Non è la loro impronta ambientale che oggi preoccupa il settore dei semiconduttori, in parte rassicurati dalle stime attuali in merito, molto più allarmati a causa dalla loro carenza. L’Imec sta comunque approfondendo il tema e ha recentemente diffuso i primi risultati del programma Sustainable Semiconductor Technologies and Systems (SSTS). Questo acceleratore di ricerca dedicato, con sede a Lovanio, in Belgio, gioca d’anticipo su quella che sarà una preoccupazione crescente e comune a tutti i diversi player del mondo dei chip. In futuro, infatti, la loro produzione potrebbe arrivare a pesare notevolmente sul bilancio di emissioni di carbonio globali.
Senza illudersi di fronte allo 0,1% di contributo all’emissione di CO2 attualmente stimato, è adesso il momento di chiamare tutto l’ecosistema a raccolta per preparare in tempo nuove strategie e tecnologie che impediscano impennate future. Sarebbero poi difficili da gestire sul momento e, seppur per altri motivi, abbiamo già appurato che un mondo senza semiconduttori “fa fatica a girare”.
Virtual Twin e nuove metriche per azioni concrete e mirate
Oltre che essenziali per IoT, machine learning e cloud computing, i chip sono un elemento strutturale di molti oggetti “quotidiani”: dalle auto agli smartphone. Il desiderio di renderli sempre più piccoli ed efficienti ne ha complicato il processo di produzione: sempre più energivoro, col tempo è arrivato a includere anche l’uso di prodotti chimici e materie rare. L’impatto ambientale è così aumentato e divenuto più complesso da governare.
Ecco perché il voler giocare d’anticipo di Imec che già segnala come quasi il 75% delle emissioni di CO2 di uno smartphone derivi dalla sua fabbricazione, la metà di queste proprio dalla produzione di circuiti. Il team SSTS ha costruito una virtual factory per simulare l’impatto ambientale dei futuri dispositivi e creerà dei virtual twin integrabili nelle supply chain per stimarlo in real time e permettere un’ottimizzazione immediata.
SSTS supporterà le aziende anche sviluppando migliori metriche che tengano conto di più fonti e di fattori più vari. Oltre al consumo elettrico, ci sono ad esempio le emissioni dirette e il consumo di acqua su cui lavorare, anche introducendo pompe più efficienti e soluzioni per il recupero dell’idrogeno.
Promuovendo un approccio olistico, costituito da modelli concreti e affidabili e analisi dettagliate della carbon footprint, SSTS mira a identificare i processi ad alto impatto per le tecnologie logiche e di memoria su cui i produttori dovrebbero concentrare gli sforzi. Tra i suoi output ci saranno anche linee guida per produttori, chip maker fabless e provider di apparecchiature e di materiali, tutti chiamati a contribuire alla sostenibilità ambientale della chip value chain.
Le future frontiere della ricerca riguardano l’integrazione di aspetti come il costo dei materiali e il contributo di nuove tecniche di produzione e di calcolo, come la bioinformatica. Consapevole di quanto sarà decisiva la condivisione a livello globale dei risultati ottenuti dai vari player nei prossimi mesi, Imec svilupperà anche strumenti ad hoc per agevolarla, mettere i dati a disposizione dei decision maker.
Non solo ricerca: servono collaborazione, trasparenza e standard condivisi
Di fronte a un mondo “affamato” di chip, i ricercatori si aspettano che il loro impatto ambientale possa subire un’impennata entro il 2030, quando la loro produzione triplicherà. È un timore che dovrebbero avere anche le numerose aziende che hanno annunciato in modo altisonante l’obiettivo Net Zero entro lo stesso anno. È (e sarà) per loro sempre più fondamentale conoscere meglio il contributo dei semiconduttori e le eventuali strategie da implementare per contenerne l’esplosione.
Ciò che sta facendo Imec è prepararsi per supportare il settore avendo già tra le mani informazioni, strumenti e numeri necessari per favorire azioni concrete, tempestive ed efficaci. È però compito di ogni anello del ciclo di vita, sia della produzione sia della fornitura, condividere i dati sulle emissioni. Solo con tale trasparenza e apertura, infatti, la ricerca può proseguire in modo agile e mirato.
Un secondo compito della chip value chain sarà l’adozione col tempo di standard unificati per rendere interoperabili studi, strumenti e soluzioni. Quelli affidati al mondo delle aziende sono due task essenziali per il successo di SSTS. Il fatto che al programma abbiano però già aderito big tech come Apple e Microsoft e fornitori di semiconduttori come ASM, ASML, Kurita, Screen e Tokyo Electron fa ben sperare.