Le Direzioni It stanno da tempo strutturandosi (e trasformandosi) in virtù di obiettivi che vanno dall’allineamento al business e la riduzione dei costi ad azioni di miglioramento della produttività, della soddisfazione degli utenti, della qualità dei servizi It. Questo per lo meno è quanto emerge dall’ultimo report 2012 dell’ItSMF Italia che ha fotografato lo stato dell’arte del’It Service Management (Itsm) in Italia, una disciplina che si occupa della gestione di sistemi It su larga scala concentrata principalmente sulla prospettiva del cliente/utente e del contributo che l’It può dare al business. Si tratta di una pratica incentrata sul miglioramento e l’ottimizzazione dei processi business e It, fornendo, nello specifico, un framework metodologico in grado di ottimizzare le attività svolte dal dipartimento It nella relazione con le persone del business, utilizzatrici di tecnologia, nonché con i soggetti esterni all’azienda.
Una delle metodologie più adottate in questo campo è Itil®, Information Technology Infrastructure Library, un insieme di linee guida per la gestione dei servizi It (di derivazione dalle prime raccomandazioni sviluppate negli anni ottanta dalla Central Computer and Telecommunications Agency del Governo Britannico) che fornisce indicazioni sull'erogazione di servizi It di valore per il business e sui processi e i mezzi necessari a supportarli.
Il report 2012 è il risultato di un’indagine condotta da Nextvalue che ha coinvolto 200 aziende italiane, principalmente di medio grande dimensione, di tutti i settori verticali, con una presenza più rilevante del segmento Manifatturiero. ZeroUno analizza i risultati più significativi insieme ad Alessio Cuppari, Presidente itSMF Italia e Head of Local Service Management and Controlling/Admi presso Eon It Italia, il quale sottolineando la presenza dominante del settore Manufacturing tra i rispondenti (23% degli intervistati – il restante 87% è molto frammentato con un 10% di Banche, un ulteriore 10% di Utility, 10% Trasporti e Logistica, 9% Servizi, 7% Commercio/Distribuzione e poi percentuali minori di rappresentati anche di altri segmenti come Sanità, Telecomunicazioni, Costruzioni, ecc.) evidenzia un dato interessante: “L’It Service Management (Itsm) è ormai percepito come ‘abilitante’ dal 60% delle aziende appartenenti al mondo industriale/manifatturiero. È vero che nel mercato finanziario la stessa percentuale (60%) lo dichiara addirittura strategico, quindi fondamentale – osserva Cuppari – ma avere una percentuale così alta di imprese industriali che identificano l’Itsm come un abilitatore per raggiungere gli obiettivi (It e di business) è senz’altro un risultato molto positivo che lascia intravedere una prospettiva di crescita e sviluppo della cultura dell’It come servizio e dell’avvio di progetti di revisione organizzativa, di processo e di implementazione tecnologica”.
L’Itsm come abilitatore
“Nel complesso, l’Itsm è ritenuto strategico per il 32% delle aziende, mentre è abilitante per il 48% (figura 1); in linea di massima si può quindi desumere che per l’80% delle persone interpellate l’Itsm è valutato come driver di innovazione e cambiamento strategico”, aggiunge Cuppari. “Tutti i trend che si stanno susseguendo a livello tecnologico corrono veloci, è vero, ma per inserirsi in modo proficuo all’interno delle aziende, consolidarsi e integrarsi, le tecnologie necessitano di una componente organizzativa e di processo non indifferente. In quest’ambito l’Itsm può arrivare a giocare un ruolo di prim’ordine e noi crediamo che assumerà sempre più peso all’interno delle Direzioni It”.
I dati di previsione confermano la dichiarazione di Cuppari: il trend per i prossimi 12 mesi è verso una maggiore attenzione (con tassi di adozione futura superiori al 30%), risposta che sta a indicare l’intenzione dei Cio di orientarsi verso un approccio più completo e strutturato alla gestione dei servizi It (figura 2).
“Speriamo che ad accelerare il trend di adozione siano anche i risultati relativi ai benefici raggiunti espressi dalle aziende che hanno già adottato in modo sistemico l’Itsm – commenta Cuppari -. Andiamo dalla riduzione degli incidenti e rapidità nella risoluzione (49%), alla chiarezza sui ruoli e responsabilità (46%), al contenimento dei costi It (44%). Seguono migliore affidabilità e continuità del servizio It (37%), migliori performance dei servizi (32%) e migliore utilizzo delle risorse disponibili(32%) (figura 3)”.
Il problema delle competenze
Secondo quanto emerso dall’indagine, i principali ostacoli all’adozione dell’Itsm sono costituiti dalla resistenza al cambiamento e dal poco commitment del management. Seguono ostacoli legati al budget e alla difficoltà di quantificare i benefici dell’adozione. Ma non è su questi che Cuppari intende soffermarsi (forse perché tutto sommato sono ostacoli risaputi e pressoché validi e spesso riportati anche in riferimento ad altre problematiche tipiche dell’It). L’attenzione ricade, invece, sulle competenze. “Il 38% degli intervistati ritiene un ostacolo il numero inadeguato delle risorse interne e le loro competenze non puntuali o adatte all’Itsm – sottolinea Cuppari -. Tuttavia, dalle risposte date alla domanda inerente le modalità di adozione è emerso un quadro che vede l’introduzione dell’Itsm attraverso l’acquisizione interna di competenze per ben il 50% dei casi. Segue l’adozione attraverso consulenze esterne ma non sempre abbinate alla formazione di risorse interne (questa avviene infatti solo nel 12% dei casi – figura 4)”.
I dati mostrano quindi uno scenario dell’Itsm ancora in evoluzione: sebbene metodologie e framework come Itil e Cobit siano ormai molto seguite (soprattutto nel segmento finanziario rispettivamente nel 95% e nel 55% dei casi), risulta ancora una scrsa corrispondenza tra ciò che si desidera raggiungere e ciò che poi effettivamente si mette in pratica per il conseguimento degli obiettivi.
“Demand management, change management, problem management sono, per esempio, alcune delle principali aree di adozione dell’Itsm alle quali però non corrisponde un'altrettanto ampia diffusione delle figure professionali collegate”, osserva Cuppari. “Il Service Manager (62%) e il Service Desk Manager (48%) sono le figure maggiormente presenti in azienda. Demand, Change e problem Manager arrivano dopo (rispettivamente con il 38%, 26%, 25% – figura 5)”.
La conclusione che ne trae Cuppari è di una discreta attenzione all’area dei servizi ma ancora poco strutturata e organizzata per processi o in maniera sistemica seguendo metodologie standard. “I risultati sono da leggere in positivo, perché l’attenzione è cresciuta e perché finalmente è chiaro e ben percepito il valore dell’Itsm quale abilitatore di innovazione – conclude Cuppari -. Certo è che siamo ancora molto lontani dal Continual Service Improvement, ossia la ricerca continua del miglioramento dei servizi It attraverso un approccio strutturato e definito sulla base degli obiettivi It e di business”.