“La Data Governance ha come obiettivo l’integrazione di sistemi e banche dati, per standardizzare i dati e il loro significato, grazie a opportune infrastrutture tecnologiche, tra le quali il Master Data Management”, spiega Enzo Ferrari, product manager data integration e data quality, Sas. “Una delle criticità della Data Governance riguarda l’ownership, ossia l’individuazione del proprietario/responsabile del dato (che gli analisti identificano come data steward): è chi lo inserisce o chi lo utilizza? Tipicamente all’interno delle aziende l’individuazione della titolarità dei dati è abbastanza critica perché nessuno vuole prendersi tale responsabilità”.
“Il dato si muove lungo tante fasi e processi differenti e racchiude in sé elementi di conoscenza che sono propri del business e non dell’It – prosegue Ferrari -, ma al tempo stesso vi sono implicazioni tecniche che vanno dalla sicurezza/protezione all’archiviazione, ecc., che fanno capo all’It. Il Master Data è l’elemento che può aiutare a identificare i data steward perché oltre a essere il progetto di riferimento per realizzare un’unica sorgente informativa basata su dati consistenti, veritieri e corretti, è anche lo strumento con il quale si vanno a rivedere determinati processi che, normalmente, hanno una ownership”.
“Motivo per cui è fondamentale che progetti simili vengano calati in azienda dall’alto – osserva Ferrari -, direttamente dal top management, così come richiesto in tutti quei progetti dove risulta fondamentale una revisione organizzativa e dove si vanno a ridisegnare i processi di business”.
Se è vero che il Master Data risulta, per esempio, la soluzione migliore in singoli casi specifici concreti (per esempio nell’area marketing o nella divisone vendite perché ci si accorge che i dati provenienti dal Crm o da altre fonti sono inconsistenti o incongruenti), è comunque fondamentale che il progetto, anche se gestito in modo tattico per singole fasi e in riferimento anche a una sola area aziendale, abbia un disegno strategico di riferimento dove sia chiaro il tipo di “ristrutturazione organizzativa e dei processi”, che per essere “digerita” in azienda deve avere un approccio top-down.
Il Master Data Management, di fatto, grazie a un avanzato modello di integrazione, standardizzazione e arricchimento dei dati, facilita la centralizzazione dell’informazione e il controllo dei dati, eliminando, per esempio, basi dati satelliti e non collegate tra di loro. “Il Master Data diventa quindi lo strumento per ottenere l’integrazione di tutte le fonti dati e avere una visione unica del proprio business ma, proprio perché richiede una certa revisione di processo e un cambio di approccio nella gestione del dato aziendale, è un progetto abbastanza invasivo”, precisa Ferrari.
Anche da un punto di vista tecnologico parliamo di un progetto che richiede un certo impegno, non tanto per l’invasività tecnologica (l’utente aziendale non deve cambiare nulla nelle sue normali funzioni, il Crm utilizzato, per esempio, sarà lo stesso ma andrà a “pescare i dati” dal repository unico o contemporaneamente da altre fonti in modo federato), quanto piuttosto per la tipologia di soluzione. “Il Master Data deve essere uno strumento molto flessibile – spiega Ferrari – che possa essere affinato in corso d’opera e adattato alla singola realtà aziendale. Deve quindi essere una sorta di metamodello che consenta una gestione dinamica dello strumento stesso, in modo che possa essere personalizzato non solo in fase implementativa ma anche durante il suo pieno utilizzo in azienda senza particolari interventi tecnici”.
Il Master Data: invasivo ma con vantaggi diretti sul business
È certamente un progetto impattante che richiede un’adeguata revisione organizzativa e dei processi di business ma è anche uno strumento che può rivelarsi abilitatore per il business perché, di fatto, incide in modo diretto sulle performance aziendali. Parliamo del Master Data Management con Enzo Ferrari (nella foto), product manager data integration e data quality, Sas.
Pubblicato il 25 Gen 2011
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