Hp: dall’adaptive al business-ready

I nuovi sistemi presentati dal Technology Solutions Group di Hp alzano il livello dell’offerta rivolta all’evoluzione dei data center. La promessa non è più quella di un’infrastruttura ‘semplicemente’ flessibile sulle esigenze del business ma di una che funzioni subito e con il minor impegno possibile in termini di gestione  e manutenzione. Nella visione di una tecnologia che diventa essa stessa un servizio

Pubblicato il 21 Lug 2009

BERLINO – La capitale tedesca è stata scelta quest’anno da Hp come sede del più grande evento europeo della divisione Tsg (Technology Solutions Group), ossia Technology@work. L’importanza della manifestazione, che coinvolge clienti, partner, analisti ed esperti di tutta Europa e che nell’edizione 2009 ha visto anche la presenza dei media, è stata sottolineata dall’intervento di Ann Livermore, executive Vp di Tsg e di fatto numero due della Corporation, che ha

tenuto il ‘keynote speech’ di chiusura dell’evento e ha affiancato il ‘padrone di casa’, cioè Francesco Serafini (nella foto), senior Vp e managing director Hp Tsg Emea, nei customer panel e nelle conferenze stampa.
Coerentemente allo stile molto sobrio e concreto che la contraddistingue, l’intervento della Livermore è stato esattamente lo stesso sia nell’incontro riservato alla stampa sia nel discorso in sessione generale, dove davanti a una platea di partner e clienti (e in un contesto che non prevede domande) i top manager assumono spesso i toni del marketing. Ed è stato un intervento ricco di elementi di fatto e per niente enfatico negli assunti e nelle conclusioni. Ci ha fatto quindi un certo effetto sentirle dire “crediamo che la tecnologia sarà interamente portata all’utente (entirely delivered) come servizio”. Una visione forte, ma che per Hp non può che essere la conseguenza delle crescenti difficoltà che si presentano ai Cio nel gestire il data center e pianificarne lo sviluppo; stretti, osserva Livermore, tra “la persistenza delle applicazioni legacy e la rapida obsolescenza delle infrastrutture”.  Non sfugge ovviamente il fatto che passare da una tecnologia acquistata e gestita ad una fruita come servizio implica “il cambiamento dei princìpi economici del data center”, ma questo non è il problema, quanto piuttosto la soluzione che si prospetta a una funzione It cui si chiede oggi di aiutare non solo il business ma anche la salute economica dell’impresa.
In quest’ottica, la missione dell’It diventa “garantire l’approvvigionamento, la distribuzione e il governo dei servizi per il business” che può avvenire tramite diverse opzioni di provisioning, dai managed services al cloud computing, ma sempre grazie (e qui arriviamo al sodo, cioè al ruolo di Hp Tsg in questa evoluzione annunciata), a “una infrastruttura flessibile che permetta una delivery dei servizi It in modo dinamico, automatizzato ed efficiente”. In estrema sintesi, è lo sviluppo di quella ‘Adaptive infrastructure’ che da tempo identifica l’offerta verso quelle che che Hp definisce “infrastrutture business-ready” per l’erogazione automatizzata dei servizi in risposta alle crescenti esigenze di riduzione della complessità e dei costi dei data center.

Matrix: tutto in un sistema
    Il principale annuncio del Technology@work di Berlino è quello di Matrix, una soluzione che fa parte dell’offerta Adaptive Infrastructure e che presenta un salto di qualità tale nel concetto di tecnologia al servizio del business da porla in una classe a sé. Si tratta di un sistema ad architettura blade (il nome completo è BladeSystem Matrix) che raccoglie e converge al fine dell’erogazione automatizzata dei servizi le soluzioni software e le risorse server, storage e networking necessarie. Tramite il Matrix Orchestration Environment (Moe), un software che fornisce un’interfaccia di gestione unica e permette di progettare e ottimizzare il deployment delle applicazioni, si può creare un pool integrato di risorse in grado di operare in ambienti sia fisici sia virtuali anche eterogenei, comprendenti cioè sistemi non Hp. Compiti tradizionalmente complessi come il disaster recovery e il capacity planning, si possono svolgere con rapidità tale da ridurre circa dell’80% (secondo studi di Hp) i costi operativi del data center, garantendo quindi un rapido ritorno dell’investimento.

Evoluzione dello storage
    Contestualmente a Matrix sono state presentate a Berlino anche inedite soluzioni di storage condiviso: Lefthand P4000 SAN e StorageWorks SB40c. La prima è intesa a semplificare il deployment di un ambiente server virtualizzato al fine di migliorare l’affidabilità delle applicazioni e ridurre i costi di gestione. La seconda, offerta in bundle con il software P4000 Virtual SAN Appliance, realizza invece in un data center basato su blade server una San scalabile espandendola

attraverso le enclosures (i telai che ospitano le blade) dell’infrastruttura. Secondo Neal Clapper (nella foto), Vp StorageWorks Division Emea, che abbiamo intervistato direttamente, “Nei progetti di server virtualization le aziende tendono a sottovalutare le esigenze di storage necessarie a reggere la nuova infrastruttura. Con il risultato di una caduta dell’availability e di uno scarso sfruttamento delle risorse disponibili che abbatte i vantaggi della virtualizzazione stessa”. Lefthand offre uno storage facilmente scalabile nella capacità (sino a 96 Terabyte) ma soprattutto bilancia dinamicamente il volume dei dati gestiti sia in modo orizzontale attraverso tutte le risorse disponibili (aumentandone in media di circa un terzo l’utilizzo), sia in modo verticale attraverso più livelli di risorse, dal nastro ai device a stato solido, migliorando il rapporto tra costo e availability dei dati. “Inoltre – conclude la Clapper – Lefthand sfrutta le funzionalità storage VMware e si integra con VMware Site Recovery Manager, facilitando la gestione e migliorando la sicurezza dell’ambiente”. Che come si sa sono i veri problemi della virtualizzazione.

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