Efficienza IT: il valore dei sistemi convergenti

Le tradizionali modalità di gestione dell’IT sono sempre meno efficaci rispetto ai nuovi contesti di business. La scelta della virtualizzazione, di per sé, non è più sufficiente a garantire flessibilità ed efficienza. I sistemi convergenti sono un elemento di forte accelerazione per ridurre l’organizzazione “a silos” in cui si sono sviluppati negli anni i sistemi informativi aziendali. La società di analisi Frost & Sullivan spiega l’efficacia di queste piattaforme nel disegno di nuovi ambienti informativi sempre più flessibili e business oriented.

Pubblicato il 21 Gen 2015

Dettate un po’ dalla pressione della crisi economica degli ultimi anni, molte aziende hanno visto nell’IT il reparto numero uno verso il quale indirizzare i tagli di spesa chiedendo però al contempo miglioramenti sul piano dell’efficienza dei sistemi in rapporto ad una loro maggiore capacità di supportare nuove esigenze di business.

Per raggiungere i livelli di efficienza necessari, la maggior parte delle aziende ha scelto la virtualizzazione quale strada prioritaria. Peccato che la semplice aggiunta di un hypervisor ai server esistenti non sia sufficiente per ottenere quell’efficienza di costi e processi di cui hanno oggi bisogno le aziende. Il consolidamento dei carichi di lavoro sull’hardware esistente può garantire certo qualche risparmio sul budget, ma non può rappresentare, da solo, la risposta di innovazione tecnologica per il futuro dell’impresa.

A dirlo è la società di analisi Frost & Sullivan che in un documento dedicato allo studio dei Converged Systems esamina le principali sfide affrontate oggi dai reparti It, evidenziando l’inadeguatezza di configurazioni, processi e organizzazioni tradizionali (legacy) nella gestione di un IT che sempre più deve essere efficace (e non solo efficiente) per il business.

“Per trasformare il reparto IT (e l’intera azienda) in un ambiente agile, flessibile, economicamente vantaggioso e basato su metriche misurabili è necessario un cambiamento delle modalità operative”, si legge nel report. “Sono necessari nuovi processi efficienti, modifiche organizzative profonde e anche nuove mansioni per i responsabili IT e i business manager. Dovranno essere implementate quelle soluzioni che permettano all’IT di abbandonare le operazioni di manutenzione personalizzata dell’infrastruttura e dedicarsi ai ‘problemi’ e ai risultati essenziali per il business. Soluzioni in grado di automatizzare le attività e semplificare l’amministrazione, garantire visibilità per il monitoraggio delle prestazioni e l’allocazione delle risorse e sostituire gli interventi manuali che richiedono molto lavoro con sistemi semplici e ripetibili”. Se questa è ormai oggi una esigenza chiara, la complessità per raggiungere questo scenario è però non indifferente. Una delle principali azioni che la società di analisi consiglia di mettere in campo riguarda i cosiddetti sistemi a infrastrutture convergenti. Per spiegare il perché, la società di analisi prende in esame le scelte di virtualizzazione effettuate da alcune aziende (monitorate e intervistate direttamente da Frost & Sullivan) traendone alcune interessanti conclusioni: “E’ accertato che la semplice virtualizzazione non può garantire l’efficienza e l’ottimizzazione dell’IT; il valore ricavato dal data center virtualizzato deriva non tanto dalla tecnologia in sé, quanto dal modo in cui viene configurata tutta l’infrastruttura del data center. Anche attraverso la virtualizzazione, possono essere necessari mesi per creare un’infrastruttura che supporti i requisiti di business, e comunque non è la virtualizzazione in sé risolvere le inefficienze presenti nei modelli operativi e organizzativi”.

Tutti limiti che, secondo l’analista, possono essere superati attraverso una scelta la quale, seppur sempre in chiave tecnologica, genera una ricaduta sui processi e sui modelli organizzativi che ‘regalano’ al reparto IT in primis maggior efficienza. “Con un sistema convergente, l’hardware, le piattaforme fondamentali e il software applicativo – riportiamo testualmente le parole scritte nel report di Frost & Sullivan – non sono solo ‘strati’ sovrapposti tra loro (come comunemente si tende a ritenere), ma in realtà interagiscono a più livelli. In una configurazione non convergente e ‘fai da te’, l’hardware non ‘conosce’ le specifiche piattaforme e il software in esecuzione. Le interazioni avvengono quindi ad alto livello e, anche se i bit di dati passano tutti attraverso l’interfaccia hardware, non è possibile interpretare tutte le istruzioni. Di conseguenza le prestazioni delle applicazioni potrebbero non essere ottimali e le piattaforme di gestione potrebbero non essere in grado di raccogliere ed elaborare tutti i dati per i quali erano state concepite. Al contrario, in un sistema convergente, gli elementi hardware e software sono progettati per interagire tra loro. Nei sistemi convergenti più sofisticati, i tecnici esperti in infrastrutture, piattaforme e software attivi in vari reparti e aziende possono condividere specifiche e condurre test congiunti per ottimizzare le prestazioni, garantire l’affidabilità, aumentare la visibilità e semplificare la gestione”.

La società nel suo report si spinge oltre l’analisi tecnologica e i benefici in termini di efficienza che possono derivare dall’adozione di un sistema convergente ed offre un’attenta disamina anche dei vantaggi garantiti sul piano dell’ottimizzazione operativa: “Con un sistema convergente – scrive Frost & Sullivan – si è quasi obbligati a eliminare i silos che dividono le squadre di responsabili IT dello sviluppo delle applicazioni da quelli dell’infrastruttura”.

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