Sempre più numerosi e diversi, i dati restano al centro di qualsiasi strategia di innovazione possa essere concepita. In un contesto di completa incertezza, ogni organizzazione cerca un punto da cui partire e le direzioni da prendere, scandagliando le informazioni a propria disposizione. Deve poterlo fare in modo efficace, veloce e sicuro e questo “deve” è una scommessa aperta e rivolta allo storage. Una scommessa importante, in cui Huawei vuole essere alleato, proponendo un nuovo data paradigma forgiato ad hoc sulle necessità e i driver del presente.
Huawei e le sfide prioritarie in Europa
Dati, quindi, al centro dell’incontro svoltosi a Monaco a fine maggio, un appuntamento europeo con cui l’azienda vuole ribadire la sua attenzione per il continente e illustrare la propria strategia. L’interesse di Huawei per quest’area non è una novità: i suoi portavoce ricordano come sia presente in Europa da 23 anni e come nel 2021 abbia contribuito all’economia europea con 12,3 miliardi di euro, offrendo più di 140.000 posti di lavoro.
Oggi, la sua presenza sul mercato IT, non solo lato network, conferma il suo impegno nell’affrontare però anche le nuove sfide che l’Unione Europea impone. “L’Europa è molto lungimirante. Ha identificato la transizione verde e digitale come una strategia fondamentale e ha fissato obiettivi specifici per la neutralità delle emissioni di carbonio e la trasformazione digitale” ha infatti fatto notare Jim Lu, presidente di Huawei North Eastern Europe, tacitamente confermando l’idea di voler giocare questa partita tutta europea offrendo un’infrastruttura digitale verde, sicura, efficiente e affidabile. I 3 OpenLab sul territorio e gli oltre 100 partner di soluzioni per innovazioni congiunte sono i suoi alleati, una variegata squadra con cui Huawei oggi si propone di esplorare il futuro dell’infrastruttura digitale verso l’era dello yottabyte. Per chi non fosse ancora familiare con questi volumi, basti considerare che uno yottabyte equivale a un quadrilione (un milione di miliardi) di gigabyte.
Dati non strutturati e app cloud-native alla base di una rivoluzione
In un contesto sempre più data-centric, lo storage interpreta un componente chiave dell’infrastruttura digitale. Durante il forum di Monaco si è infatti discusso di come innovare l’infrastruttura dei dati in modo che questi possano essere archiviati, spostati e utilizzati in modo efficace. L’obiettivo dell’azienda è quello di fornire una base di archiviazione ad alte prestazioni, affidabile, sicura ed ecologica, per vincere le tre principali sfide: l’adozione dell’ecosistema applicativo emergente, la gestione efficiente di masse di dati non strutturati e il miglioramento completo della resilienza dei dati.
La sua strategia è, a sua volta, il risultato di una presa d’atto basata sui dati che fotografano una trasformazione digitale massiccia ma con delle caratteristiche ben precise. La via migliore è raccontarla con i numeri.
Il 56% delle imprese implementa applicazioni di intelligenza artificiale, il 96% prevede di creare applicazioni cloud-native per gestire applicazioni di dati in continua evoluzione. L’80% dei nuovi dati è costituito da dati non strutturati, il numero di attacchi ransomware cresce a un tasso annuo del 98%.
Sono percentuali che caratterizzano in maniera forte l’attuale panorama. Huawei le ha tradotte in strategia di business, sviluppando una nuova proposta di archiviazione dati non solo al passo coi tempi, a prova di futuro.
Un nuovo paradigma per il prossimo futuro
Guardando al nuovo panorama, in primo piano ci sono le emergenti applicazioni di Big Data e AI che impongono requisiti più elevati per l’elaborazione parallela di dati diversificati. Sembra doverosa una revisione radicale del modello di collaborazione tra archiviazione dei dati e applicazioni, per abbracciare nuovi paradigmi più agili ed efficaci. Anche la crescente presenza di applicazioni cloud-native richiede un’evoluzione dello storage che deve confermarsi affidabile e diventare realmente ad alte prestazioni.
Un’altra sfida annunciata è quella dei dati non strutturati che, un tempo “esotici” e rari, sono ora centrali e strategici per ogni sistema decisionale che pretende decisi miglioramenti sulla larghezza di banda in lettura/scrittura e sull’efficienza di accesso I/O dello storage scale-out. Per soddisfare queste nuove esigenze in modo anche economicamente efficiente, servono innovazioni nel software, nell’hardware e negli algoritmi.
Da non trascurare anche l’insorgere sempre più frequente di problemi di gravità dei dati. Un alert oggi gestibile, ma solo se ci si appresta a realizzare un data fabric intelligente per implementare una visione globale dei dati e una programmazione unificata tra sistemi, regioni e cloud.
In un evento intitolato “New data, new app, new resilience”, organizzato in questo turbolento 2023, è impossibile ignorare i pericoli oggettivi che i dati corrono. I rischi legati ai disastri naturali e ai danni fisici a disastri dovuti al fattore umano, come il ransomware, incombono su qualsiasi organizzazione, in qualsiasi settore e area. L’Europa non fa eccezione e Huawei presenta l’archiviazione dei dati come l’ultima linea di difesa in termini di resilienza. Per rendere concreta questa visione, la supporta con l’integrazione di più funzioni, tra cui il rilevamento di ransomware, la crittografia dei dati, le istantanee sicure e il recupero dei dati in Air Gap.
Se si guarda ai trend globali ed europei, verrebbe da concentrarsi solo su tale emergenza. Nella sua roadmap, restano invece comunque al centro le prime due voci del titolo-claim dell’incontro. Nuovi dati e nuove app. Le due sfide attuali su cui l’azienda sta costruendo il proprio futuro, come spiega Zhang Guobin, Chief Scientist of Huawei Data Storage. “Servono storage più potenti e scalabili per gestire le enormi quantità di dati utili e diversificati. Serve una nuova architettura, completamente da ridefinire, per fornire alte performance, che siano adeguate a supportare le nuove applicazioni” spiega con fermezza.
E con altrettanta fermezza racconta di un futuro in cui adottare logiche di ecosistema non è una scelta, ma un obbligo. “Ogni componente ha il suo leader, per poter offrire eccellenza in ogni campo, serve fare sistema e creare partnership – ribadisce Guobin – è l’unica strada percorribile, facendo in modo che tutta l’infrastruttura parli lo stesso linguaggio, declinandosi in modo differente in ogni area. La nostra presenza globale ci insegna che in ogni zona servono ecosistemi adeguati alle esigenze. Se per USA e Cina le priorità sono più legate alla digital transformation, al mondo mobile e all’AI, in Europa le priorità sono diverse: sicurezza, resilienza e carbon footprint”.