In ogni azienda, il patrimonio applicativo ha un ruolo strategico, ma per mantenere o migliorare i livelli di efficienza deve potersi “adattare” ai cambiamenti; sia quelli del business, sempre più dinamico e mutevole, sia quelli dell’It. Le nuove architetture come Soa o le piattaforme Web 2.0, nonché le nuove modalità di fruizione della tecnologia secondo il modello “as a service/cloud”, impongono, di fatto, una revisione del patrimonio applicativo che fa capo al dipartimento It stesso. Revisione che spesso parte da un’altra consapevolezza: le applicazioni aziendali consumano ancora molte risorse economiche e umane. Per questi motivi, sono ormai molte le aziende che hanno scelto di intervenire con scelte e approcci diversificati.
Cosa fanno oggi le aziende italiane
Di questi temi abbiamo discusso a fine gennaio a Milano nel corso di un Executive Dinner organizzato da ZeroUno in collaborazione con NetConsulting e Micro Focus con l’obiettivo di creare un’opportunità di riflessione e di dialogo che ha trovato i primi spunti dai dati di una recente ricerca effettuata da ZeroUno in collaborazione con NetConsulting su un campione significativo di imprese (il cui estratto è stato pubblicato nel numero di marzo di ZeroUno) “Tra le misure adottate dalle aziende italiane nel 2009 per far fronte al periodo di crisi economica spiccano tre importanti voci”, esordisce Annamaria Di Ruscio, direttore generale e partner di NetConsulting. “Ottimizzazione e automazione dei processi (76,2%); riduzione e monitoraggio dei costi (59,1%); miglioramento delle relazioni con i clienti (28,6%)”.
Se il focus delle aziende è su ottimizzazione e savings, quali azioni intendono intraprendere sul versante applicativo?“Dall’analisi del panel emerge come in prevalenza le aziende hanno perseguito due percorsi principali: oltre l’86% delle aziende ha utilizzato una strategia basata sull’acquisizione di nuove applicazioni e sull’integrazione tra applicazioni esistenti (volta alla generazione di nuove funzionalità) mentre il 61% delle aziende ha indicato la presenza di un’attività più limitata e volta al mantenimento (correttivo e piccolo-evolutivo) del parco applicativo già presente in azienda”, spiega l’analista di NetConsulting. “Meno del 30% delle aziende ha indicato invece un’attività di ottimizzazione derivante da momenti di discontinuità, come ad esempio un cambio del linguaggio di programmazione o migrazione applicativa su differenti piattaforme hardware (re-platforming)”.
Presente inoltre, sia a livello globale, e in particolare nelle grandi aziende, la necessità di ottimizzare il parco applicativo in seguito a dismissioni di tecnologie divenute obsolete ma anche la presenza di un processo di razionalizzazione e omogeneizzazione delle tecnologie presenti in azienda.
Italo Candusso, It manager di Bomi Italia, società che offre servizi di logistica in outsourcing, interviene sottolineando come a suo avviso, “il patrimonio applicativo di un’azienda è il risultato dell’evoluzione stessa dell’azienda, viene cioè anche dall’insieme di regole di business costruite in anni di cambiamenti e percorsi di sviluppo. Nel nostro caso, per esempio, sposiamo la strategia di “aprire” le applicazioni e dotarle di nuove funzionalità soprattutto legate al web. Si tratta di un approccio apparentemente tattico che però ha insita la visione strategica legata alla maggior flessibilità, dinamicità, velocità e quindi maggior efficienza che si cerca sempre di migliorare”.
“Nel nostro caso abbiamo abbracciato il web perché era l’unico mezzo flessibile, dinamico e immediato che avevamo per poter impostare un portale di condivisione della conoscenza e partecipare così alle gare internazionali più qualificati”, dice Piergiorgio Buongiovanni, Ict manager e responsabile qualità, processi e metodologie in Net Engineering International, gruppo che interviene con studio, pianificazione, progettazione e realizzazione di opere in settori come territorio, ambiente, trasporti, sicurezza stradale, urbanistica, ecc. “Per arrivare ad avere questa ‘super applicazione’ (cioè il portale web) abbiamo lavorato molto sull’integrazione facendo scelte di open source”.
Assessment: sembra facile ma…
“Andando ad analizzare nel dettaglio la capacità delle aziende di conoscere lo stato del parco applicativo (inteso come qualità, difettosità, codice morto ecc.) emerge come solo poco più del 28% del panel ha avviato assessment approfonditi sulla totalità delle applicazioni mentre un altro 25,5% ha avviato tale processo limitatamente alle applicazioni core”, illustra Di Ruscio.
Il trend è stato confermato durante la tavola rotonda da diversi Cio intervenuti che hanno sottolineato come, nei casi in cui si riesca a fare un assessment (cosa né così immediata né facile), vengano principalmente considerate le funzionalità delle applicazioni e le relazioni presenti con il business stesso dell’azienda, oltre che il grado di integrazione tra gli applicativi stessi e i costi di manutenzione.
Sulla tematica dell’assessment e di quanto sia importante il “punto di partenza” interviene anche Piero Iannarelli, country manager di Micro Focus Italia: “Nelle medie e grandi aziende, di solito, è maggiore la quota di chi svolge le attività di assessment su tutto il parco applicativo rispetto a chi dedica tale attività alle sole applicazioni core. Le aziende più grandi sono ben strutturate e organizzate e hanno un It che solitamente ha esperienza e skill adeguati per capire il livello di ‘caos applicativo’ sul quale fare tutti i dovuti ragionamenti. Nelle piccole realtà, invece, c’è un It che fatica a seguire la creatività del business. Guardando la situazione dal punto di vista strettamente applicativo, la grande azienda non sa più di quali soluzioni dispone e quindi cosa potrebbe esserle utile per evolvere (ecco perché deve fare l’assessment); la piccola impresa ha tante idee e cambia in continuazione e quindi l’It non sa bene cosa potrebbe servire per supportare questa dinamicità. Sono sfaccettature di una medesima problematica che partono da una esigenza comune: modellare l’It per rispondere al business. E in questo quadro si inserisce la modernizzazione come strumento di ottimizzazione e riduzione dei costi, da un lato, e innovazione e flessibilità, dall’altro”.
Anche con scelte tattiche, si guarda al futuro
Le principali strategie che le aziende adottano nel processo di ottimizzazione del parco applicativo sembrano indicare, sia ad una prima lettura dei dati della ricerca sia dalle opinioni espresse dai Cio intervenuti alla serata, una continuità con quanto fatto fino ad oggi (mantenimento ed ottimizzazione evolutiva). A tal proposito interviene Ignazio Maria Renda, Cio di Torno Internazionale (al momento della realizzazione dell’evento a fine gennaio. Attualmente il manager è in fase di transizione verso una nuova realtà), global contractor nel mercato delle costruzioni, secondo il quale “avere una visione strategica sulle applicazioni è pressoché impossibile, non tanto per quanto riguarda l’assessment iniziale quanto nelle previsioni future. Capire dove si arriverà con le applicazioni implementate è difficilissimo. A livello di architetture è più facile perché è possibile fare scelte di scalabilità a priori e disegnare un’evoluzione abbastanza precisa. Con le applicazioni è più difficile ed è il motivo per cui oggi ci ritroviamo con un parco applicativo fatto a puzzle, con tante customizzazioni, con tante applicazioni che risiedono a livello dipartimentale, ecc.”.
Alessandro Cagnola, responsabile sistemi informativi della Compagnia Generale Trattori che vende, assiste e noleggia prodotti per il movimento terra e l’estrazione mineraria, sottolinea come nella sua realtà “modernizzare per ora fa rima con webbizzare; la modernizzazione per noi è una soluzione tattica perché dobbiamo ringiovanire, portare a livello di web l’AS400”. Anche Giovanni Barassi, Cio di Jupiter Finance, società finanziaria specializzata nell’acquisto e gestione di asset non performing, è concorde e ritiene che l’approccio debba “essere quotidiano altrimenti poi ci si ritrova a fare operazioni di stravolgimento poco comprese e soprattutto poco accettate dal top management”.
“Nelle piccole e nelle medie aziende si rileva, sempre confrontato con quanto fatto sino ad oggi, una maggiore propensione alla modernizzazione del parco applicativo mentre nelle grandi aziende è significava (58%) l’attività di razionalizzazione e omogeneizzazione delle parco applicativo installato, il cui problema principale risulta essere una complessa gestione”, conferma il direttore generale di NetConsulting.
Simone Bosetti, responsabile Ict e organizzazione di Dkv Salute, compagnia di assicurazioni specializzata nel settore salute, pone infine l’accento su un importante aspetto: “Anche a livello applicativo, il primo pensiero che un’azienda deve fare è “qual è il mio modello di business: cosa voglio fare e come lo voglio fare? Il vero punto di partenza è dunque dal business. Spetterà poi all’It fare le giuste scelte tattiche che, inserite all’interno del disegno strategico dell’azienda, possano dare risposte concrete. Un esempio viene dalla Soa che cambia il modo con cui l’It opera passando da un approccio bottom-up a un approccio top-down dove i web services non sono altro che gli abilitatori di una strategia più ampia”.
Demand management: utile ma non facilmente attuabile
La discussione è quindi arrivata a uno degli aspetti fondamentali insiti nei progetti di modernizzazione applicativa: il demand management (che racchiude poi altri temi come il rapporto con le Lob). “Nelle piccole aziende, che raramente adottano strutture di demand management, le esigenze per la modernizzazione applicativa emergono nel momento in cui le inefficienze ed i malfunzionamenti sono evidenti e in un certo modo stanno già influendo sul regolare svolgimento dell’attività – interviene Stefano Uberti Foppa, direttore di ZeroUno -. Con il crescere della dimensione aziendale, di solito, aumenta la presenza e l’importanza di apposite strutture di demand management, le più coinvolte in quest’attività dalle grandi aziende, che recepiscono, analizzano e tramutano in piani d’azione, le customer experience degli utenti delle soluzioni applicative. Quali sono nelle vostre esperienze le modalità di emersione delle esigenze di modernizzazione applicativa?”, chiede Uberti Foppa agli It manager. “La mia realtà è abbastanza atipica – risponde Giovanni Hoz, direttore sistemi informativi dell’Azienda Ospedaliera San Gerardo di Monza – portare l’attenzione su tematiche It è complesso; il focus dell’azienda è sulla cura del paziente, quindi gli interventi It più compresi sono quelli che hanno un impatto diretto sul trattamento e la gestione finale del paziente clinico. Da questo punto di vista, grande importanza, attenzione e forte spinta viene, nel nostro caso, dalle normative che si ripercuotno anche sui livelli applicativi”.
“Per noi è molto importante recepire le esigenze delle nostre associate – incalza Pamela Naldi, Ict e sistemi informativi di Federazione Lombarda Bcc che costituisce l’organismo associativo di secondo grado delle Banche di Credito Cooperativo della regione Lombardia – . Siamo molto particolari come realtà e non abbiamo nulla a che fare con il credito “tradizionale”. Per noi la comprensione delle esigenze delle associate è di vitale importanza e rappresenta un aspetto strategico su cui poniamo la massima attenzione. Infatti siamo poi noi, come realtà associativa, a dover trasferire ai vendor i nostri bisogni”.
“Mi ritrovo nei trend e nelle statistiche e credo che uno degli elementi principali su cui ragionare in un progetto di modernizzazione delle applicazioni sia l’esigenza dell’utenza aziendale – osserva Stefano Brambilla, incaricato sistemi informativi di Intesa Sanpaolo -. Se c’è un buon demand management allora la modernizzazione viene bene; se invece c’è scollamento la modernizzazione è difficile; non dico che non si possa fare; si fa, ma poi i risultati in termini di efficienza non sono quelli attesi. Nel nostro caso il business è stato molto sensibile al calo dei costi quando abbiamo rivisto le piattaforme hardware, perché siamo riusciti a dimostrare esattamente quanto avremmo speso per il progetto e quanto avremmo risparmiato rispetto alla situazione iniziale. Credo che nella modernizzazione il riuscire a dimostrare chiaramente questi elementi sia più difficile”.
“In questo momento il top management è soggetto al cambiamento e quindi parla di più con l’It”, sottolinea Michele Pittoni, direttore corporate organizzazione Ict di Isagro, operatore a livello mondiale nel settore degli agrofarmaci. “Come Cio dobbiamo focalizzarci sull’architettura e lo sviluppo modulare di strumenti che consentano al business di svolgere il proprio lavoro”. È proprio nel concetto di modularità riferita all’area applicativa che molte realtà aziendali attuano il processo di modernizzazione.
“Nella nostra esperienza, l’interlocutore primario è quasi sempre il business”, riporta Stefano Dal Bosco, responsabile vendite dirette e alleanze strategiche di Micro Focus. “Micro Focus risponde certamente alle problematiche architetturali, fornendo piattaforme che permettono poi la modernizzazione delle applicazioni, ma serve sempre disporre di una chiara comprensione dall’alto (anche perché ci sia poi l’adeguata sponsorship al progetto)”.
“Nella nostra esperienza è il top management a spingere, grazie anche al fatto che l’It fa parte del consiglio di amministrazione”, enfatizza Maurizio Agazzi, direttore sistemi informativi di Robur, azienda che realizza impianti per riscaldamento, condizionamento e refrigerazione. “Nel mio caso parlare di modernizzazione significa scegliere un approccio più sistemico e architetturale. Cambiando l’architettura sottostante, per esempio, siamo riusciti a recuperare tutto il parco applicativo vecchio (perché era in Cobol, linguaggio che ci ha sempre garantito efficienza, stabilità e affidabilità). Siamo riusciti ad avere applicazioni web 2.0 efficienti e interoperabili andando a lavorare sulle architetture sottostanti”.
Perché modernizzare?
“Nel nostro caso parliamo di evoluzione più che di modernizzazione perché il gruppo ha acquisito diverse società che hanno stravolto il business aziendale tradizionale”, precisa Chiara Letizia Ballari, direttore sistemi informativi di Gestafin, gruppo operante nel ramo assicurativo-finanziario. “Nel mio caso l’esigenza primaria è fornire agli utenti aziendali gli strumenti adeguati per svolgere le loro funzioni che può anche significare, per esempio, garantire una maggiore disponibilità delle applicazioni”.
“Obiettivi mediamente importanti riguardano anche la volontà di ottenere, attraverso una modernizzazione del parco applicativo, una riduzione sensibile dei costi di application management oltre a una riduzione dei tempi di risoluzione dei malfunzionamenti e l’incremento della capacità di diagnosi preventiva delle stesse”, invita a riflettere Uberti Foppa, portando all’attenzione del tavolo, per concludere la serata un punto finale: “I principali fattori che stanno spingendo le aziende nell’attività di modernizzazione del parco applicativo vanno ricercati, con dati pressoché identici a livello dimensionale, nella necessità di incrementare il livello di servizio (e quindi di soddisfazione) degli utenti delle applicazioni, associando quindi una maggiore disponibilità delle applicazioni stesse. Oltre al controllo dei costi, quindi, va assumendo sempre maggiore rilevanza la capacità, per l’It, di dare le giuste risposte ai diversi stakeholder aziendali”.
I protagonisti dell’evento di ZeroUno
Questi i manager che hanno partecipato alle due tavole rotonde di ZeroUno.
_Maurizio Agazzi, Direttore / Responsabile Sistemi Informativi di Robur
_Alberto Alliata, Direttore / Responsabile Sistemi Informativi di Caleffi
_Chiara Letizia Ballari, direttore sistemi informativi di Gruppo Gesafin
_Giovanni Barassi, CIO di Jupiter Finance
_Simone Bosetti, Responsabile ICT e organizzazione di DKV salute
_Stefano Brambilla, Technical Manager Direzione Risk Management di Intesa Sanpaolo
_Piergiorgio Buongiovanni, Responsabile qualità, processi e metodologie di gruppo (NET Engineering International SPA) e ICT Manager NET Engineering di NET Engineering International S.p.A.
_Alessandro Cagnola, Direttore / Responsabile Sistemi Informativi di Compagnia Generale Trattori
_Italo Candusso, IT Manager Italy di Bomi Italia
_Alessandro Carbone, Responsabile progetti area tecnologica e ricerca di Don Gnocchi Sistemi
_Aurelio Carlone, marketing manager Italy di Micro Focus
Andrea Cervino, Responsabile Ict di Manpower
_Stefano Dal Bosco, responsabile vendite dirette e alleanze strategiche di Micro Focus
_Giovanni Hoz, Direttore / Responsabile Sistemi Informativi di Azienda Ospedaliera San Gerardo di Monza
_Pierdomenico Iannarelli, country manager di Micro Focus Italia
_Fabio Mattaboni, Direttore / Responsabile Sistemi Informativi di Call e Call
_Pamela Naldi, Responsabile di funzione Ict e sistemi informativi di Federazione Lombarda BCC
_Michele Pittoni, Direttore Corporate Organizzazione Ict di Isagro
_Ignazio Maria Renda, Cio di Torno Internazionale (al momento dell’evento)
_Roberto Riello, Consulente Ict e sistemi informativi di Federazione Lombarda BCC
_Stefano Volante, Senior Manager It advisory di Kpmg
Micro Focus, carta d’identità
Micro Focus è una società di software che offre soluzioni per la modernizzazione e la valorizzazione del patrimonio applicativo aziendale. Fondata nel 1976, l’azienda mette a disposizione soluzioni specifiche per lo sviluppo, la gestione, la manutenzione, la distribuzione e la modernizzazione di applicazioni enterprise in ambienti mainframe, PC e open. Sfruttando le più recenti tecnologie, Micro Focus propone soluzioni di Enterprise Application Management & Modernization volte in particolare a migliorare la produttività degli sviluppatori di applicazioni e per avvantaggiarsi dei servizi Web modernizzando le applicazioni esistenti o migrando da ambienti legacy a piattaforme standard.