Soprattutto in un periodo di discontinuità e recessione, il mercato non permette più colli di bottiglia e richiede processi agili, adattivi, ottimizzati, velocità di esecuzione, eliminazione degli sprechi, riduzione dei costi. Bisogna sapere guardare dentro la complessità crescente, prendere consapevolezza e mettere ordine. La mission di Inspearit, multinazionale con oltre venti anni di esperienza e un recente cambio di brand (è frutto di un management buy-out nell’estate 2011, per cui il nome è stato cambiato da Dnv It Global Services), è fare luce sullo status quo dei sistemi informativi aziendali e generare, attraverso una squadra di professionisti e l’introduzione di modelli operativi alternativi, nuove sacche di risparmio e efficienza.
“Di fronte al continuo proliferare di sistemi e applicativi – spiega Pascal Jansen, Executive Vice President della società -, il nostro obiettivo è creare valore per i clienti a partire da una migliore It governance. Il nostro team di circa 170 esperti nel mondo, con competenze manageriali specifiche e un background pluriennale nell’ambito dell’Information Technology, offre consulenza non solo per l’industrializzazione del software, ma anche per l’applicazione dei processi Agile & Lean nell’It allo scopo di gestire il cambiamento all’interno dell’organizzazione e procurare nuove opportunità di business”.
Il target di Inspearit, che opera in Europa e Asia (sedi in Italia, Francia, Paesi Bassi, Cina, Singapore e Hong Kong), prevalentemente nei settori Finance, Automotive, Aeronautica e Pubblica amministrazione, sono le grandi aziende del calibro di Allianz, Finmeccanica o Ing, tutti clienti acquisiti attraverso una metodologia basata sull’evidenza dei dati.
“Spesso i prospect – commenta Jansen – non hanno mai sentito parlare di debito tecnico [il costo economico che ha un intervento non ottimale sul software, ndr, su questa tematica vedi l'articolo dal titolo "Applications: focus su Risk e Productivity management" con le dichiarazioni di Bill Curtis, direttore del Cisq, co-autore del Cmm (Capability Maturity Model) e senior vice president e Chief Scientist di Cast ] oppure di metodo Agile. Noi portiamo ad esempio l’esperienza maturata nel corso degli anni e quantifichiamo i vantaggi ottenibili dall’azienda attraverso il nostro intervento”.
“Per tutta la durata del progetto [tipicamente si arriva alla fase di rollout nel giro di uno-tre mesi, ndr] – precisa Roberto Davico, Customer Service Manager di Inspearit – forniamo al cliente un resoconto puntuale e costante per dimostrare i benefici resi dall’investimento (risparmi, efficienza operativa, migliore posizionamento sul mercato e così via). Oggettivare i risultati del nostro lavoro è il plus che ci differenzia dalla concorrenza”.
Ma per “iniettare nelle aziende il virus della novità”, come dichiara Davico, occorre l’approccio giusto, perché “vige una certa autoreferenzialità del management e chiusura alle alternative provenienti dall’esterno, in difesa del proprio savoir faire”. “Il nostro compito – suggerisce Jansen – non è imporre modelli, ma ottimizzare il modus operandi per liberare risorse interne affinché possano pensare strategicamente al futuro dell’azienda. L’80% dei budget informatici viene speso per mantenere l’esistente e garantire la continuità operativa: rimane pochissimo spazio per l’innovazione. Si passa il tempo a spegnere incendi quando bisognerebbe mettere in atto strategie preventive”.
Ma come è possibile aumentare l’efficienza? “Oltre il 40-60% degli asset informatici – risponde Jansen – è sottoutilizzato o, in alcuni casi, neppure conosciuto; i tempi di risposta dell’It sono inadeguati alle richieste del business, il codice delle applicazioni contiene difettosità (dalle linee duplicate ai fattori bloccanti): ci troviamo insomma di fronte ad aziende che non hanno la visibilità e il controllo sul loro parco informativo”.
“Ci preoccupiamo innanzitutto – interviene Davico – di dare gli occhi ai manager con strumenti di monitoraggio: ad esempio, abbiamo sviluppato un metodo di valutazione della qualità del codice sorgente (reso disponibile pubblicamente in licenza open-source) che permette di classificare le criticità del software e prioritizzare gli interventi”.
Ma il traguardo finale, dopo avere individuato il deficit e introdotto nuove metodologie di lavoro, è rendere l’azienda autosufficiente. “Non vogliamo – puntualizza Jansen – legare a noi il cliente sulla singola iniziativa, quanto piuttosto trasferire conoscenza e restituire autonomia. Per questo, all’avvio di un progetto, verifichiamo sempre che vi siano le condizioni per la buona riuscita e le persone corrette cui affidare il delicato ruolo di champions [depositari e promotori dei nuovi metodi operativi all’interno dell’organizzazione, ndr]. Se un’impresa non è sufficientemente matura, preferiamo rimandare”.
Una filosofia premiante, che, secondo Jansen, ha permesso ad Inspearit buone performance nel 2012 – 2013 anche sul mercato italiano (sede a Roma, 20 professionisti in tutto, una quarantina di clienti): a detta dell’Executive Vice President, nonostante le marcate resistenze culturali tipiche del nostro management, l’interesse verso i modelli Agile & Lean cresce, anche perché l’economia mondiale preme sempre di più verso un inevitabile recupero di efficienza.