TECHTARGET

I fattori dell’impatto ambientale dei data center

Negli ultimi anni i data center sono sempre più protagonisti dell’innovazione tecnologica ed è più che mai strategico misurarne l’impatto ambientale. Si tratta di un’analisi utile per comprendere il punto di partenza e la strada migliore per ridurre i potenziali danni causati al pianeta

Pubblicato il 19 Ott 2023

data-center-cloud-140317162333

Tentare di ridurre l’impatto ambientale di infrastrutture “imponenti” come i data center, oggi può fare la differenza. Numeri alla mano, lo sostengono a gran voce organizzazioni come l’Agenzia Internazionale per l’Energia e le Nazioni Unite, chiedendo uno sforzo collettivo per ridurre le emissioni e arginare il continuo peggioramento della crisi climatica a cui stiamo assistendo.

Se si guarda alla totalità dei data center presenti in tutto il mondo, ci si trova a fare i conti con quantità significative di energia e risorse. Negli ultimi anni, senza quasi badarci, “distratti” da epidemie, inflazione, crisi energetiche e di materie prime, conflitti geopolitici, si sono raggiunte cifre fino a pochi lustri fa inimmaginabili ma che attualmente indicano l’energia necessaria per alimentare i server. A contribuire ai consumi, c’è da registrare anche la crescita vorticosa della domanda di servizi di data center che ha un considerevole peso, soprattutto se vista a livello globale.

Questo settore è consapevole di dover far fronte a una situazione a dir poco allarmante. Per comprendere però come intervenire in modo efficace per migliorare la propria sostenibilità, è necessario considerare con attenzione il modo in cui si utilizzano le risorse all’interno dei vari data center e analizzare seriamente il loro reale impatto sull’ambiente.

5 modi in cui i data center influiscono sull’ambiente

Sono molteplici i problemi di interesse ambientale da imputare ai data center, motivo per cui serve un approccio ragionato e approfondito.

1. Utilizzo dell’energia

I data center consumano grandi quantità di energia e di elettricità per alimentare i vari elementi di cui sono composti, dai server alle apparecchiature di archiviazione e di rete, fino all’infrastruttura che li supporta. Molti data center, da soli, hanno decine di migliaia di server e dispositivi IT. Tutti richiedono elettricità per funzionare ed elaborare carichi di lavoro ad alta intensità di dati. Secondo il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, i data center sono tra gli edifici a più alta intensità energetica, con un consumo di energia per superficie fino a 50 volte superiore a quello di una tipica struttura commerciale adibita a ufficio.

Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE), i data center nel 2021 contribuivano già per l’1-1,5% al consumo globale di elettricità, con 220-320 Terawattora, segnando un aumento del 10%-60% rispetto al 2015. Si tratta di un trend “ragionevolmente” prevedibile e nemmeno troppo esagerato, soprattutto se si considera che i carichi di lavoro dei data center sono aumentati del 160% nello stesso arco di tempo. La mitigazione del boom energetico finora registrata è dovuta in gran parte al miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia di utilizzo dell’energia (PUE), che ha aiutato i data center a tenere il passo con l’aumento della domanda.

Tuttavia, secondo l’AIE, questi sforzi non sono e non saranno sufficienti. I data center e le reti di trasmissione dati sono responsabili di quasi l’1% delle emissioni di gas serra (GHG) legate all’energia, che contribuiscono all’aumento delle temperature globali e ai cambiamenti climatici. Per raggiungere lo scenario “zero emission” entro il 2050, le emissioni devono essere dimezzate entro il 2030.

2. Il consumo di acqua

I data center consumano acqua soprattutto in modo diretto, attraverso i processi di raffreddamento che evitano il surriscaldamento dei server. Lo fanno anche indirettamente, però, generando elettricità.

Un tipico sistema di raffreddamento comprende una serie di apparecchiature, dalle torri di raffreddamento ai refrigeratori, dalle tubazioni al condizionamento dell’aria: tutte concorrono al mantenimento delle temperature. Nella maggior parte dei casi si utilizza il raffreddamento per evaporazione, che rimuove e rilascia nell’ambiente il calore prodotto all’interno del data center e raffredda l’aria nuova in entrata. Per mantenere livelli di umidità appropriati si possono utilizzare anche gli umidificatori, un processo che spesso utilizza l’elettricità per vaporizzare l’acqua.

Secondo Google, un suo data center medio consuma circa 1,7 milioni di litri di acqua al giorno, più o meno la stessa quantità utilizzata per irrigare 17 acri di prato erboso. La gamma completa di infrastrutture dell’azienda, però, comprende anche i data center più piccoli, che consumano circa 40.000-55.000 litri al giorno, e quelli hyperscaler, che ne richiedono diversi milioni. Va tenuto conto anche che i data center sono spesso situati in aree colpite dalla siccità. Per esempio, NBC News ha puntato le luci su quello che Apple intende costruire in Arizona e che consumerebbe fino a 1,25 milioni di litri d’acqua al giorno, solo per evitare che i server al suo interno si surriscaldino.

Anche il luogo in cui i data center si approvvigionano di acqua è un tema “caldo”. Molti attingono da fonti di acqua potabile, come Google, che utilizza acqua non potabile solo nel 25% dei suoi campus. Sarebbe invece meglio che questa azienda, e anche tutte le altre, optasse per l’acqua recuperata o riciclata, soprattutto nelle aree afflitte da carenza idrica.

3. Rifiuti elettronici e tossici

Le apparecchiature elettriche ed elettroniche smaltite in modo non corretto, note come rifiuti elettronici o e-waste, possono avere un impatto diretto sul consumo di risorse, sulle emissioni di gas serra e sul rilascio di sostanze tossiche.

Secondo le Nazioni Unite, nel 2019 il mondo ha generato 53,6 tonnellate metriche (Mt) di rifiuti elettronici, la produzione è cresciuta di 9,2 milioni di tonnellate dal 2014 a livello globale e si prevede che crescerà fino a 74,7 milioni di tonnellate entro il 2030, quasi raddoppiando in soli 16 anni. Circa l’8% dei rifiuti elettronici finisce in discarica o incenerito, nonostante possano contenere additivi tossici e sostanze pericolose. Nei paesi a medio e basso reddito che non dispongono di adeguate infrastrutture di gestione dei rifiuti elettronici, questi ultimi sono spesso difficili da gestire e smaltire in modo sicuro.

Anche la gestione impropria dei rifiuti elettronici contribuisce al riscaldamento globale. Per esempio, i refrigeranti presenti in alcune apparecchiature per lo scambio di temperatura sono gas a effetto serra. Nel 2019, un totale di 98 milioni di tonnellate equivalenti di anidride carbonica (CO2) sono state rilasciate nell’atmosfera da condizionatori d’aria smaltiti in modo improprio. Ciò equivale a circa lo 0,3% delle emissioni globali legate all’energia. Poiché i data center possono ospitare decine di migliaia di dispositivi informatici, è importante che diano l’esempio di come riutilizzare, ristrutturare e riciclare le apparecchiature obsolete o guaste.

4. Uso del suolo

Il luogo e il modo in cui vengono costruiti i data center possono avere un impatto significativo sull’ambiente. I più piccoli possono occupare 100.000 metri quadrati, ma quelli più grandi possono richiederne milioni. Si tratta di un’enorme quantità di terreno da disboscare, cancellando la biodiversità di un’area e causando molti altri effetti indesiderati sul territorio e su suoi abitanti.

Un esempio evidente in tal senso è il Prince William Digital Gateway, un data center ipotizzato nella contea di Prince William, in Virginia, la cui realizzazione richiederebbe la riorganizzazione di 2.100 acri di terreno. Secondo il Bay Journal, più di 30 organizzazioni regionali e nazionali, tra cui il National Park Service e il Virginia Department of Forestry, hanno dichiarato che gli impatti di questo progetto potrebbero essere irreversibili e avere costi ambientali tangibili e intangibili a lungo termine.

5. Emissioni di gas serra

I gas serra come CO2, metano e protossido di azoto, sono gas che intrappolano il calore nell’atmosfera e possono rimanervi per periodi di tempo diversi, che vanno da pochi anni a migliaia di anni rendendo il pianeta sempre più caldo.

Secondo il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico, un riscaldamento globale superiore a 1,5° C deve destare in tutti notevole preoccupazione. In breve, potrebbe provocare drastici cambiamenti nel nostro clima, da fenomeni meteorologici estremi alla completa estinzione delle specie.

La CO2 è il principale gas serra emesso dalle attività umane, principalmente attraverso la combustione di combustibili fossili, come carbone, gas naturale e petrolio. Anche la costruzione dei data center può essere una fonte importante di emissioni di gas serra.

Come rendere i data center più sostenibili

I data center possono adottare diverse strategie per la decarbonizzazione, imboccando la strada della sostenibilità.

Si può iniziare investendo in fonti di energia rinnovabile e in apparecchiature più efficienti dal punto di vista energetico, per ottimizzare il PUE. Anche la virtualizzazione può ridurre l’onere delle apparecchiature fisiche e una buona strategia idrica, basata fonti alternative, ove possibile, permette di esplorare approcci al raffreddamento più virtuosi. Un’altra azione utile consiste nello sviluppo di piani di smaltimento per riutilizzare, riciclare e demolire le vecchie apparecchiature in modo non dannoso.

Quando si realizza un nuovo data center o se ne ristruttura uno vecchio, si dovrebbero inoltre sfruttare materiali di provenienza locale con poco carbonio incorporato, per esempio il calcare al posto del cemento. Importante anche calcolare le emissioni di gas serra, per monitorare i progressi verso gli obiettivi climatici, e occuparsi della cattura e del sequestro del carbonio. In linea generale, l’importante è comprendere come ogni data center utilizza le risorse e come ciò influisce sull’ambiente. Da questa analisi, si può iniziare a collaborare tra parti interessate e coinvolte per ricostruire e riprogettare l’infrastruttura in modo che sia più ecologica e sostenibile a lungo termine.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 4