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Ciò che vogliamo tentare, con questo editoriale, è di far emergere il rapporto diretto esistente tra scelte strategiche di tipo economico-competitivo che le imprese stanno effettuando per sviluppare il loro business e l’atteggiamento che rispetto a tale quadro stanno assumendo i Cio delle imprese più reattive, per rendere i loro sistemi informativi meglio “business-adaptive”.

Pubblicato il 02 Mag 2005

Ciò che vogliamo tentare, con questo editoriale, è di far emergere il rapporto diretto esistente tra scelte strategiche di tipo economico-competitivo che le imprese stanno effettuando per sviluppare il loro business e l’atteggiamento che rispetto a tale quadro stanno assumendo i Cio delle imprese più reattive, per rendere i loro sistemi informativi meglio “business-adaptive”.
Cominciamo riferendoci ad un articolo di recente apparso sull’autorevole settimanale inglese The Economist.
Nell’ambito della focalizzazione sul sistema-Europa realizzata dal giornale, si legge che alcuni tra i principali analisti finanziari prevedono una forte accelerazione delle operazioni di merger and acquisitions tra le imprese. L’Europa quindi, da questi studi, si starebbe preparando a seguire la “deal-mania” americana. Ed anche se i valori in gioco sono senz’altro superiori a favore degli Stati Uniti (le ultime acquisizioni riguardano ad esempio Procter and Gamble che per 57 miliardi di dollari ha acquisito Gillette, oppure l’acquisto di At&t da parte di Sbc Communications per 15 miliardi di dollari), anche nel vecchio continente ci si muove: compagnie spagnole hanno comprato aziende francesi (Metrovacesa-Gecina), compagnie francesi si apprestano ad acquisire aziende inglesi (Pernod Ricard-Allied Domecq) e movimenti sono in corso anche in Italia (soprattutto in ambito bancario, dove le nostre “piccole banche”, anche quelle più grandi rispetto alle svizzere, asiatiche e americane, sono certo più sul versante delle potenziali acquisite che non su quello dei compratori). Per valori di offerta che, insomma niente male, si aggirano tra i 10 e i 13 miliardi di dollari.

Le priorità di business delle aziende

Obiettivi di business e contributo IT

Fonte: NetConsulting, Cio Survey, 2004

Allora, cosa vuol dire tutto questo? Che sul versante strettamente economico ci troviamo, come sostiene Morgan Stanley, alle soglie di un nuovo ciclo europeo di fusioni e acquisizioni; che le aziende, dopo una lunga fase “introspettiva” che le ha viste concentrarsi sull’efficienza (leggi ristrutturazioni) e sulla corporate governance (ridefinizioni di processi nell’ottica di maggiore efficienza) si trovano ora nella fase di poter investire. Ma come, direte voi: e il rallentamento economico? E il pessimismo? E le proiezioni di crescita ridotte dal 2% all’1,6% dalla Commissione europea? Proprio in queste situazioni, sostengono gli analisti finanziari, le aziende più attente allo sviluppo preferiscono investire in acquisizioni piuttosto che perseguire una lenta, faticosa e dispendiosa crescita organica.Cosa significhi tutto questo sul versante invece dell’IT è facile, quanto spaventoso, immaginarlo: una vera e propria ventata di aria fresca (in termini di nuovi progetti di integrazione e quindi anche di spesa in tecnologie) ma anche una grande difficoltà nel gestire il cambiamento, l’integrazione culturale e organizzativa prima ancora che tecnologica, la complessità, la ricerca di flessibilità e di un nuovo ruolo dell’It ormai sempre meno prorogabile: centro erogatore di servizi utili a reggere queste grandissime variabili tipiche dello sviluppo del business. E non a caso ZeroUno proprio questo mese, per dare anche indicazioni pratiche su “cosa e come fare” allega, a centro rivista, un White Paper su “La nuova impresa: reattiva e real time”. Ma la domanda da “cento milioni” che dobbiamo porci è questa: sono pronte le imprese italiane a reggere, sotto il profilo It, queste ed altre strategie di business? Come, e se, sta cambiando la percezione del ruolo, ma più ancora la tipologia di investimenti in Ict all’interno delle aziende per dare ai sistemi informativi quella funzione strategica di supporto al business? Come ZeroUno saremmo portati a sbilanciarci verso una risposta affermativa. Sì, sia pur lentamente, le cose stanno cambiando. Ci confermano però in questo nostro convincimento alcuni dati di una recente ricerca che NetConsulting ha effettuato per conto di Hp e Microsoft su un panel di 80 Cio italiani, confrontando quattro macrosettori rappresentativi del nostro tessuto economico: Industria-Retail, Servizi, Finanza e Pubblica Amministrazione.Le conclusioni sono abbastanza incoraggianti. Quantomeno a livello di dichiarazioni, vi sono “segnali di vita” sul fronte degli investimenti in It, la maggiorparte dei quali finalizzati ad introdurre nei sistemi informativi meccanismi di governance e flessibilizzazione. Sembrerebbe quindi meglio delinearsi il passaggio da “spendere meno” a “spendere meglio”, finalizzando la spesa It allo sviluppo di progetti in grado di apportare valore al business. “Nessun gioisca” ci viene però subito da dire. Si tratta ancora di segnali molto deboli e soprattutto riferiti ad impressioni di 80 persone; abituati però alle considerazioni catastrofiche degli ultimi anni, queste risposte rappresentano indicatori importanti di tendenza di cui tenere conto.Le analisi NetConsulting evidenziano peraltro numerosi problemi aperti: ad esempio se è vero che si rileva un aumento del livello di centralizzazione della spesa It, per dare al Cio un potere di governance sulla spesa, il top management non riconosce ancora nel Cio la sua propensione all’innovazione, ma premia soprattutto la sua capacità di risparmio. Un’area, questa, su cui peraltro i margini di miglioramento sono ancora buoni se pensiamo ad esempio che tra le maggiori aree di investimento in It si rileva la necessità di arrivare ad una migliore integrazione applicativa, laddove le applicazioni, nelle imprese, operano ancora come “isole”, mentre una loro coerenza funzionale, se soprattutto rapportata ai processi di impresa, darebbe senz’altro nuovi margini di efficienza e risparmio. I Cio, però, alcune scelte di fondo le stanno compiendo: ad esempio razionalizzando il “parco fornitori” che è in genere diminuito rispetto allo scorso anno proprio perché servono, nei fornitori, competenze in grado di dare risposte il più possibile complete e in un’ottica di partnership vera che punti alla “condivisione di risultati” (impatto del progetto It in termini di efficienza generale, risparmio ed efficacia quando non addirittura finalizzato ai risultati economici e allo sviluppo del business). In questo senso i Cio stanno diventando davvero esigenti (e probabilmente dopo Anno 2000 ed Euro non ne vedevano l’ora!): rapporto prezzo qualità, competenze tecnologiche, reale orientamento alle esigenze di business del cliente, competenze applicative e di settore sono infatti i cinque requisiti primari che scaturiscono dalle risposte dell’indagine in merito alle attitudini che, secondo gli utenti, devono possedere i fornitori.Concludiamo con una considerazione rispetto a quanto emerso: definiti requisiti e aspettative, il punto di maggiore criticità di questo scenario di cambiamento, è capire come giungere ad una rigorosa applicazione dei modelli che abilitano questo passaggio verso un It “business responsive”. Cioè, come fare. La risposta sta nello sviluppo di un rapporto di fiducia e di squadra tra utenti disposti a “mettersi in gioco” intervenendo, laddove richiesto, sui processi e sull’organizzazione, e fornitori, che devono continuare a sviluppare al loro interno competenze progettuali e di tipo globale per inserire le soluzioni vendute all’interno di un ambiente informativo che evolve in una direzione condivisa, chiara e di comune responsabilità.

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