IBM: saper ascoltare, capire e poi suggerire

Sono gli ingredienti necessari affinché un big player dell’Ict possa concretamente affiancare l’azienda utente in complessi processi e progetti di trasformazione per traguardare, oltre
all’efficienza, la creazione di valore di business.
Certo, metterli in pratica non è un lavoro semplice!

Pubblicato il 03 Mag 2013

Come si inserisce un big player Ict nel percorso di trasformazione che stanno compiendo oggi le aziende sia sul piano del business sia all’interno dei Dipartimenti It? Come riesce un Ict vendor a giocare un ruolo di vero partner in grado non soltanto di fornire la tecnologia abilitante un nuovo progetto ma capace di ‘affiancare’ l’azienda utente in una logica nuova di condivisione del processo di trasformazione? Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Colonna, responsabile del mercato Energy e Utility di IBM Italia che ha seguito in prima persona alcuni importanti progetti di Business Technology Transformation come quello affrontato e raccontato da Enel.

Alessandro Colonna, responsabile del mercato Energy e Utility di IBM Italia

“Nel percorso di trasformazione che sta affrontando la Direzione Ict di Enel, in funzione di chiari obiettivi ed esigenze di business, il ruolo di IBM è duplice. Da un lato, ci poniamo, come sempre, quali fornitori di tecnologia (nel progetto di document & customer management la piattaforma implementata è Filenet); dall’altro, ci dobbiamo ‘calare’ nell’ambito specifico di business di un’azienda che sta mutando molto rapidamente e le cui priorità ed obiettivi cambiano al variare degli scenari competitivi di riferimento, per poter ‘contestualizzare’ anche l’ambiente tecnologico”, spiega Colonna. “La piattaforma tecnologica, di per sé, è ‘asettica’, indipendente dal contesto in cui viene calata. Ma il suo reale valore dipende dalla concreta capacità di supporto che riesce a fornire proprio in funzione delle specifiche esigenze aziendali”.
Colonna afferma in pratica che l’efficienza di soluzioni tecnologiche innovative non è quasi mai messa in discussione. Le criticità risiedono, piuttosto, nell’efficacia di tali soluzioni rispetto ai ‘requirement’ e ai ‘desiderata’ delle organizzazioni all’interno delle quali vengono calate, soprattutto se si tratta di aziende ‘technology intensive’ i cui Dipartimenti It stanno vivendo la trasformazione verso la Business Technology.
“Saper ascoltare prima di tutto – evidenzia Colonna -. Sembra una banalità ma non lo è affatto perché significa sedersi ai tavoli delle Direzioni aziendali e parlare un linguaggio nuovo. Riuscire a far sì che la tecnologia dia delle risposte efficaci non all’It ma al business è la vera sfida, anche per i vendor”.
“La differenza tra una partnership vendor/Dipartimento It e un rapporto di business tra vendor/azienda utente si denota dalla capacità del player Ict di comprendere nel particolare le dinamiche di business e calare le logiche dei processi all’interno della tecnologia”, riflette Colonna. “Una capacità che si costruisce nel tempo, non senza momenti di difficoltà e problemi da superare”.
Criticità che nel progetto di document & customer management sono state superate attraverso il costante dialogo ‘allargato’ tra IBM, la Direzione Ict di Enel e il team guidato da Luigi Borrelli nonché con il top management delle linee di business.
“Tutti i ‘nuovi’ progetti Ict che hanno la ‘componente business’ quale priorità – commenta Colonna – necessitano di un rapporto di fiducia e collaborazione tra tutti gli attori coinvolti fatto anche di ‘telefonate serali’ e dibattiti aperti anche fuori dagli orari e dai consueti luoghi di lavoro”.
Naturalmente, oltre alla capacità di ascolto, comprensione e condivisione, non deve mancare l’abilità di azione. “Credo sia fondamentale per un vendor dimostrare le proprie competenze ‘sul campo’, individuando insieme all’azienda utente un business case dal quale derivare la roadmap evolutiva dettagliata in tutte le sue fasi (analisi, progettazione, pianificazione e implementazione) predeterminando tempistiche e costi”, suggerisce Colonna. “Nel caso di Enel abbiamo ‘speso del tempo in più’ nelle fasi di analisi e assessment per definire insieme a loro un framework architetturale e metodologico rivelatosi poi determinante per l’efficacia dell’intero progetto, i cui risultati sono stati addirittura superiori rispetto alle previsioni e alle aspettative iniziali”.
“La solidità del business case non è mai scontata – aggiunge ancora Colonna in conclusione -. La sua ‘validità’ sia sul piano tecnologico sia a livello di business dipende da molti fattori tra i quali l’apertura al cambiamento, decisamente impattante, e alla revisione dei processi. È sempre utile ‘sperimentare la trasformazione’ su piccoli progetti pilota, isolati, per costruirsi le giuste competenze e capire come guidare al meglio la transizione. E proprio perché le criticità maggiori si riscontrano sul piano del change management, coinvolgere gli utenti, le linee di business e il top management condividendo i cosiddetti Sal, Stato Avanzamento Lavori, è sicuramente una scelta vincente”.

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