Business disruption

Innovazione o disruption? Le aziende sono davanti a un bivio, tra il passato e il futuro

Gli analisti lo chiamano dilemma digitale. È quello che pone chi governa le tecnologie a supporto del business di fronte a un bivio: supportare l’infrastruttura esistente o innescare un cambiamento profondo per supportare l’evoluzione dei consumatori e dei mercati? Il consiglio degli esperti è trovare un modo per seguire entrambe le strade, procedendo in parallelo

Pubblicato il 20 Giu 2016

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Azienda tradizionale versus azienda digitale, ovvero business disruption. In gioco c’è una trasformazione del business che ha una grossa componente tecnologica. Per questo i responsabili dei sistemi informativi sono di fronte a un dilemma digitale: aggiornare o rivoluzionare?

La questione, in realtà, è più complessa. Innestare servizi innovativi su sistemi aziendali nati e concepiti per supportare un certo tipo di business richiede non soltanto dei budget e una buona capacità di scelta tra le tecnologie esistenti. Sempre più spesso, infatti, ci vuole una buona dose di inventiva. Non è facile, infatti, immaginare di impostare oggi i sistemi che dovranno gestire il business di domani.

Il problema è che le nuove tecnologie si susseguono a un ritmo sempre più incalzante e i mercati evolvono molto prima di quanto non siano capaci le aziende di cogliere i cambiamenti. Ai CIO si chiedono risposte spesso difficili da formulare, perché predisporre sistemi e applicazioni allineati all’evoluzione di un business che non c’è ancora è una bella sfida. Non sempre il CDA è così illuminato da offrire indicazioni e orientamenti precisi su quali saranno i punti di arrivo dello sviluppo.

Marketing chiama IT, IT chiama marketing

Ad aiutare le Line of Business, dunque, è il marketing che sta capendo sempre meglio le opportunità date dalle nuove tecnologie digitali, che si tratti di ascoltare i consumatori, di interagire con loro, di monitorare gli andamenti delle vendite e la qualità dei servizi, di predisporre nuovi prodotti o di inventare bisogni, la dove non c’erano.

A spingere le aziende a cambiare gli orizzonti del business, infatti, in molti casi non è una voglia di rompere la tradizione fine a se stessa. È una necessità: l’effetto Amazon o l’effetto Uber stanno portando le aziende più intelligenti a fare un’analisi dei limiti dei propri business. Il motivo è capire cosa cambiare oggi per non soccombere domani.

Gli esperti dell’Economist Intelligence Unit, sollecitati da Hewlett Packard Enterprise, a questo proposito hanno effettuato uno studio che raccoglie i dubbi dei CIO rispetto alla gestione della digital disruption, per dare ai manager indicazioni preziose su quali siano i segnali che vanno interpretati in fretta per non farsi sbaragliare dagli avvenimenti.

Spesso, infatti, i manager ICT sono cablati nel loro lavoro al punto che non sempre hanno la possibilità di guardare lontano, intercettando quei cambiamenti di mercato che, prima o poi, impatteranno anche su business con solidissime tradizioni. Definire piattaforme stabili che supportano l’operatività è sicuramente un segno di una buona governance. Ma oggi, avvertono gli specialisti dell’Economist, non basta più. Ottimizzare la gestione degli ordini, supportare le vendite, aiutare la produzione e garantire la conformità alle normative e la sicurezza è sicuramente importante ma la maggior parte dei CIO si ritrova a lavorare su dei sistemi legacy per rendere efficiente il back-office dei processi. Il che, nel medio e nel lungo termine, può rivelarsi disastroso. Il quadro tracciato dagli esperti è chiaro: se i dati non sono integrati, i sistemi vanno in down perché non ce la fanno a reggere il traffico e la crescita dei processi, gli ambienti sono poco controllati e il tasso di errore umano è ancora molto elevato solo perché non sono stati introdotti strumenti di automazione adeguati, il business andrà sicuramente in crisi.

A questo proposito, i CIO devono imparare a leggere i segnali che portano cambiamenti nelle dinamiche del business. E devono farlo prima che il cambiamento impatti senza un controllo preventivo. Secondo gli analisti, ci sono alcuni segnali che vanno considerati per capire come orientare la governance IT.

La morale è semplice: contenere i costi e fare miracoli con i budget sempre più ridotti è un conto. Rischiare di perdere il treno di una continua digitalizzazione dei servizi e del business che richiedono tecnologie più elastiche e integrate è un altro. L’obiettivo dei CIO deve essere raggiungere un’elasticità digitale capace di rispondere rapidamente alle preferenze dei clienti finali e alle dinamiche sempre più effervescenti dei mercati.

Come? Grazie a una capacità nativa nel supportare la comunicazione aziendale con qualsiasi tipo di device, qualsiasi tipo di sistema operativo e qualsiasi sistema di rete, ma anche impostando un’integrazione tale da consentire a qualsiasi livello aziendale un nuovo livello di condivisione e di accesso ai dati che superi una volta per tutti la compartimentazione e la logica dei silos. Il tutto con una capacità di gestire miliardi di dati utilizzando nuovi repository e nuovi criteri di analisi.

La digital transformation, infatti, non comporta solo un cambiamento dei mezzi, ovvero dell’hardware, del software o delle infrastrutture. Il cambiamento riguarda soprattutto le persone. Gli esperti dell’Economis Intelligent Unit sottolineano come sia necessario portare una trasformazione culturale nel personale IT che deve immaginare sistemi con una scalabilità inedita, in quanto la business disruption quando funziona sovverte veramente la scala dei valori.

Con la disruption ci vuole una blended strategy

Si prenda il caso di una banca il cui personale IT è focalizzato sulla gestione del rischio, sulla compliance e sulla conformità alle normative in continua evoluzione. Sono sicuramente asset di grande valore ma sono anche la causa di una scarsa agilità aziendale, che frena un’evoluzione disruptive. Come conciliare la stabilità con il cambiamento? Gli esperti suggeriscono di puntare sull’hybrid cloud: è questa l’infrastruttura che può garantire massimo supporto e massima flessibilità al business, senza comportare investimenti iniziali troppo impegnativi in termini di risorse e onerosi in termini di investimenti.

In generale la chiave della disruption è un approccio ibrido, che mixa tradizione e innovazione, favorendo una cultura della trasformazione che concilia il meglio della vecchia informatica con il meglio delle tecnologie digitali. Questo perché è sbagliato sia non fare niente sia azzerare tutto per ripartire ex novo. Il documento redatto dall’Economist offre ai CIO una road map che include tutti gli aspetti da valutare per gestire il cambiamento e gli obiettivi da raggiungere per non perdere la governance e consentire alla propria azienda di non perdere fatturato. Tra gli aspetti evidenziati, la gestione della customer experience attraverso la definizione di nuove interfacce e strategie di digital marketing evolute.

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