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Nexthink: “ecco come usiamo il fattore umano per migliorare le performance aziendali”

L’azienda, nata in Svizzera, declina i servizi gestiti attraverso una strategia che mira a migliorare la produttività grazie a un approccio “olistico”.

Pubblicato il 18 Gen 2023

Nexthink

Si chiama Infinity e, dalle parti di Nexthink, viene definita come una piattaforma di Digital Employee Experience. Una definizione che può ingannare, visto che a uno sguardo più approfondito la piattaforma appare come un mix tra un sistema di monitoraggio, telemetria e raccolta di feedback degli utenti.

Nel corso della presentazione alla stampa, i responsabili dell’azienda ne hanno illustrato le caratteristiche e, soprattutto la logica che sottende al sistema. Lo scenario che ne emerge mostra l’impatto che può avere il coinvolgimento dei dipendenti in quelle attività che normalmente vengono considerate squisitamente “tecniche”.

L’approccio di Infinity

Sintetizzando, la prospettiva che ispira Nexthink è quella di “mettere al centro” l’esperienza lavorativa degli impiegati. “Il livello di soddisfazione di chi lavora in azienda è una preziosa cartina tornasole per individuare eventuali problematiche” spiega Alamo Pizzini, Senior Solution Lead Italia di Nexthink. “Registrare il sentiment di un impiegato, infatti, permette di dare maggiore spessore alle analisi delle sue attività”.

Inutile sottolineare come un approccio simile affondi le sue radici anche nel processo di trasformazione delle modalità di lavoro, che in contesti ibridi (lavoro da remoto alternato a presenza in ufficio) richiede una maggiore attenzione per quella che è la user experience nella quotidianità e la capacità di individuare tempestivamente eventuali problemi che possano pregiudicare la produttività.

“Nella pratica, la nostra soluzione è complementare ai sistemi di monitoraggio degli endpoint o del network” prosegue Pizzini. “Alla base c’è il concetto di visibilità end-to-end, composta da una serie di informazioni raccolte sull’attività del dipendente, l’applicazione, la connettività e il sentiment. L’uso di intelligenza artificiale consente di utilizzare queste informazioni per capire il contesto in cui si collocano gli insight raccolti”.

L’obiettivo, precisa il manager, è quello di fornire ai responsabili IT delle informazioni già “lavorate”, che consentano di comprendere meglio se esista un problema che sta impattando sul lavoro dell’impiegato e quale sia la causa. “La voce del dipendente è un elemento fondamentale per completare le informazioni raccolte dalla telemetria” sottolinea Pizzini.

Dal dialogo all’automazione

Il concetto di visibilità end-to-end si concretizza, nella pratica, in uno strumento interattivo che permette di raccogliere feedback da parte del lavoratore sotto forma di sondaggi che compaiono contestualmente al tipo di attività che sta svolgendo. Questo strumento, spiega Pizzini, permette anche di inviare suggerimenti in un’ottica di remediation, consentendo di eseguire attività che possono risolvere un problema.

“Funzioni come queste permettono di migliorare la comunicazione con i dipendenti anche quando si trovano in altre sedi o presso il loro domicilio” sottolinea il manager di Nexthink. “Il sistema, inoltre, può utilizzare strumenti di automazione per intervenire sulle infrastrutture o direttamente sull’endpoint”.

Quest’ultimo aspetto sfrutta una serie di integrazioni con altre piattaforme (per esempio quella di Service Now) che ottimizza i tempi di reazione. “Un approccio di questo tipo permette sia di aumentare la visibilità dei responsabili IT, sia di rendere meno oneroso il loro compito, liberando risorse che possono concentrarsi su altri aspetti” sintetizza Pizzini.

Il vantaggio, in sostanza, è quello di avere un livello di granularità superiore rispetto a soluzioni simili che permette di individuare dove si trovi effettivamente il problema. Il fatto che questa soluzione arrivi nel momento in cui si considera il lavoratore come elemento fondamentale è decisamente interessante.

Naturalmente, tutto questo viene declinato in maniera assolutamente anonima. In altre parole: le metriche registrate non hanno l’obiettivo di misurare la produttività (o di controllare) del singolo lavoratore. “Il nostro concetto è quello di verificare che non ci siano freni all’attività dei lavoratori” spiega Pizzini. “Ci interessa sapere se il lavoratore è a suo agio nell’ambiente di lavoro, no se sia produttivo o meno”. Insomma: la compliance GDPR è garantita.

Un supporto per la definizione dei nuovi progetti

Il connubio tra visibilità e capacità di sfruttare l’automazione, spiega Pizzini, permette anche di garantire supporto alla definizione e “messa a terra” di progetti di trasformazione digitale, per esempio nell’ottica dell’adozione di modelli di hybrid working.

Non solo: l’utilizzo della piattaforma consentirebbe anche di monitorare il rispetto delle policy, garantire la compliance e ridurre i rischi a livello di processo. “Un aspetto meno evidente ma decisamente importante è quello della sostenibilità” spiega Pizzini.

“L’analisi delle performance e dell’utilizzo consente di capire quanto sia possibile ancora sfruttare un particolare hardware. Addirittura, è possibile prevedere l’invio di comunicazioni ai dipendenti per suggerire comportamenti ‘virtuosi’ come lo spegnimento delle macchine che non sono utilizzate, indicando anche la stima di CO2 che emetterebbero rimanendo accese”.

Ancora lontano, invece, l’utilizzo della soluzione per andare a complementare i sistemi di cyber security Attraverso partnership specifiche. Secondo Pizzini, le applicazioni sarebbero interessanti, ma non ci sono ancora sperimentazioni in atto in questo senso. Per il momento, la piattaforma consente di avere alcune “informazioni base” come la presenza di un software antivirus attivo.

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