Data center in evoluzione: dalla virtualizzazione agli ambienti ibridi, quale strategia?

Per costruire un’infrastruttura cloud affidabile, che soddisfi le esigenze di flessibilità, costi e riduzione dei rischi, le aziende scelgono percorsi tecnologici differenti. Ma esiste una corsia preferenziale per massimizzare i vantaggi e accelerare il Roi? Se ne è parlato insieme ai responsabili It di importanti realtà italiane al recente “Breakfast con l’Analista” organizzato da ZeroUno in collaborazione con Fujitsu e NetApp.

Pubblicato il 06 Nov 2013

Consolidare l’ambiente It, ridurre i costi hardware, aumentare l’efficienza, migliorare la continuità di servizio, supportare più applicazioni e dispositivi. Gli obiettivi alla base dei progetti di evoluzione del data center sono molteplici, così come diversi sono gli approcci adottati dalle aziende per costruire un’infrastruttura cloud affidabile. Ma esiste una corsia preferenziale per raggiungere l'obiettivo? Su questi temi si è concentrato il "Breakfast con l'Analista" organizzato da ZeroUno, in collaborazione con Fujitsu e NetApp, a cui hanno partecipato gli It manager di importanti realtà italiane.

"Il cloud computing – esordisce Stefano Uberti Foppa, direttore di ZeroUno – è oggi al centro di discussione e a volte di illusione circa la capacità dei sistemi informativi di dare risposte immediate alle richieste di business. Negli ultimi anni, si stanno verificando cambiamenti importanti sul fronte sia tecnologico sia culturale, in termini di change management e modelli organizzativi. I Sistemi Informativi devono confrontarsi con fenomeni difficili come cloud, social, mobile e big data, ma che, se gestiti in modo integrato e sicuro, rappresentano un differenziale competitivo". Secondo Uberti Foppa, infatti, è in corso "una fase di discontinuità in termini di tecnologie disponibili, che mettono nelle mani dei Cio una capacità di demand management senza precedenti, restituendo loro un ruolo sempre più strategico".

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Prosegue in queste riflessioni Stefano Mainetti, co-direttore Scientifico dell'Osservatorio Cloud & Ict as a service School of Management del Politecnico di Milano, commentando i risultati di uno studio condotto annualmente dall'università lombarda con l'obiettivo di individuare lo stadio di maturità raggiunto dalle aziende italiane nel “cloud journey”, ovvero all'interno di un percorso step by step di evoluzione del data center, che prevede da un lato il rinnovamento interno (virtualizzazione, razionalizzazione e automazione dei sever), dall'altro il ricorso a soluzioni di public IaaS, e che culmina con l'implementazione di un ambiente ibrido: "Se il 2011 è stato l’anno della sperimentazione e il 2012 del consolidamento, oggi la nuvola si trova nella fase della concretizzazione: le aziende traggono reali benefici dagli investimenti fatti e aumentano i budget dedicati”, dice Mainetti.

Il cloud journey e l’approccio del Cio

Grazie all'esperienza portata dai Cio di 89 grandi organizzazioni, la ricerca del Politecnico ha permesso di mappare il cloud journey suddividendolo in diversi stadi evolutivi, per ognuno dei quali è stato chiesto di indicare ostacoli e motivazioni a proseguire.

Se il 23% delle aziende sta procedendo alla virtualizzazione dei server tradizionali, obiettivo già raggiunto dal 37% del campione, il 32% è passato alla fase di razionalizzazione e consolidamento attraverso la definizione di standard. "Solo l'8% – prosegue Mainetti – ha raggiunto l'automazione, ovvero ha stabilito un insieme di risorse (computazionali, di rete e di storage), che un cloud manager o un hypervisor può gestire in modo automatizzato”.

Secondo la ricerca, i driver che spingono ad attivare il percorso di rinnovamento interno al data center sono: semplificazione infrastrutturale, aumento dell'efficienza, rifocalizzazione dello staff It, velocità di provisioning e risposta. Fanno da freno barriere come: necessità di una visione architetturale dell’infrastruttura, maturazione degli skill interni, oneri e complessità dell'intervento, standardizzazione di risorse e procedure.

Il traguardo auspicato è l’hybrid cloud che, secondo gli analisti, guiderà l’It nel prossimo ventennio, ma che oggi è appannaggio solo del 5% delle aziende.

In questo contesto, la direzione It deve essere in grado di gestire il cambiamento, altrimenti le linee di business, non ottenendo risposte rapide, si muoveranno in autonomia e “sarebbe come ritornare a un It a silos”, evidenzia Mainetti.

Si aprono allora almeno quattro possibilità di approccio: il Cio Hobbista (21% del campione nel 2013, 76% nel 2012) ha un atteggiamento reattivo e tattico con finalità sperimentali; il Broker (51%, 16%) è impegnato nel confronto con le Funzioni per gestire al meglio le risorse as-a-service; il Modaiolo (2%, nessuna variazione), sollecitato dal business, ha creato nuove competenze e procedure, ma pecca di progettualità; l’Orchestratore (26%, 6%) tiene saldamente in mano le redini del cambiamento, definendo proattivamente la roadmap evolutiva. Confrontando la situazione attuale con l’anno passato, si nota “un cambio di mindset all’interno della direzione It”, come fa notare Mainetti, condizione imprescindibile per portare avanti il viaggio verso la nuvola.

I vantaggi delle reference architecture

Ma dato per scontato il cambio di passo culturale, quali sono le vie percorribili nel processo di trasformazione dei sistemi informativi? Nella vision di Fujitsu e NetApp, si possono definire tre principali percorsi tecnologici: il primo prevede il coinvolgimento esclusivo dell’It aziendale, che disegna e implementa la struttura informativa dalle singole componenti; nel secondo caso, il processo di virtualizzazione viene sviluppato sulla base di appliance; infine, la terza opzione, suggerita dai due vendor, riguarda l’adozione di reference architecture flessibili, modulari e convalidate, che uniscano soluzioni server, storage e rete.

“L'utilizzo di un'architettura di riferimento – sottolinea Davide Benelli, Business Program Manager di Fujitsu -, ovvero di uno schema predefinito per il rinnovamento infrastrutturale, offre alle aziende la possibilità di capitalizzare le esperienze maturate dai vendor attraverso altri casi applicativi, accelerando notevolmente i tempi di realizzazione del progetto, cosicché la Direzione It è libera di dedicarsi ad attività più strategiche. Inoltre, l’adozione di best practice e tecnologie standard abbassa i rischi di ‘rigetto’: si può procedere con maggiore programmaticità sul lungo periodo, poiché le infrastrutture scalano in base al mutare delle esigenze aziendali”.

Nello specifico, la soluzione proposta da Fujitsu si chiama vShape e permette di combinare le funzionalità di un ambiente virtuale, creato con tecnologie derivanti dalle best practice e dal know-how di quattro top vendor (la multinazionale nipponica per il calcolo, NetApp per lo storage, Brocade per il networking e VMware per la virtualizzazione), rendendo più facile il setup dei progetti. Già testata e validata, “permette al Cio non solo di avere – come evidenzia Benelli – un unico interlocutore per lo sviluppo del progetto [Fujitsu, ndr], ma anche di formulare un business plan da sottoporre alla direzione finanziaria, il che significa sostenere un confronto alla pari quando si richiede l’approvazione degli investimenti”.

A garanzia del progetto, inoltre, ci sono i Service level agreement, che vengono definiti ad ogni stadio di avanzamento della roadmap, all’interno di un percorso studiato insieme al cliente.

Anche Andrea Amicabile, Alliance Manager di NetApp, elencando i vantaggi delle reference architecture, insiste sul concetto di progettualità a lungo termine: “Le nostre soluzioni offrono garanzie di continuità, in termini sia di disponibilità tecnologica e integrazione sia di readiness nel seguire le richieste delle Lob che cambiano con il tempo. I nostri sistemi sono già pronti a rispondere alle necessità future e in grado di operare in ambienti cloud ibridi, garantendo interoperabilità con le infrastrutture esistenti e i provider esterni”.

Le esperienze delle aziende

L’importanza della continuità è un tema che tiene a ribadire anche Stefano Perfetti, Ict Service Line Corporate e Vendita di A2a. Il progetto di A2a ha riguardato l’automazione della forza vendita in un'architettura multicanale. “Portare avanti un progetto di razionalizzazione dell’It non è semplice – prosegue il manager – perché ci si scontra con un processo di business: bisogna prima attuare una revisione organizzativa, poi sviluppare la declinazione tecnologica. Esistono scorciatoie? In alcuni casi, sì: è facile, per esempio, andare su architetture a servizio per le piattaforme di sviluppo e test, ma i veri vantaggi si colgono quando si lavora sul business. La strada è in salita, ma nella nostra esperienza, siamo stati aiutati da due anni di investimenti pregressi sull’infrastruttura in ottica Soa, che hanno preparato il terreno alla sales automation”.

Ma se il percorso è difficile, i casi di successo non mancano. "Nella nostra azienda – riporta Ilario Bodini, Infrastructure Management di Wind – la roadmap verso la nuvola è stata completata in quasi tutte le sue fasi e stiamo ora iniziando a implementare un'infrastruttura di cloud ibrido”, anche se il manager rileva alcune resistenze da parte dell’It interno che rischia di vedersi ‘scalzato’ dai provider esterni.

In casa o fuori: cosa conviene?

“Il Cio – torna a chiarire Mainetti – è abituato a plasmare i sistemi informativi in base alle richieste del business, come un bravo pasticcere che fa dolci artigianali, ma serve un cambio di passo: oggi l’It è nella fase di industrializzazione e in commercio è disponibile una grande varietà di soluzioni fornite da vendor e provider più convenienti e veloci da implementare. La direzione informatica allora dovrà mixare tra due alternative, standardizzazione interna e servizi esterni”.

È l’esperienza di Autogrill riportata da Domenico Sannelli, Ict Infrastructure Architecture della società, che ha deciso di tenere in casa il server per applicazioni e dati core, scegliendo l’as-a-service per altre componenti e adottando, per esempio, soluzioni per il PaaS, con l’obiettivo di costruire un’infrastruttura elastica per rispondere alle esigenze in rapido divenire.

E sulla via ibrida procede anche Edipower, come racconta Emanuele Andrico, It manager processi core della società: "Siamo in fase di revisione infrastrutturale – sintetizza -, puntando a semplificare, standardizzare, aumentare efficienza e velocità di provisioning, attraverso virtualizzazione e hybrid cloud. Stiamo valutando, tra le soluzioni già presenti sul mercato, quali possono aiutarci ad accelerare il processo, proprio perché il maggiore ostacolo al raggiungimento degli obiettivi è la difficile maturazione degli skill interni”.

Secondo Andrico, infatti, “per essere vicini alle Lob è necessario che gli informatici 'mastichino' anche argomenti di business”, ma pure la controparte deve mostrare un analogo impegno, come auspica Sannelli. Serve dialogo, insomma e Uberti Foppa conclude l’incontro sottolineando come il journey to the cloud presupponga la formazione di un “triangolo virtuoso” tra Cio/It, Lob/top management e vendor, dove questi ultimi, anche attraverso il rapporto con il canale e i system integrator, devono cambiare il proprio approccio alla vendita perché sia orientato alla proposizione di progetti in grado di creare valore misurabile per l'azienda.

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