La flessibilità del data center è propedeutica al vero obiettivo: la rapidità della delivery di servizio grazie al DevOps. Qual è la situazione oggi nelle aziende italiane? Quali le scelte che guidano approcci iperconvergenti e/o approcci cloud? Quale ruolo e supporto dai vendor Ict? Se ne è discusso nel corso di tre tappe (Torino, Bologna e Napoli) del roadshow organizzato da ZeroUno in partnership con Dell Emc e VMware
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LO SCENARIO – Sistemi iperconvergenti: come flessibilizzare le infrastrutture | |
L’OFFERTA – Soluzioni iperconvergenti, ecco la proposta di Dell Emc basata su VMware |
It italiano, è davvero così lento?
La necessità di digital transformation è emersa impellente nei tre appuntamenti (Torino, Bologna, Napoli) del roadshow organizzato da ZeroUno con Dell Emc e VMware. Ma qual è lo stato dell’arte delle aziende italiane?
- Marcello Maggiora, Responsabile per le infrastrutture It del Politecnico di Torino, ha espresso dubbi circa lo stato di maturità It delle aziende italiane: “Se, come è stato ribadito, il digitale è il motore del business, perché la spesa informatica delle imprese è ancora così bassa?
“Vediamo una spesa It ridotta – ha sdrammatizzato Michelangelo Cristoforetti, Sales Manager Italy di Vce, la società dedicata alle infrastrutture convergenti controllata dal colosso Dell Emc – perché spesso gli investimenti in tecnologia vengono associati ad altre business unit. Ad esempio, nel settore farmaceutico, le grandi società hanno una spesa di qualche miliardo in It e investono una cifra equiparabile in tecnologia che però viene imputata ai budget di altre divisioni”.
Stefano Mainetti, Co-direttore scientifico dell’Osservatorio Cloud e Ict as a service della School of Management del Politecnico di Milano, ha mostrato qualche preoccupazione in più: “La spesa It italiana per addetto si aggira intorno ai 700 euro, mentre in Francia e Germania raggiunge i 1.700 euro circa e negli Stati Uniti i 2.900. Abbiamo accumulato un ritardo sia nel digitalizzare i processi di impresa sia nel trasformare le attività di business attraverso Internet (ad esempio solo il 5% del Retail italiano utilizza l’e-commerce). In periodi di crisi, gli investimenti It faticano a crescere in quantità, ma piuttosto vanno in direzione della qualità: ecco le performance positive del mercato cloud o dell’iperconvergenza”.
- Ma, in questi percorsi di innovazione del data center, quali sono i settori più ricettivi? “Chi ha già adottato infrastrutture convergenti – ha constatato Mainetti -, difficilmente è pronto a salire lo step successivo [acquisendo infrastrutture iperconvergenti ndr] perché sta ancora metabolizzando [per quanto riguarda l’investimento ndr]. I settori che hanno già fatto la scelta di infrastrutture convergenti (tipicamente Telco e Banche) oggi sono più lente nell’approcciare l’iperconvergenza. Invece si muovono in questa direzione le società che stanno facendo social business collaboration, chi sta implementando progetti Vdi, chi non ha picchi di lavoro predicibili… Qui c’è la mossa del cavallo: si passa direttamente all’iperconvergenza saltando lo step precedente”.
Infrastrutture fuori o dentro? Ecco cosa serve sapere
Si è poi affrontato il tema della trasformazione infrastrutturale laddove la maggioranza dei sistemi It aziendali è ancora troppo ingessata per soddisfare il business
- “Sono emersi temi come la rigidità delle architetture in essere che non permette di svincolarsi da scelte precedenti – ha sottolineato Nicoletta Boldrini, giornalista di ZeroUno, moderando la tappa di Napoli – e una difficoltà nel gestire la manutenzione in ambienti eterogenei”.
- É il problema sollevato da Giovanni Battista Barone, Cio dell’Università degli Studi di Napoli Federico II: “Abbiamo un data center costituito da innumerevoli server virtuali. Inoltre, come ente pubblico siamo obbligati a fare gare e quindi ci troviamo a integrare tecnologie diverse”. In un contesto di complessità crescente e riduzione dei budget / personale informatici, l’iperconvergenza viene vista come soluzione per agevolare le attività manutentive, consentendo all’It di concentrarsi sulle attività di delivery del servizio.
Partendo dall’assunto che ormai la maggioranza dei budget It viene spesa per manutenere l’operatività delle infrastrutture esistenti, secondo Massimiliano Morlacchi, Emea Bdm for Hyper-Converged systems di VMware, diventa fondamentale lavorare sull’efficienza e sulla flessibilità dei sistemi, liberando risorse e trovando una spinta più efficace all’innovazione. “In questo senso – ha commentato – le soluzioni iperconvergenti [iper-efficienti in termini di utilizzo, gestione e manutenzione delle risorse di calcolo, storage e rete, ndr] permettono all’It di spostare l’ago della bilancia e concentrare gli sforzi dall’infrastruttura verso lo strato tecnologico superiore (le architetture applicative, per esempio) migliorando la qualità dei servizi erogati al business”.
Cloud vs Iperconvergenza
Tuttavia, questi sono gli stessi traguardi promessi dai grandi provider internazionali, attraverso le offerte di cloud pubblico. In ottica di flessibilità, qual è allora la strada più efficace, esternalizzazione o revisione delle infrastrutture interne?
- Luciano Manini, Direttore Sistemi di Miroglio Group, ha lanciato la sfida durante l’evento torinese: “Per flessibilizzare l’infrastruttura abbiamo scelto l’esternalizzazione. Non compriamo più hardware, ma servizi in gran parte su piattaforme cloud internazionali. Questa formula ci ha permesso di acquisire maggiore flessibilità e ridurre il time-to-market delle soluzioni It”.
“Se l’esternalizzazione era sembrata la via più conveniente – ha suggerito Massimo Ficagna, Senior Advisor degli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano, intervenuto come analista all’incontro campano -, ora l’hybrid è ritenuto il modello ottimale. Soprattutto con l’avvento dei sistemi iperconvergenti ritorna vantaggiosa la gestione in-house delle infrastrutture. Il cloud può essere comunque utile per alcuni workload o per supportare picchi di carico”.
- Cristoforetti ha concordato con la vision di Ficagna: “La spesa per tenere accesa una macchina di Amazon non è così limitata. Con i sistemi iperconvergenti si possono raggiungere gli stessi obiettivi di agilità ed efficienza con investimenti più contenuti”.
Come andare verso l’agilità applicativa
Flessibilizzare le infrastrutture è il primo step per supportare le richieste della digital enterprise. Il DevOps rappresenta il passo concreto per accelerare la delivery applicativa secondo i dettami del business.
Il gap culturale ostacola il DevOps.
- “Avvertiamo la necessità di essere più efficienti e flessibili rispetto alle esigenze delle Lob – ha testimoniato Giulio Capacchione, Responsabile It di Grimaldi Navigazione, intervenuto alla tappa di Napoli -. Non soffriamo criticità particolari rispetto alla gestione delle infrastrutture, dove abbiamo introdotto modelli convergenti. Stiamo, invece, cercando maggiore agilità sotto il profilo applicativo e guardando con interesse il DevOps”. Secondo Capacchione, quindi, l’iperconvergenza va vista come un’opportunità soprattutto per guadagnare efficienza e accelerare la delivery di servizio.
- “Il DevOps – ha commentato Nicoletta Boldrini, giornalista di ZeroUno che ha moderato l’evento campano – presuppone un cambiamento culturale dalla parte Operations e Sviluppo. Tuttavia, si è più abituati a fare change management per la componente infrastrutturale. Sulla parte applicativa, permane un gap culturale che può essere visto come ostacolo all’adozione del DevOps”.
- Secondo Ficagna “un’azienda può dotarsi di qualsiasi strumento ma se non risolve il problema culturale non otterrà risultato”. “Il DevOps – ha spiegato – evidenzia non solo le difficoltà nel rapporto tra It e business, ma anche un muro all’interno dei Sistemi Informativi. Ai tre attori (Sviluppo, Operations, Lob), si aggiunge il team preposto alla Sicurezza, che deve essere coinvolto da subito, a monte del ciclo di progettazione”.
Il ruolo dei vendor nell’azienda digitale
- Se gli interlocutori si moltiplicano, come ha notato Boldrini, anche l’atteggiamento e l’organizzazione stessa dei vendor It dovrà cambiare. “Bisogna fare evolvere le figure commerciali – ha dichiarato Morlacchi -, che da venditori di prodotto devono trasformarsi in promotori di soluzioni. Per parlare di Software Defined Data Center occorre presentare al cliente una proposta progettuale. Non a caso, in VMware, il 50% della popolazione aziendale è impiegata nei servizi professionali”.
- “Dalla prospettiva dei vendor diventa indispensabile il ‘gioco di squadra’ – ha aggiunto Cristoforetti -; se dal lato tecnologico all’interno dei sistemi iperconvergenti confluiscono tutte le risorse (server, storage, networking), dal punto di vista della loro gestione e manutenzione anche le competenze devono convergere; questo significa che deve esserci un’azione sinergica tra i vari vendor e partner che prima lavoravano separatamente sulle singole componenti It di loro competenza. Solo così le aziende riusciranno davvero a risolvere agilmente eventuali problematiche tecniche, lasciando che l’It interno si occupi di attività a maggior valore”. Cristoforetti, inoltre, ha sottolineato come l’offerta di soluzioni PaaS agevoli la strada verso il DevOps, fornendo al team di sviluppo interno una “fabbrica del software chiavi in mano”.
- Giovanni Berardi, Sr. Channel Account Manager Italy di Brocade, partner di networking per le soluzioni convergenti di Vce, ha portato l’attenzione sul cambio di passo a livello R&D: “Il cerchio progettazione – implementazione si stringe. Se normalmente ci occupavamo di realizzare presso il cliente reti efficienti, veloci e basate su standard per connettere soluzioni di terze parti, con l’iperconvergenza lavoriamo in partnership con gli altri vendor prima dell’effettiva implementazione del sistema in azienda”.