Creare un ponte tra la vista degli utenti rispetto ad applicazioni e servizi tecnologici e la vista delle It operations focalizzata sulle infrastrutture. È ciò che ‘promette’ il Business service management (Bsm), approccio metodologico e piattaforma tecnologica che consente di mappare i servizi It a supporto del business con le componenti tecnologiche necessarie alla loro erogazione e gestione.
Forrester Reserach, infatti, definisce il Bsm quale ‘concept’ “che connette in modo dinamico i servizi It ‘business-focused’ (cioè a diretto supporto del business) con le sottostanti infrastrutture It”. Da questa definizione si intuisce immediatamente il valore strategico del Bsm, che consente di avere informazioni utili rispetto all’efficacia dei servizi erogati dal Dipartimento It e di ‘testare’ il reale allineamento tra informatica e business, ossia le fondamenta su cui si costruisce quella che la stessa Forrester ha definito qualche anno fa Business technology, per indicare l’evoluzione in atto sul fronte dell’It: non più solo un fatto di gestione delle informazioni, ma una strategia nella quale la tecnologia sia veramente utilizzata per raggiungere obiettivi di business e, al tempo stesso, il business sia attivato da una forte innervazione digitale nei processi.
La ‘promessa’ del Bsm, dunque, è quella di offrire all’It una visibilità maggiore non solo rispetto all’efficienza tecnologica, ma anche, e soprattutto, rispetto al punto di vista dei servizi di business e, quindi, sull’efficacia della gestione dei processi It rispetto alle esigenze aziendali. In altre parole, potremmo considerare il Bsm la via per migliorare la gestione It portando nuova ‘intelligenza’ nei prodotti software di It management; tale ‘intelligenza’ deriva dalle informazioni aggiuntive che arrivano dalla ‘prospettiva utente’, ossia da coloro che accedono ai servizi It e utilizzano le soluzioni messe a disposizione dai dipartimenti informatici per svolgere varie mansioni (di business).
Secondo la visione di Forrester, il Configuration management database (Cmdb) è il cuore centrale di un sistema di Bsm, dato che rappresenta il repository centrale dei dati inerenti i servizi, i componenti It e le loro relazioni/interazioni. E benché le tecnologie di application mapping e di Cmdb siano in continua evoluzione, il Bsm quale approccio metodologico annovera sotto il suo ombrello tutti i tipi di processo di service management.
Gestione completa del servizio, non solo delivery
Il Bsm, di fatto, non può esistere senza una mappa delle relazioni tra servizi e infrastrutture. Il mapping delle applicazioni e delle correlazioni che esistono tra queste e le infrastrutture Ict è la base da cui partire per il delivery dei servizi applicativi e rappresenta il ‘bridge’ essenziale tra It e business, costruito grazie al Bsm. Un’applicazione, sottolinea Forrester in una sua recente analisi (Business Service Management Beyond 2012), può essere modellata anche dopo aver definito le sue dipendenze/correlazioni con i sistemi sottostanti ed è questa nuova ‘intelligenza’ che porta a una gestione più efficiente dei processi It rispetto a quelle che sono le aspettative e le richieste del business.
E proprio per questa capacità di monitoraggio, controllo e gestione che Forrester ritiene oggi il Bsm un framework di valore strategico costruito attraverso un ricco insieme di tecnologie (gestione dei processi di workflow e delle interfacce utente; provisioning, deploy, automazione di servizi e processi; monitoring delle infrastrutture e dei servizi di business; governance sempre più in chiave Business Technology; gestione e controllo dei costi e delle risorse finanziarie) a supporto dell’intera gestione dei business services e non solo una piattaforma per migliorarne il delivery (figura 1).
Cmdb: facile a dirsi, meno a farsi
Come abbiamo visto, Forrester ritiene il Cmdb il cuore tecnologico che sta alla base di un corretto approccio al Bsm. Tuttavia, da un’indagine condotta dalla società americana negli Stati Uniti su un panel di circa 500 It professionals, pare che solo il 24% dei professionisti It si ritenga soddisfatto dello stato attuale del proprio Cmdb. Oltre il 39% dichiara di essere impegnato in una revisione del sistema di configuration management e il 12,6% dichiara addirittura di non percepirne il valore (figura 2).
Secondo Forrester le cause sono da ricercare nell’errato approccio metodologico. Innanzitutto, scrivono gli analisti Jean-Pierre Garbani e Eveline Oehrlich, il Cmdb è un mezzo tecnologico finalizzato a uno scopo, non il fine in sé. In secondo luogo, il Cmdb va considerato all’interno di un’ampia visione tecnologica che consente di evitare inutili silos costruiti attorno ai singoli processi (approccio che richiede però che i dati siano sempre aggiornati, monitorati e gestiti adeguatamente). Invece, approcci e visioni di questo tipo hanno portato le aziende ad avere strutture di Cmdb ‘imperfette’ che contengono informazioni incomplete e non sufficienti per realizzare un efficace sistema di governo dei business services.
Dalle indagini svolte, secondo gli analisti due sono le importanti considerazioni che emergono:
1) il Cmdb non descrive i servizi di business: in alcune realtà il business service rappresenta un’applicazione, a volte solo una parte di essa, a volte componenti diverse (batch e online application). Il tipico application discovery che popola il Cmdb, scrivono i due analisti, è basato sul controllo del network, e nient’altro. Questo significa che le correlazioni sono analizzabili solo per le applicazioni online o per le componenti applicative basate su web;
2) il Cmdb application mapping non è sufficientemente granulare: questo per via delle carenti informazioni contenute nei Cmdb, da un lato, ma anche a causa della mancata integrazione dei Cmdb con i sistemi di application monitoring. Le soluzioni di application performance management (Apm), ad esempio, devono lavorare al livello di transazioni, un subset delle applicazioni che non si trova negli attuali Cmdb. Questo genera una nuova famiglia di soluzioni per il discovery (analisi e individuazione delle dipendenze) completamente scollegate e indipendenti dal Cmdb, ma già integrate nelle piattaforme di Apm. In questo caso, il mapping che effettua l’Apm è fine a sé stesso, nel senso che consente poi di intervenire sul fronte del release management o del change management delle applicazioni, ma non sul fronte del Bsm. Collegare queste informazioni a un sistema di Bsm non è impossibile, ma si tratta di interventi tecnologici molto complessi.
La ‘salvezza’ nel Cms
Fortunatamente i framework metodologici come Itil3 vengono in aiuto. In questo caso la ‘salvezza’ viene dai cosiddetti Configuration management system (Cms), che consentono di strutturare un sistema di Bsm efficace bypassando il problema del Cmdb. In particolare, i Cms permettono di implementare i sistemi di data store in una prima fase, producendo già valore sul fronte It; la federazione con i dati provenienti dall’analisi di processi (dalla quale ricavare il mapping necessario per strutturare il sistema di Bsm) può avvenire in un secondo momento. Un approccio di questo tipo, non solo permette di rendere più snella la costruzione di un repository di configuration management, ma consente una granularità maggiore sui dati (dal processo di business è possibile scendere fino all’analisi dei singoli dati contenuti nei data store – figura 3) e quindi una vista più ‘intelligente’ per la corretta ed efficace gestione del servizio It rispetto alle esigenze del business (per muoversi cioè verso un’efficace strategia di Bsm).