Nel trattare dello stato dell’offerta di soluzioni infrastrutturali per data center seguiremo il criterio di dividere le proposte dei diversi vendor a seconda di come meglio si possono collocare rispetto ai modelli concettuali di architettura convergente che abbiamo esposto nell’articolo precedente.
Prima di procedere con l’illustrazione delle soluzioni, per comodità del lettore, ricapitoliamo in breve questi modelli di riferimento, ma è importante sottolineare che, trattandosi di una tassonomia nuova basata su un’offerta in continua evoluzione, in alcuni casi le soluzioni non sono così chiaramente classificabili nell’una o nell’altra categoria. Pur facendo riferimento allo studio Forrester Market Overview: Converged Infrastructure Solutions In 2013 pubblicato nello scorso settembre, abbiamo quindi scelto di escludere alcuni vendor citati nel report, ma non presenti nel mercato italiano e nel contempo di inserire soluzioni non citate nel report ma significative per il mercato europeo; in ogni caso tra i numerosi prodotti analizzati da Forrester abbiamo individuato quelli che più chiaramente possono essere collocati nella categoria di riferimento.
Le categorie definite sono quindi:
- infrastrutture convergenti modulari, che uniscono server (blade, di regola) e storage incorporando soluzioni di virtualizzazione degli elementi fisici e delle loro connessioni in modo da facilitarne il deployment, le modifiche e la gestione.
- infrastrutture integrate, orientate ad applicazioni e compiti specifici e concepite per la più rapida messa in opera, messa a punto, gestione e scalabilità dei relativi carichi di lavoro.
- infrastrutture software-defined, che incorporano logiche in grado di rappresentare le varie interdipendenze tra i componenti fisici e virtuali che vengono gestiti e quindi ne coordinano configurazione e caratteristiche in modo ottimale. Con una metafora, si potrebbe dire che l’intera infrastruttura ‘capisce’ cosa viene chiesto e si organizza di conseguenza.
Infrastrutture Convergenti Modulari
Operano in quest’area quattro grandi nomi: i due protagonisti-antagonisti storici dell’offerta a tutto campo di tecnologie di classe enterprise, cioè Ibm e Hp; più Dell, che dagli esordi nel mondo Pc ha fatto una rapida quanto sostanziosa scalata agli ambienti data center, e Cisco, che, già numero uno del networking, ha fatto quattro anni fa il ‘gran salto’ e oggi è all’attenzione di tutti i responsabili delle infrastrutture aziendali. E sia per ordine alfabetico sia per il fatto d’essere, dei quattro, l’unico a non aver costruito la sua offerta potendosi basare su un precedente portafoglio di prodotti e soluzioni ma appoggiandosi a partner tecnologici (anche se tramite acquisizioni e risorse interne sta sviluppando rapidamente una propria capacità nell’area delle infrastrutture), partiremo proprio dal vendor di San Francisco.
- Cisco è entrato in area data center nel 2009 con il proprio Unified Computing System (Ucs) e in pochi anni si è conquistato un solido spazio grazie a un sistema d’infrastruttura modulare che offre una notevole facilità di amministrazione e quindi una significativa riduzione del Tco. Secondo alcuni utenti intervistati da Forrester che hanno potuto fare dei confronti, il software di gestione, Cisco Ucs Manager è veloce da installare e mettere a punto e può controllare più funzionalità dei server, tutti Intel x86, di altre soluzioni, più versatili e potenti, ma anche più complesse da far funzionare. L’indirizzo Mac, l’Id utente e il settaggio del firmware e del Bios, in pratica il profilo del dispositivo, è virtualizzato e assegnato dall’Ucs manager, il che semplifica parecchio la gestione delle virtual machine e la riorganizzazione dei profili in funzione delle necessità. A supporto dell’Ucs Manager c’è un networking che consolida le connessioni interne FCoE (FC su Ethernet) tra i dispositivi e si apre alla rete aziendale consolidando uplink Ethernet, FC e FCoE. Nel novembre 2012 Cisco ha lanciato Ucs Central Manager, che estende a più dominii la gestione dell’infrastruttura sino, teoricamente, a raggiungere migliaia di nodi.
- La proposta Dell è basata sui sistemi per data center Active System, una soluzione che consiste di server Dell, rack o blade M1000, preintegrati con storage, software di gestione, licenze VSphere (la piattaforma di virtualizzazione Vmware) e servizi d’installazione e messa in opera.
Al cuore dei sistemi sta l’Active System Manager (Asm), software di gestione sviluppato dall’acquisizione di Gale Technologies, che offre caratteristiche notevoli, come il provisioning delle risorse basato su template il cui deployment può essere ripetuto e la gestione automatica di un’infrastruttura prevalidata, cioè messa a punto e verificata nelle procedure da automatizzare. Una larga scelta di switch I/O controllati dal PowerEdge M I/O Aggregator, che ne semplifica la gestione e ottimizza l’ampiezza di banda, rendono quella Dell un’offerta molto versatile sul lato hardware. E, soprattutto, com’è di regola per la casa texana, conveniente nel rapporto prezzo/prestazioni. Ma la mancanza di alcune delle più avanzate funzioni di virtualizzazione dell’I/O di cui dispongono i concorrenti ne limita il potenziale in una fase d’evoluzione del data center in cui la flessibilità delle operazioni è sempre più importante. Certamente, Dell sta lavorando per superare questo gap ed è possibile che tra un mese, al Dell World 2013, vi possano essere novità in questo senso.
- L’offerta di Hp (che ha fatto dell’espressione Converged Infrastructure un proprio brand) è data dalla linea BladeSystem con tecnologia Virtual Connect (VC). Questa implementa le funzioni di virtualizzazione dei blade server, che sono sistemati in telai da 10U e di norma sono ProLiant (Intel Xeon), ma che per compiti molto critici possono essere sostituiti dagli Integrity con processori IA 64, e le presenta a un livello di astrazione superiore, detto ‘template’. Ciò semplifica l’uso e la gestione del sistema in quanto un template esegue il deployment delle varie funzioni in blocco, con una sola operazione, e può essere duplicato per un uso ulteriore. Hp fornisce anche template predisposti per le operazioni più comuni, tipo una configurazione per Sap o Ms Exchange Server, e assiste l’utente nel loro uso con servizi on-site. La tecnologia VC poggia sul software VC Manager e su moduli hardware proprietari, ma questi ultimi sono invisibili alla rete, il che facilita il network management riducendo il numero degli switch da gestire. E poiché tutti i cambiamenti all’ambiente server sono resi invisibili alla rete è possibile un’integrazione quasi trasparente con Cisco o altri network attraverso i protocolli standard Ethernet, FC e FCoE. Questo, tra l’altro, permette all’utente che non voglia o non possa acquistare i componenti storage Hp di usare lo storage preesistente. Quest’anno Hp ha introdotto diversi miglioramenti ai BladeSystem, tra i quali un intervento al midplane (lo strato che fornisce ai blade le funzioni del telaio) che incrementa del 40% il throughput, e il primo blade switch da 40 Gb Ethernet, con supporto e uplink per reti FC 16 Gb e InfiniBand. Lo scorso settembre è stato infine annunciato Hp OneView, una piattaforma di gestione per l’intero ambiente Hp Converged Infrastructure che semplifica drasticamente l’attività degli amministratori presentando il funzionamento dei sistemi con soluzioni grafiche e strumenti di ricerca e di collaborazione ispirati al mondo consumer.
- Introdotta da Ibm nel 2012, la famiglia PureSystem, che Ibm chiama ‘Expert Integrated System’, comprende sia sistemi che rientrano nella classe delle infrastrutture convergenti modulari come i PureFlex, sia sistemi preconfigurati e ottimizzati per compiti particolari, come i PureData e i PureApplication, dei quali parleremo più avanti. Tutti questi sistemi adottano un’architettura, che si chiama Ibm Flex System, completamente nuova nel telaio (da 10 U) come nei blade e che offre la caratteristica di poter ospitare e gestire insieme nello stesso rack sia i server x86 (Intel Xeon) sia i potenti server con processori Power 7, entrambi, specie gli x86, disponibili in numerose configurazioni (recentissimo il rilascio di nuovi prodotti basati su questa architettura). Come componente del sistema, Ibm ha sviluppato anche una piattaforma di gestione, Ibm Fabric Manager, che permette di virtualizzare le risorse server e gli User Id e ha funzioni di Quality of Service molto avanzate, come il provisioning automatico delle risorse in ambiente di produzione e il recupero automatico dei nodi di calcolo fallati (in pratica, quando un nodo, ossia una Cpu, ha un malfunzionamento, il carico di lavoro viene dirottato su altri nodi). Le funzioni di virtualizzazione e controllo del Fabric Manager sono eseguibili anche tramite il Flex System Manager, un’appliance che sfrutta l’hardware dedicato per accelerarne l’esecuzione e semplificarne l’integrazione nel sistema, riducendo il Tco dell’intero data center. Ma anche indipendentemente da questa possibilità, secondo Forrester, le doti di system management dei PureSystem rappresentano una seria sfida all’ambiente Cisco.
- Non citata nello studio Forrester (anche perché la proposta, pur potendo essere fornita su richiesta, non è attualmente disponibile come soluzione pacchettizzata sul mercato americano), ma importante per il mercato europeo, rientra in questo ambito la soluzione vShape di Fujitsu che combina server blade e rack Primergy della multinazionale giapponese, i sistemi di storage NetApp, gli switch Brocade e il software Vmware per la virtualizzazione. Originariamente studiata per aziende di piccole e medie dimensioni, Fujitsu vShape si basa su una struttura modulare in grado di adattarsi facilmente alle necessità delle infrastrutture It di taglio enterprise.
Infrastrutture Integrate
I sistemi integrati indirizzati a specifici campi applicativi, data intensive piuttosto che computing intensive, variano da soluzioni relativamente semplici, come quella per l’e-mail di Hp e Microsoft, a piattaforme di estrema complessità come i sistemi Exalogic ed Exadata di Oracle. Ciò che li accomuna è il fatto di svilupparsi a seguito di un lavoro spinto d’ingegnerizzazione per integrare tra loro i componenti, hardware e software e ottimizzarne il funzionamento ai fini delle applicazioni previste. Lavoro che resta completamente invisibile all’utente ma si traduce in superiori prestazioni e in una più rapida messa in opera (time-to-use). Questa classe di sistemi presenta, per sua natura, una continua innovazione tecnologica, che si traduce in un veloce rinnovarsi dell’offerta, con la possibile comparsa di nuovi attori. Si tratta quindi di esercitare un’attenta opera di monitoraggio, cercando però di limitarsi alle soluzioni che, sia per esperienza dei vendor sia per presenza sul mercato, danno buone prospettive di stabilità.
- Trattando quest’area non seguiremo, per una volta, l’ordine alfabetico ma partiremo da quella che Forrester definisce “la madre di tutte le offerte integrate”: i sistemi Exadata di Oracle. Si tratta, come sappiamo, di un ‘bundle’ che nell’ultimo modello Exadata X3-2 comprende (nella configurazione Full Rack): un Oracle database, più sistema operativo, hypervisor, software di gestione e altro; 8 database server; 14 storage server, con 22,4 Tb di cache Smart Flash; 3 reti InfiniBand per tenere assieme tutti questi componenti. È già un bel capitale, ma il vero valore sta, come s’è detto, nel lavoro invisibile. Per emulare un Exadata (o un Exalogic, lanciato tre anni fa e che ripete il concetto e l’architettura Exadata indirizzando però l’ambiente delle business application) un ipotetico utente dovrebbe: testare e integrare i suoi server; il suo storage, a dischi e a stato solido; il network e i driver InfiniBand; installare e mettere a punto il sistema operativo e infine installare Oracle Database Enterprise Edition (oppure la suite applicativa Oracle WebLogic).
Ma a questo punto sarebbe solo all’inizio; perché per avere analoghe prestazioni dovrebbe fare tutte le operazioni e gli esperimenti di adattamento e tuning tra Db, storage e application server, senza peraltro essere sicuro dei risultati, poiché rispetto a un’implementazione su server x86 l’infrastruttura Oracle offre molto di più in entrambi i compiti cui è indirizzato, cioè l’Oltp e il data warehousing. In quest’ultimo campo, ad esempio, elabora le query a livello storage, con restituzione al db server solo di righe e colonne rilevanti e riduzione del traffico di rete. E ha funzioni di compressione che riducono le dimensioni delle tabelle accelerando le query sul data warehouse. Oracle ne ha poi replicato il concetto nei sistemi Exalytics, che però esulano dall’area data center essendo dedicati all’analisi di grandi volumi di dati in tempo reale con elaborazione in-memory di più cubi Oracle Essbase contemporaneamente.
In breve, nonostante l’elevato investimento iniziale, la soluzione Oracle offre un potenziale in termini di prestazioni tale da risultare, per Forrester, una proposta molto convincente. Tanto da farne un modello di riferimento sul quale i vendor che offriranno infrastrutture integrate si dovranno necessariamente confrontare.
- Forrester considera i VirtualSystem di Hp come una risposta ai già citati Active System di Dell in quanto si tratta di stack preintegrati di blade server, network switch e storage (3PAR) Hp. In realtà i contenuti in termini di software sono notevoli, non solo per la completezza degli strumenti di gestione ma per la flessibilità del sistema operativo, che supporta Microsoft Windows Server e Hyper-V assieme a Vmware e a Citrix per le soluzioni di Vdi (Virtual desktop infrastructure). Si tratta di un software relativamente nuovo e Hp vi fa conto per dare un significativo valore aggiunto alla propria offerta attraverso l’automazione del deployment delle macchine virtuali e delle funzioni di amministrazione e sicurezza. Hp ha anche una linea di sistemi preconfigurati per soluzioni applicative chiamati AppSystem e rivolti a implementazioni Microsoft Exchange e Sql Server, Sap Hana, Vertica Analytics e Apache Hadoop. È possibile che con questi sistemi e le capacità e i servizi professionali relativi ai VirtualSystem, l’atteggiamento del mercato cambi nel senso di una maggiore attenzione alle soluzioni che nell’offerta Hp occupano una posizione intermedia tra i ‘building block’ della Converged Infrastructure e il sistema software-defined di cui parleremo.
- Utilizzando in parte la piattaforma tecnologica dei PureFlex, di cui si è parlato a proposito dei PureSystem, Ibm ha rapidamente sviluppato i PureData, una linea di sistemi integrati rivolti all’esecuzione delle applicazioni data-intensive. L’offerta comprende a oggi quattro sistemi base. Il primo è il PureData System for Transactions, che fornisce una soluzione praticamente chiavi-in-mano per i processi Oltp, cuore delle applicazioni business, e in quanto tale si affianca molto bene ai PureApplication di cui diremo più avanti. Poi vi sono i PureData System for Analytics e i PureData System for Operational Analytics, entrambi rivolti all’analisi dei dati ma ottimizzati il primo per i grandi volumi e il secondo per l’analisi in real-time o near real-time. Infine c’è il recente PureData System for Hadoop, per le analisi sui big data, che integra il software InfoSphere BigInsights, basato appunto sul framework Apache. Tranne il PureData per Hadoop, gli altri sistemi sono disponibili in una gamma di formati e configurazioni single e multi-rack.
- Vi è poi una serie di soluzioni che Forrester inserisce in questa categoria per il lavoro di ingegnerizzazione per integrare i singoli componenti che le caratterizza, ma che potrebbero essere inserite anche nel modello precedente dato che non si tratta di soluzioni sviluppate per specifici ambiti computazionali o applicativi.
Da una partnership di Cisco con NetApp si è sviluppata la soluzione FlexPod, che unisce all’ambiente Cisco Ucs lo storage NetApp e, secondo Forrester, grazie soprattutto a funzioni di storage management percepite dagli utenti come più efficienti di quelle dei concorrenti, ha incontrato un notevole successo sia presso le grandi che le medio-piccole imprese.
Oltre alla vendita dei suoi prodotti tramite Vce [The Virtual Computing Environment Company (Vce) è un system integrator nato dalla joint-venture tra Cisco ed Emc e dal capitale compartecipato da Intel e Vmware che assembla e commercializza piattaforme per cloud computing (chiamate Vblock) usando le tecnologie dei soci ndr], Emc ha un’offerta propria nella linea Vspex che combina gli storage server della famiglia Emc Vnx Unified Storage con la tecnologia di virtualizzazione Vmware, mentre per quanto riguarda i server la soluzione è studiata per integrare varie tipologie di server offerte dai propri partner.
Hitachi, infine, è entrata in questo mercato con la sua Unified Compute Platform (Ucp) che, inizialmente basata sui propri blade server, oggi supporta anche i server Cisco Ucs. Da prove svolte dagli analisti Forrester, Ucp Director, l’interfaccia utente di Hitachi Ucp Pro integrata nel Vmware vCenter, è risultata tra le migliori nell’orchestrazione e visualizzazione delle risorse server, storage e rete e la loro associazione alle macchine virtuali.
Infrastrutture Software-defined
Il passo logicamente successivo alla virtualizzazione e alla gestione di sistemi preintegrati sta in un’infrastruttura in grado di erogare servizi It compositi assegnando dinamicamente i carichi di lavoro in base alle caratteristiche delle applicazioni, delle risorse disponibili e dei livelli di prestazioni e affidabilità stabiliti per il servizio erogato. L’infrastruttura definisce in modo automatico le macchine virtuali con le capacità e le configurazioni più adatte, le associa ai workload e applica il software necessario per ottimizzare e riconfigurare in modo continuo le risorse, ovviamente totalmente virtualizzate, risolvendo i problemi di livello di servizio che si possono presentare.
Non è facile stabilire in quale misura le realizzazioni che si richiamano a un tale modello oggi vi rispondano realmente. Secondo gli analisti Forrester i vendor che più vi si avvicinano sono tre Egenera, Hp e Ibm. Ma poiché di Egenera (www.egenera.com, da non confondere con www.egenera.it, azienda italiana che si occupa di energie rinnovabili) non ci risulta esista un partner commerciale in Italia, parleremo solo delle realizzazioni dei due grandi vendor globali.
- Evoluzione e sintesi delle precedenti offerte CloudSystem e Matrix, CloudSystem Matrix di Hp è una piattaforma multitenant e application-agnostic per l’erogazione in un ambiente cloud privato o ibrido di servizi It infrastrutturali. In pratica, tramite un portale self-service si possono attivare strumenti integrati per il provisioning e la gestione del ciclo di vita dei servizi che ottimizzano l’infrastruttura e ne gestiscono le risorse in modo da mantenere il livello di servizio desiderato e garantirne l’uptime. Tecnologicamente, tramite l’ambiente operativo Matrix la soluzione Hp supporta più hypervisor (Vmware vSphere, Ms Hyper-V, Red Hat Kvm e, ovviamente, Hp Integrity Virtual Machines) e anche workload non virtualizzati.
Con queste caratteristiche il CloudSystem Matrix rappresenta una soluzione di rapido impiego sia per l’impresa sia, in quanto multi-utente, per gli hosting provider. Come per le soluzioni di converged infrastructure Hp fornisce inoltre templates predisposti per le più tipiche operazioni e assiste l’utente con servizi on-site per il loro deployment. E se le risorse del cloud privato non sono adeguate, CloudSystem Matrix può passare i carichi di lavoro su ambienti cloud esterni (cloud-bursting), presso la stessa Hp ma anche presso Amazon Web Services e altri fornitori. Un aspetto notevole della tecnologia Hp, che aiuta la capacità di cloud-bursting, è la mappatura del servizio (Cloud Map), in pratica un super-template che contiene tutti i metadati per il deployment dell’infrastruttura, fisica e virtuale, nonché le certificazioni dei partner sofware indipendenti coinvolti.
- Come anticipato parlando dei PureSystem, Ibm ha sviluppato il concetto di integrazione e ingegnerizzazione che è alla base nell’offerta dei PureApplication System. Comprende due famiglie (W1500 con processori Intel Xeon e W1700 con processori Power 7) per un totale d’una dozzina di modelli. In questi sistemi alla tecnologia PureFlex sono stati aggiunti quelli che potremmo definire ‘schemi di comportamento’ (pattern) che rappresentano il valore aggiunto dell’indubbia expertise Ibm nell’erogazione dei servizi It. In pratica, questi schemi permettono di progettare e definire l’intero stack infrastrutturale e applicativo relativo a un servizio in una sorta di template che può essere memorizzato in una library centrale e ripreso dai responsabili delle operazioni al momento dell’erogazione del servizio per essere completato con i nomi, gli indirizzi fisici dei nodi e altre istanze specifiche all’utente. Il concetto è molto simile alle Cloud Map di Hp, ma secondo Forrester i pattern Ibm sono più completi nel dettagliare il comportamento nel runtime, ad esempio incorporando regole e comportamenti di scaling e high availability definite dall’utente. Come Hp, anche Ibm fornisce pattern di riferimento per i compiti più comuni e supporto per soluzioni di terze parti, oltre che ovviamente per le proprie. A questo proposito Forrester osserva come Ibm stia rapidamente costruendo un ecosistema di partner in grado di sviluppare essi stessi dei pattern per i suoi sistemi.