Una delle leve più efficaci sulle quali poter agire per una migliore strategia di governo dei sistemi in un’ottica di flessibilità e dinamicità dei servizi di valore da erogare al business, è senz’altro quella delle applicazioni e della loro gestione in termini di rispetto dei tempi di sviluppo, corrette funzioni da erogare agli utenti, efficacia sul piano delle esigenze operative e di business. È quanto emerso, in estrema sintesi, nel corso di una recente Tavola Rotonda di redazione che ZeroUno ha organizzato insieme a Micro Focus.
“La modernizzazione applicativa può rappresentare una via tattica all’interno di un più ampio disegno strategico di efficientamento dei sistemi a servizio del business. La ricerca della miglior efficienza, infatti, non necessariamente deve passare per un rinnovamento ‘
“Di modernizzazione si è iniziato a parlare qualche anno fa – osserva Pierdomenico Iannarelli (a sinistra), Country Manager di Micro Focus Italia – ma oggi è un business reale e in continua crescita. Si è compreso il valore di certe scelte che non servono solo a contenere i costi (per altro in modo certificato e tangibile) ma ad aprire la strada verso progetti e tecnologie innovative, come per esempio quelle legate al mobile e al cloud computing. La vera rivoluzione che la modernizzazione può portare in azienda è legata all’opportunità di poter sfruttare le applicazioni già esistenti con tecnologie e infrastrutture più moderne, senza ‘buttare’ o perdere il valore creato negli anni proprio grazie alle applicazioni custom, e senza stravolgere l’usabilità e la fruibilità (quindi anche la produttività) da parte dell’utente aziendale”.
Complessità del parco applicativo, costi e richieste delle Lob: come districarsi?
“L’evento scatenante che porta a ragionare sulle applicazioni è il mercato – dice
“Il business chiede una ‘macchina’ che non abbia tanti ‘orpelli’ nuovi, quanto piuttosto una capacità di funzionamento dinamica – aggiunge Salmi -. Quindi ciò che stiamo facendo sulle applicazioni core come It è stabilizzare le performance, da un lato, reingegnerizzare le architetture per poter usare le risorse in funzione di come si muove il mercato, dall’altro”.
“Sono proprio questi i fattori che hanno spinto la modernizzazione applicativa negli ultimi anni – enfatizza Iannarelli – ossia la necessità di rispondere puntualmente al business, con un’attenzione sempre maggiore verso i costi operativi”.
“Per riuscire a fare innovazione, e quindi poter dare servizi al business sulla base delle esigenze reali, è importante che l’It riesca a ‘costruirsi un tesoretto’ – incalza Davide Gindro (a destra), Cio di Avio Group -. Il piano di efficienza e ottimizzazione dei costi It, nel nostro caso, è presente ogni anno e lo spazio per fare qualcosa di nuovo lo dobbiamo ricavare da soli. Periodicamente, quindi, andiamo ad identificare quelle applicazioni che, se modernizzate, ci portano un risparmio di costi tale da consentirci di fare innovazione. È un approccio tattico, quello alla modernizzazione, che però rientra in un piano strategico finalizzato all’innovazione. Per riuscire a liberare risorse da utilizzare per innovare, è fondamentale conoscere il proprio parco applicativo, così come l’infrastruttura hardware cui fa riferimento. L’assessment, perciò, è un passo fondamentale e decisivo. Nel nostro caso, per esempio, abbiamo deciso di fare un re-hosting delle applicazioni core portandole dal mainframe ad ambienti standard. Una scelta di modernizzazione che abbiamo fatto solo dopo un’attenta analisi dei processi di business e delle performance delle applicazioni. Parlare di modernizzazione applicativa, oggi, significa infatti a mio avviso saper fare Bpm, Business Process Management”.
I fenomeni che accelerano la modernizzazione
Telecom Italia ha effettuato il passaggio da mainframe ad architetture open già nel 2000/2001. Oggi nel gruppo è rimasto un solo mainframe (che gestisce un’applicazione legata al credito che richiede competenze tecniche e funzionalità molto particolari), il resto delle architetture è dato da server standard (34.000 server sia per servire utenti interni, circa 75 mila, sia per i clienti esterni, circa 5
“Secondo me – aggiunge Forneris – ci sono alcuni importanti fenomeni che oggi accelerano la modernizzazione applicativa: c’è un aspetto infrastrutturale e tecnologico che sta cambiando il modo in cui si costruiscono e gestiscono le applicazioni; c’è l’aspetto metodologico legato al modo di lavorare delle persone e all’utilizzo che fanno delle soluzioni; c’è l’esigenza del business di avere servizi It in modo veloce e facile. Fenomeni che trovano nelle applicazioni ‘light e smart’ la risposta”.
Tattica o strategia, a “comandare” è il business
L’esigenza del business, è emerso più volte nel corso della tavola rotonda; è il driver primario della modernizzazione, sia essa la risposta al contenimento dei costi, sia essa scelta di maggior efficienza. “Ma fare il salto da tattica a strategia non è così semplice – osserva Stefano Perfetti (a destra), Responsabile Service Line Corporate a2a -. Nella nostra realtà, abbiamo ancora moltissime applicazioni custom che sono certamente un valore ma rappresentano anche un costo enorme di mantenimento. A mio avviso ragionare sulla modernizzazione richiede prima di tutto una metodologia, con una roadmap definita, condivisa con il business, in modo che quest’ultimo ne sia consapevole e responsabilizzato. Spostare la visione da tattica a strategica richiede una condivisione di fondo tra It e business, sapere cioè quali sono esigenze, obiettivi, criticità, opportunità, l’uno dell’altro. Ma la decisione finale deve spettare al business, dato che si tratta di scelte che incidono direttamente sia sulle Lob (e gli utenti che usano le applicazioni), sia sulle performance e sulla competitività dell’azienda sul mercato globale”.