Il business digitalizzato richiede alla base infrastrutture flessibili, in grado di scalare rapidamente e supportare i servizi innovativi nei tempi e nelle modalità richieste dalle Lob. Il webinar Data Center: tutti i passi verso la trasformazione software defined e cloud, organizzato da ZeroUno con Softway (azienda di servizi informatici lombarda), Cisco e NetApp, ha indicato i passi necessari all’evoluzione del datacenter in ottica software-defined e cloud, per guadagnare agilità ed efficienza.
“Time to value, prestazioni e flessibilità – esordisce Alessandra Zamarra, giornalista di ZeroUno – sono obiettivi ormai fondamentali per qualsiasi infrastruttura It, che possono essere soddisfatti attraverso il ricorso a cloud, sistemi convergenti, open standard e architetture software defined. Ma quali sono gli step necessari per affrontare questo percorso di trasformazione, sotto il profilo tecnologico, organizzativo e delle competenze?”
Infrastrutture in cerca di flessibilità
A sostanziare il quadro è Massimo Ficagna, Senior Advisor dell’Osservatorio Enterprise Application Governance della School of Management del Politecnico di Milano. “La tecnologia è in grado di sostenere la digital disruption (a parità di costo, la potenza di calcolo raddoppia ogni 18 mesi e la capacità di storage ogni 12) – afferma -, ma è più complicato portare avanti la trasformazione dei business model che i nuovi fenomeni It abilitano”. Per non perdere competitività in un mercato effervescente, le aziende devono lanciare prodotti e servizi innovativi, chiedendo all’It supporto rapido ed efficiente. “Le metodologie Agile e DevOps per lo sviluppo applicativo – spiega Ficagna – soddisfano le richieste di velocità di risposta, ma richiedono sistemi flessibili a supporto”. Virtualizzazione, cloud, architetture software-defined, soluzioni (iper)convergenti sono le vie praticabili per la revisione delle infrastrutture all’insegna della flessibilizzazione.
“Il software defined datacenter – chiarisce Ficagna – sfrutta la virtualizzazione delle componenti di computing, storage e rete, nonché uno strato superiore di Api, che rendono possibile la gestione centralizzata da un’unica console degli asset, introducendo elementi di automazione. Queste logiche si inseriscono anche a bordo delle appliance convergenti, che integrano risorse di elaborazione, archiviazione e network”.
Ficagna fa notare che il mercato si muove verso soluzioni ibride: se le startup possono partire direttamente con il cloud, le aziende medio-grandi optano per la razionalizzazione dei sistemi interni, facendo ricorso alla nuvola pubblica solo per alcune applicazioni. Secondo l’Osservatorio Cloud & Ict as a service del Politecnico di Milano (che ha coinvolto 75 grandi organizzazioni), le intenzioni di spesa per il futuro si concentrano innanzitutto su virtualizzazione dell’infrastruttura, centralizzazione e consolidamento del datacenter, attivazione di servizi di internal cloud infrastrutturale; a seguire, la sperimentazione di soluzioni SaaS dall’esterno. In chiusura di intervento, Ficagna mette sul piatto driver e criticità dell’evoluzione infrastrutturale: da un lato, semplificazione di gestione, efficienza e agility, dall’altro, necessità di visione architetturale, standardizzazione di risorse e procedure, maturazione di skill interni, oneri e complessità dell’intervento.
Un esempio di sistema convergente
La trasformazione, se pur non facile, è comunque necessaria, sostiene Luigi Marcocchia, Presidente di SoftWay: “Per supportare il business digitale, l’It deve acquistare velocità, semplicità, scalabilità. Le infrastrutture integrate offrono queste tre caratteristiche, minimizzando i rischi perché testate e validate dai produttori. Pertanto, i sistemi convergenti possono rappresentare una valida alternativa per processi di datacenter transformation, supporto di applicazioni specifiche e implementazione di nuovi servizi e funzionalità”. Un esempio di sistema convergente è FlexPod, un’architettura unificata di computing, rete e storage, che combina le soluzioni NetApp (memorie Flash e tradizionali, con software di data management e disaster recovery) con le tecnologie Cisco (server, switch, architettura basata su applicazioni). “FlexPod – sottolinea Marcocchia – ha un break even point fissato a 17 mesi nel 76% dei casi, beneficia delle performance di sistemi storage di ultima generazione che accelerano la gestione dei database, offre agilità grazie all’architettura di rete policy-oriented e alle componenti di computing Cisco, garantisce l’utilizzo e l’upgrade di memorie Flash al prezzo dei dischi tradizionali”.
Cloud e convergenza: come e perché
I punti salienti della tavola rotonda virtuale, animata dalle domande degli utenti, si sono concentrate sia sul cloud journey sia sugli aspetti tecnici di FlexPod. Il poll lanciato durante la diretta evidenzia la consapevolezza del pubblico circa i vantaggi derivanti dalle soluzioni convergenti, in particolare la flessibilità e l’efficienza. Le perplessità rimangono sulla full cloudification e l’abbandono del legacy. A questo proposito Marcocchia specifica: “Non esiste una ricetta unica, o tutto fuori o tutto dentro, ma il cloud va affrontato secondo le specificità del caso. Compito di un partner come Softway è proprio quello di aiutare il cliente a individuare e implementare il corretto mix architetturale”.
“Alcune aziende avevano pensato di portare tutto all’esterno – interviene Roberto Patano, Senior Manager Systems Engineering di NetApp Italia -, ma sono tornate indietro. Per alcuni workload, il cloud non si rivela la soluzione più conveniente e il giusto mix tra dentro e fuori dipende dal business. L’obiettivo comunque è un It ibrido”.
La sicurezza, dalle domande dei partecipanti, è stato un altro argomento di interesse: come viene garantita all’interno di FlexPod? “Con apparati hardware specifici e software analitici sviluppati ad hoc per esaminare le questioni legate alla security – dice Alberto Degradi, Regional Sales Manager – Leader DC and EN sales di Cisco -. Il controller Apic, inoltre, gestisce gli apparati di rete, tra cui le componenti di sicurezza”. “Inoltre – aggiunge Patano – i dati sono replicati su siti geograficamente distanti, a garanzia dell’alta affidabilità”.
L’ultimo aspetto discusso riguarda i vantaggi di FlexPod rispetto a capacità di storage e risparmio energetico. “Grazie al sistema operativo Clustered Data Ontap, che permette ad esempio meccanismi di deduplica e compressione, è possibile recuperare fino all’80% di efficienza storage – afferma Patano. “Nella nostra esperienza – conclude Marcocchia -, con l’introduzione di FlexPod abbiamo riscontrato vantaggi notevoli rispetto ai costi energetici perché si riduce la necessità sia di alimentazione sia di conseguente raffreddamento”.