“Paul Gauguin era un grande artista che sfruttava il pensiero laterale per guardare le cose da prospettive non comuni. Capacità che gli ha permesso di essere un grande innovatore del suo tempo”. Un esordio culturale quello scelto da Stefano Venturi, Corporate Vice President Hewlett Packard Enterprise (Hpe) e Amministratore Delegato di Hpe Italy, a chiusura del ‘Digital Transformation Tour’, l’evento organizzato da Hewlett-Packard Enterprise (Hpe), Digital4Executive e ZeroUno, durante la tappa conclusiva di Milano. “La metafora dell’artista innovatore si addice anche ad alcune aziende dei nostri tempi: alcune di esse possono davvero essere paragonate ad artisti capaci di analizzare le opportunità in modo diverso e di coglierle prima di chiunque altro, magari anche scardinando modelli tradizionali fino a quel momento solidi e proficui. Ma il vero effetto dirompente è che ‘grazie’ a questi innovatori, oggi anche tutte le altre aziende si trovano a correre ‘lungo differenti rapide che nascondono certamente molte insidie ma anche enormi opportunità’ (non c’è settore o area geografica che non ne sia investito): lungo le rapide ci sono molte incertezze e anche realtà storicamente stabili sono a rischio; rimanere fermi a guardare l’acqua potrebbe non essere la scelta più opportuna, soprattutto se nel frattempo qualcun altro si muove ed affronta la cascata”.
Che la digital transformation sia in atto è un dato di fatto, probabilmente lo è da diversi anni anche se solo ora ne riusciamo a riconoscere la forza dirompente. “Il tema della disintermediazione è forse il tassello cardine della trasformazione digitale che ha inizio negli anni ’90 con l’arrivo massivo in Internet, primo vero elemento di rottura che ha facilitato la disintermediazione nell’accesso alle informazioni, rendendo il processo decisamente più rapido, semplice, democratico e gratuito”, descrive in dettaglio Venturi. “Nel primo decennio degli anni 2000 la disintermediazione è avvenuta per mezzo di mobility e social network che hanno semplificato, se non scardinato, i modelli di interazione e comunicazione delle persone (e delle aziende che proprio da queste opportunità hanno tratto nuovi business e nuove modalità operative). Oggi, a metà del secondo decennio del 2000, siamo nell’era dell’It liquido che consente la totale disintermediazione nell’accesso alle risorse tecnologiche e ai dati (grazie al cloud e ai Big data, per esempio)”.
Ma non è solo così che la digitalizzazione sta mostrando tutta la sua forza. Altro tema cardine della digital disruption è quello dei costi: le aziende non sono più in grado di sopportare (e supportare) i costi dell’It tradizionale costringendo i Dipartimenti It a drastici tagli di budget ma, al contempo, chiedono più capacità innovativa. “È un’equazione strana: in passato eravamo abituati ad innovare ricorrendo a risorse addizionali, oggi non è più possibile percorrere questa strada”, invita a riflettere Venturi.
Gli ingredienti strategici della ricetta Hpe
La strategia di Hpe orientata a dare risposte alle aziende che si stanno muovendo in questi complessi scenari di trasformazione si snoda su quattro aree di intervento “che racchiudono gli elementi tecnologici attraverso i quali oggi anche le medie e piccole imprese possono pensare in grande”, sottolinea Rosalba Agnello, Country Sales Manager Aziende del settore Industria & Terziario di Hpe. “La prima riguarda gli aspetti più infrastrutturali che seppur di competenza strettamente dell’It oggi rappresentano uno degli elementi di supporto primario al business digitale; quest’ultimo è interessato ad avere risposte rapide se non addirittura proposte innovative preventive. Per poter dare questo tipo di supporto l’It non può più ‘perdersi’ nella manutenzione dei complessi sistemi esistenti ma concentrare gli sforzi verso tecnologie open, standard, pronte per il cloud e performanti rispetto ai nuovi processi digitali”.
La seconda area di focalizzazione dell’offerta Hpe riguarda più da vicino il business, in particolare gli ambiti degli analytics e dei Big data: “Questa è una delle aree che porta noi stessi ad interloquire con figure aziendali differenti dal Dipartimento It – ammette Agnello -, in particolare con persone delle Line of Business che necessitano di strumenti innovativi a supporto dei processi decisionali”.
Anche il terzo filone lungo il quale si snoda l’offerta Hpe è ‘business oriented’ ma, in questo caso, abbraccia il modo di lavorare e collaborare delle persone (digital workplace) che proprio grazie alle tecnologie riescono ad intrecciare relazioni più efficaci nonché a snellire i processi, soprattutto attraverso la mobility accelerata dal cloud.
Pensare in grande, infine, significa non trascurare gli aspetti di sicurezza: “Nei modelli di business digitale aperti all’innovazione e alla ‘contaminazione’ i rischi legati alla protezione di dati e informazioni, nonché degli asset aziendali, aumentano – fa notare in conclusione Agnello – non si può non tenerne conto ed agire preventivamente”.