazionali e di memorizzazione dei dati. Tecnologie che si stanno sempre più diffondendo, sia all’interno delle imprese sia nella pubblica amministrazione, come big data e analytics, IoT, intelligenza artificiale, smart city e auto a guida autonoma, solo per citarne alcune, richiedono infrastrutture di prossimità e dati residenti sul territorio nazionale. L’evoluzione delle infrastrutture che ne consentono il funzionamento, di conseguenza, rappresenta una priorità.

Un settore in continua crescita

Un indicatore importante viene dalla crescita continua del mercato del cloud, passato dai 2,77 miliardi di euro del 2019 ai 4,56 miliardi del 2022 (con un incremento del 18% rispetto all’anno precedente) che esige un incremento di capacità computazionale fornita necessariamente dai data center.

Per tutte queste ragioni risulta estremamente utile la mappatura delle infrastrutture e l’analisi dei trend che le caratterizzano, alcuni degli obiettivi alla base della recente nascita dell’Osservatorio Data Center. La conoscenza del loro ruolo e delle loro caratteristiche è infatti la base indispensabile affinché le imprese e le amministrazioni pubbliche, che difficilmente avranno le risorse e le competenze per realizzare un salto di qualità dei propri data center, facciano le scelte più appropriate per l’utilizzo di quelli disponibili in un’ottica di maggior efficienza e di risparmio.

La crescente domanda di potenza computazionale e di storage per i dati è alla base della dinamicità del mercato italiano dei data center sia sul versante pubblico (italiano ed europeo) sia su quello privato. Sono dello scorso anno la nascita del Polo Strategico Nazionale (PSN) che produrrà quattro nuovi data center e l’inaugurazione del supercomputer europeo Leonardo a Bologna. Entro il 2024 entreranno sul mercato italiano sei nuovi attori, mentre si potenzieranno gli snodi di connettività con l’avvio della posa di cavi sottomarini a Genova (Consorzio 2Africa) il cui completamento è previsto per il 2024, e l’ampliamento del punto di interscambio NaMex a Bari.

La mappatura dei Data Center e della loro evoluzione

Il panorama attuale vede una discreta concentrazione di data center nel Nord-Ovest, soprattutto nell’area milanese, e in Lazio, in connessione alla pubblica amministrazione, a fronte di una presenza ridotta al Sud e nelle isole che sarà parzialmente compensata dalle nuove aperture. In Lombardia è collocata la maggior parte dei 12 nuovi data center aperti nel 2022, per iniziativa soprattutto degli hyperscaler (AWS, Microsoft Azure, Google Cloud) e caratterizzati da dimensioni e potenza superiore agli attuali.

La maggior parte dei data center sul nostro territorio hanno ancora piccole dimensioni, con assorbimento di potenza inferiore a 2 MW (nel 58% dei casi) e dimensioni medie, con assorbimento fra 2 e 10 MW (38%), mentre solo il 4% ha grandi dimensioni e una potenza superiore a 10 MW, secondo la clusterizzazione proposta dall’Osservatorio che si basa sulla potenza nominale e una serie di variabili descrittive come il modello di business, la struttura societaria, i ricavi per metro quadro, la dimensione, la localizzazione.

I due estremi sono da un lato il piccolo data center che offre prevalentemente servizi di hosting e cloud, ha un fatturato a metro quadro più alto, meno problemi costruttivi, autorizzativi e di potenza. Dall’altro, il grande data center che offre prevalentemente co-location, ha un fatturato a metro quadro più basso ma gioca sulle grandi quantità, ha elevate difficoltà costruttive, necessità di alta tensione e tempi lunghi per pratiche autorizzative.

Una delle principali criticità per superare il gap infrastrutturale con i paesi più avanzati che solo in parte le nuove aperture da qui al 2024 colmeranno è, secondo l’Osservatorio, la ancora ridotta capacità attrattiva per gli investimenti a causa dei tempi lunghi e difficilmente calcolabili dei ritorni. Fra le principali cause figurano la scarsa conoscenza dell’oggetto data center a livello istituzionale, l’assenza di enti regolatori e di procedure univoche, il fatto che i data center dovrebbero essere considerati infrastrutture critiche a differenza di quanto accade oggi.

Per superare il ritardo dell’Italia, tuttora presente, rispetto a Paesi europei di riferimento come Germania e Francia, è essenziale che il nostro mercato sia considerato sempre più interessante per gli operatori così da attirare sempre più investimenti.

Nuove aperture entro il 2024

I piani individuati dal censimento dell’Osservatori entro il 2024 indicano alcune tendenze positive: è infatti prevista la presenza sul mercato di sei nuovi attori e l’apertura di ventuno nuovi data center di grandi dimensioni. Questi andranno da un lato a presidiare regioni finora sguarnite, come Campania e Sardegna, e dall’altro andranno a potenziare le aree di Milano e Roma che già vedono un’elevata concentrazione. Gran parte dei nuovi insediamenti utilizzeranno nuove tecnologie anche nel campo del raffreddamento e presteranno grande attenzione al tema green, non solo in ottica di sostenibilità ambientale ma anche di impatto economico, per tenere conto dell’attuale crisi energetica.

A quello dei grandi data center che dovranno coprire le principali carenze in termini di grandi capacità di calcolo, potrebbe utilmente affiancarsi un modello locale (edge data center) più affine alle esigenze dell’ecosistema italiano per rispondere a esigenze diffuse di elaborazione, capaci di produrre un minor impatto sul territorio, offrendo la possibilità di raggiungere zone remote, realizzare una migliore interlocuzione con le amministrazioni locali, poter fruire di iter costruttivi semplificati.

In conclusione, ci sono tutte le condizioni per superare il gap infrastrutturale del Paese rispetto agli altri paesi europei evidenziato in figura, così da poter rispondere alla crescente domanda di capacità computazionale e contribuire alla creazione di un ecosistema di elaborazione italiano ed europeo. Per farlo è indispensabile creare le condizioni per attrarre nuovi investimenti. È questo un impegno a cui dovranno contribuire istituzioni, amministrazioni pubbliche, aziende dell’offerta e della domanda, per favorire la crescita della conoscenza e per creare le condizioni di sistema.

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