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Osservare lo spazio, rispettando la Terra con data center ad alta efficienza

Per ridurre le emissioni di CO2 e i consumi energetici di telescopi e osservatori è necessario intervenire a 360 gradi e subito. NoirLab, per quelli statunitensi, lo fa con un piano che prevede entro il 2027 pannelli fotovoltaici innovativi, data center efficienti e tecnologie avanzate, imponendosi come esempio per l’intera comunità astronomica

Pubblicato il 30 Gen 2024

Immagine di AstroStar su Shutterstock

Di fronte a una crisi climatica dalle dimensioni impressionanti e in continuo aumento come quella in corso, tutti hanno il dovere di fare qualcosa. Possibilmente, qualcosa di concreto e piuttosto immediato. È su questa asserzione che si basa il piano di sostenibilità annunciato di recente da NoirLab, il centro nazionale statunitense per i telescopi ottici ground-based. Anche il mondo dell’esplorazione spaziale ha infatti il compito di ridurre le proprie emissioni e questa realtà ha preso sul serio l’impegno, mirando a un – 43% entro il 2027. Ciò vale per tutti i telescopi e gli osservatori che gestisce, sparsi tra Arizona, Hawaii e anche Cile, dove sta spuntando una nuova struttura altamente tecnologica e performante. È l’osservatorio Vera Rubin, situato a Cerro Pachón: nasce sostenibile by design ed entrerà in funzione entro il 2026.

Pannelli fotovoltaici per tutti

Si è portati a pensare che le complessità tecnologiche legate alla sostenibilità della Space economy siano concentrate in ciò che viene lanciato nello spazio. Invece anche la gestione di telescopi e delle infrastrutture per l’osservazione del cielo presenta molte sfide. Si tratta infatti di sistemi complessi e inseriti in luoghi isolati, quindi, che devono essere resi autosufficienti per chi ci lavora e ci vive. E serve energia per farlo, costante e in enorme quantità.

Per farsi un’idea, basta guardare all’attuale impronta di carbonio del NoirLab stimata attorno alle 12.500 tonnellate di CO2 equivalente all’anno. Una cifra imponente, che si vuole portare a 6.200 nei prossimi tre anni, compiendo una riduzione paragonabile all’impronta del consumo annuale di elettricità di 1250 abitazioni medie degli Stati Uniti.

Una missione “parallela” a quelle spaziali che necessita allo stesso modo di un piano. Quello di NoirLab prevede una serie di misure che mirano in primo luogo a minimizzare l’energia elettrica consumata da parte delle strutture.

Sfruttando il finanziamento della National Science Foundation, verranno installati un impianto di pannelli fotovoltaici e delle batterie di accumulo dell’energia nelle strutture di Cerro Pachón, in Cile. Il primo sarà da 2.860 kilowatt, poi abbinato a un sistema di stoccaggio a batteria da 11 megawattora (MWh), in grado di produrre circa 5.300 MWh di elettricità all’anno. La riduzione di emissioni prevista è pari a 2.900 tonnellate equivalenti, una quantità di CO2 simile a quella emessa da 500 case.

Con i fondi che restano, NoirLab intende munire tutte le proprie infrastrutture di pannelli solari e sostituire il sistema di riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell’edificio della sua sede centrale a Tucson. Un intervento doveroso, che porterà a una riduzione del consumo di elettricità di 690 MWh all’anno e l’impronta di carbonio derivante dall’uso di elettricità della struttura di circa 300 tonnellate di CO2 equivalente all’anno.

Impronta di CO2: da ridurre ma anche da calcolare

L’ambizioso obiettivo di NoirLab non è raggiungibile se però non si va a toccare anche tecnologie altamente energivore come i data center. Quelli che presto serviranno le sue strutture dovranno essere tutti ad alta efficienza energetica. Nelle Hawaii lo sono già, in Arizona e Cile la sostituzione dovrà essere realizzata a breve. Intanto, si guarda anche all’installazione di trasformatori ad alte performance e ad una illuminazione a Led, entrambe misure in grado di contribuire al raggiungimento dell’obiettivo.

Si tratta di interventi consistenti e impegnativi, sia dal punto di vista tecnologico che economico. Scelte da non tacere ma, secondo NoirLab, da raccontare. L’idea non è tanto quella di promuoversi o fare greenwashing, ma di innescare una voglia di cambiamento nel settore. Pur guardando allo spazio, realtà come telescopi e osservatori devono abbracciare una “prospettiva terrestre” e contribuire alla mitigazione dell’emergenza climatica. Il piano di NoirLab offre spunti concreti per farlo, oltre a rispondere “per tono” alle raccomandazioni del rapporto Astro2020 (Pathways to Discovery in Astronomy and Astrophysics for the 2020s).

In questo documento di validità decennale sono indicate le sfide e gli obiettivi scientifici principali ai quali la comunità astronomica è chiamata a rispondere. Quelle sul clima non mancano: si legge infatti un chiaro e forte appello riduzione dell’impatto sulle emissioni di carbonio e sul consumo energetico.

Per proporsi in modo ancora più credibile come leader del cambiamento dell’intera comunità astronomica, NoirLab starebbe anche lavorando al miglioramento di uno strumento già esistente per il calcolo diretto dell’impronta di carbonio di tutte le strutture di ricerca negli Stati Uniti. Un altro aspetto essenziale, se si vogliono compiere passi avanti concreti ma anche misurabili.

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