Il Software-defined storage aperto e innovativo di Suse

Per l’80% dei dati, non sono necessari sistemi high-end dedicati, ma è più sostenibile il modello Software-defined infrastructure, separando la gestione infrastrutturale dall’hardware. Per il Software defined storage, SUSE propone una soluzione che assicura flessibilità e infinita scalabilità grazie alla tecnologia Ceph.

Pubblicato il 28 Ott 2016

Negli ultimi anni si è parlato molto di Software-defined data center (Sddc). In questo concetto c'è dentro molto, forse troppo per poter indirizzare in modo più preciso i singoli temi che include, uno dei quali è quello delle infrastrutture, oggi particolarmente cruciale per aziende e responsabili It.

Solo il 20% dei dati necessita di sistemi storage high end

La proliferazione dei dati sembra quasi inarrestabile. Basti pensare che IDC ha stimato che entro il 2020 ci sarà una crescita pari al 5000%. Si pensi, per esempio, alle email prodotte ogni giorno, ai video registrati dai sistemi di sicurezza o ai contenuti archiviati nelle aziende editoriali. Non tutte queste informazioni, però, necessitano di essere memorizzate in grandi sistemi high-end. I dati transazionali o quelli destinati alle analisi in tempo reale, non superano il 20% del totale. Solo per questi è opportuno utilizzare soluzioni storage tradizionali, mentre per restante 80% dei dati conviene investire nel Software-defined storage.

Software-defined infrastructure per l’adozione agile di nuove applicazioni

Gianni Sambiasi, Country Manager SUSE Italia

Recentemente nella comunità It ha iniziato a circolare un termine: Software-defined infrastructure. Il concetto di Sdi evoca in modo più diretto le tecnologie server, storage e networking; parliamo dell'hardware infrastrutturale necessario per fare girare tutte le applicazioni aziendali.

Queste, come sappiamo, sono eterogenee, e ciascuna necessita di specifiche configurazioni hardware. Cosa succede quando le aziende si ritrovano ad adottare in modo agile un numero crescente di nuove applicazioni, molte delle quali producono moli imprevedibili di dati?

Non essendo sostenibile l'acquisto, l'implementazione e la manutenzione di hardware per singola applicazione, per noi di SUSE (che da venticinque anni ci focalizziamo su sviluppo, distribuzione e supporto di soluzioni infrastrutturali e open source) il paradigma Software-defined infrastructure diviene imprescindibile, in quanto "disaccoppia" la gestione dei servizi infrastrutturali dall'hardware. Più quest’ultimo è industry-standard (come i server x86) e composto da sistemi di piccole dimensioni, e più un'infrastruttura It può essere "definita" via software in modo agile e "cost-effective" per rispondere alle mutevoli esigenze di business.

Ceph: la declinazione Software-defined storage di SUSE

Suse ha deciso di giocare d'anticipo, e con forte determinazione, su quella componente del Software-defined infrastructure che è il Software-defined storage (Sds). In particolare, con Suse Enterprise Storage, ci siamo impegnati – sia direttamente, sia in collaborazione con la community – nello sviluppo della tecnologia Ceph. Si tratta di un'architettura storage che consente di creare infrastrutture con una scalabilità teoricamente infinita grazie all'interconnessione di piccoli server industry-standard, equipaggiabili con qualsiasi tipo di disco. Fra le varie funzionalità, il software Ceph supporta anche l'autoriparazione (self-healing) e la scalabilità in termini prestazionali. Questo è possibile perché i dati sono distribuiti su più nodi, e, se uno fallisce, le informazioni possono essere ricostruite attingendo agli altri. Inoltre, più nodi si connettono, più le performance aumentano, in quanto i contenuti possono essere scaricati dai nodi meno impegnati in un dato momento.
Con SUSE Enterprise Storage non solo le aziende saranno in grado di ridurre i costi operativi di manutenzione (opex) ma anche gli investimenti a lungo termine (capex), per far fronte alla crescita esponenziale dei dati. Inoltre, la nostra soluzione è l’unica basata su tecnologia Ceph in grado di connettere qualsiasi sistema operativo e hypervisor: non solo Linux, ma anche Windows, Unix e VMware.
Grazie alla tecnologia SDS di SUSE, infatti, le aziende avranno la possibilità di avere sistemi di archiviazione di alta qualità a costi contenuti rispetto alle soluzioni tradizionali. Inoltre, essendo fortemente flessibile e scalabile, questa soluzione riesce ad adattarsi alle esigenze in evoluzione, crescendo insieme al progetto.

* Gianni Sambiasi è country manager SUSE Italia

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