Fin dal 2011, tematiche quali la maturazione dei processi, lo sviluppo di cataloghi di servizi, DevOps e potenziamento dei piani strategici It, sono ‘culturalmente’ cresciute all’interno delle aziende, ma forse non abbastanza dal mantenere una certa continuità strategica e operativa all’interno dei Dipartimenti It e, trasversalmente, lungo tutta l’organizzazione aziendale. A dirlo è Forrester che nel suo ultimo report dedicato ai professionisti del settore Service Management Automation (Sma), “The state and direction of Service Management: progression, deceleration or stagnation?”, mostra la maggior parte dei Dipartimenti It ancora molto ‘technology oriented’, ‘guidati’ spesso nelle proprie decisioni più dalla tecnologia e dagli aspetti tecnici piuttosto che dalle esigenze di business alle quali dovrebbero invece dare supporto e risposta.
“La domanda di servizi It da parte del business sta crescendo ed evolvendo in modo esponenziale”, scrive l’analista Courtney Bartlett; “di contro, l’abilità nella gestione dei servizi tecnologici in grado di supportare linearmente tale domanda non sempre risulta evolvere con lo stesso passo, rischiando di divenire ‘obsoleta’ e inadatta rispetto al contesto aziendale e alle necessità”.
La conclusione arriva dall’analisi reale del mercato: Forrester ha intervistato, su questi temi, oltre 180 professionisti rappresentanti di altrettante aziende (per lo più di grandi realtà operanti nel mercato Usa), ricavandone comunque una fotografia destinata ad evolvere rapidamente.
Se da un lato è vero, infatti, che la disciplina del Service Management all’interno dell’It fatica ad essere applicata in chiave ‘business’, dall’altro lato il quadro rilevato dalla società di analisi americana mostra una crescente maturità verso l’adozione di framework (Itil e DevOps in particolare) che potrebbero risultare efficaci proprio in un percorso di maturità verso la Business Technology.
Primo step, cambiare approccio (e nome)
Parlare di Service Management come disciplina generale porta l’attenzione su aree di business quali il Marketing, le Vendite, il Customer Service, ecc. che hanno in comune il ‘cliente’ quale fulcro strategico verso il quale indirizzare i servizi aziendali e per il quale scaturiscono le decisioni di business. Quando si ‘cala’ il Service Management nell’It, invece, l’approccio cambia e si tende a focalizzare l’attenzione solo sugli aspetti tecnici.
Il primo passo per migliorare la capacità di risposta dell’It, allora, è cambiare visione e iniziare a vedere gli utenti (interni o esterni che siano) come clienti. “Potrebbe essere d’aiuto anche cambiare nome all’It Service Management (ItSM) – suggerisce Bartlett – ragionando più in un’ottica di Service Management Automation (Sma). Questo sposta l’attenzione su ciò che è realmente importante: il risultato (rilasciare servizi efficaci, veloci, di qualità), da un lato, e le modalità attraverso le quali raggiungere il risultato (ossia attraverso l’automazione) dall’altro”.
Itil sì, ma con una visione di business
Dall’indagine di Forrester emerge una chiara tendenza dei Dipartimenti It a ricorrere al framework Itil per l’It Service Management e, anche laddove il metodo non trova una reale applicazione completa, sono sempre più numerose le aziende che adottano diverse best practice estrapolate proprio da questo modello metodologico. “Nonostante l’impegno, però, non è raro vedere la ‘reputazione’ dell’It, da parte del business, ancora non soddisfacente”, sottolinea l’analista. “Questo probabilmente perché l’It non riesce poi a trasferire correttamente il valore della metodologia adottata, focalizzando ‘troppo’ la vista ancora una volta sugli aspetti tecnici (in particolare sull’efficienza operativa)”.
La metodologia Itil rappresenta invece un modello di organizzazione/governo dei servizi It (e dei processi necessari alla loro erogazione) da cui possono sicuramente derivare vantaggi ‘riconoscibili’ dal business, come testimoniano i dati, riportati nello studio di Forrester, emersi da alcune indagini svolte nel 2013 (figura 1):
1) qualità del servizio: il 73% dei professionisti interpellati nel 2013 su queste tematiche (oltre 180 service management professionals) dichiara di aver rilevato un positivo e significativo impatto sulla qualità dei servizi erogati alle line of business (grazie alle best practice che aiutano l’It a definire, allineare e automatizzare i servizi erogati);
2) produttività operativa: chi ha adottato la metodologia Itil rileva un miglioramento (in più del 70% dei casi) della propria capacità di risposta al business (produttività) grazie all’efficienza operativa che deriva dalla standardizzazione e automazione dei processi;
3) costi operativi: quasi la metà degli intervistati (42%) identifica nei benefici dell’Itil anche il controllo dei costi; l’adozione del framework, almeno inizialmente, comporta investimenti sia sul piano tecnologico (per l’implementazione di eventuali tool di service management) sia sul piano umano (tempo e risorse), ma chi ha affrontato tali spese dichiara di averne poi guadagnato un risparmio complessivo superiore soprattutto grazie ad una superiore efficienza; ancora un po’ troppo alti, secondo l’analisi di Forrester, i valori percentuali di chi risponde ‘non so’: “non si può controllare, gestire e sicuramente migliorare finché si rimane nella zona della ‘non conoscenza’”, ammonisce Bartlett;
4) certificazioni: “le certificazioni pagano”, scrive nel suo report l’analista, “e sono in crescita le aziende che dichiarano di aver avuto un ‘alto ritorno’ da questo investimento”, soprattutto sul piano della reputazione dell’It nei confronti del business.
DevOps e Bsm per eliminare le barriere
Se dunque sul piano della metodologia Itil la strada da percorrere sembra ancora lunga, Forrester focalizza l’attenzione su due ‘movimenti’ in grado di “rompere i silos e focalizzare l’It sull’utilizzo della tecnologia ai fini di business”: sono il DevOps e il Business Service Management (Bsm). “Il primo – scrive Bartlett -, dipende dalla capacità di cooperazione tra due dipartimenti, superando il modello passato che li vedeva agire indipendentemente ognuno nella propria area; il secondo, richiede una profonda conoscenza dei processi e dei servizi di business, da un lato, nonché delle componenti tecnologiche necessarie a supportare tali servizi/processi (che non significa semplicemente preoccuparsi dell’erogazione del servizio It ma della gestione completa del servizio di business).
Benché anche in questo caso, forse ancor più che rispetto al framework Itil, si tratti di approcci metodologici che devono ancora maturare all’interno delle organizzazioni aziendali (con indubbie difficoltà anche sul piano del change management e impatti su persone e processi), l’interesse è crescente, soprattutto verso il DevOps, e i ritorni sul piano dell’operatività, dell’efficienza e della collaborazione sono evidenti (sono questi i benefit dichiarati per esempio da chi ha già adottato il DevOps, con dati crescenti tra il 2011 e il 2013 – figura 2).
Nonostante l’interesse, sul piano del Bsm si rilevano invece ancora moltissime difficoltà; il metodo fatica ad entrare nella cultura aziendale (siamo ancora nelle fasi iniziali di conoscenza), spesso non vi è alcun approccio pratico orientato a questa disciplina, e laddove qualcosa si stia iniziando a fare si rimane ancora ‘confinati’ al mondo strettamente tecnologico (per lo più nell’ambito del Cmdb); pochissime le realtà che hanno adottato pratiche di demand management (10%) o di service quality management (7%) in un’ottica di Bsm (figura 3).
Quale maturity model?
In un’ipotetica roadmap evolutiva, o quello che potremmo anche individuare come sorta di ‘maturity model del service management’, il DevOps e il Bsm rappresentano forse i tasselli finali, quelli della ‘service optimization’; prima, è necessario passare da alcuni step ‘intermedi’ (standardizzazione dei processi, automazione dei servizi, agility service management).
La visione conclusiva di Forrester, nonostante alcune pratiche più complesse come quelle del Bsm necessitino di ancora un po’ di tempo per maturare, è comunque positiva. La società di analisi, infatti, ha tracciato una sorta di quadro generale della maturità dei processi It (figura 4): buoni i risultati raggiunti nell’ambito di processi legati per esempio all’incident management, al change management, al service request management o all’event management; un po’ meno, forse sul piano dei processi strategici, quelli più rivolti e necessari al supporto di business, come per esempio il demand o il capacity management, anche se i dati mostrano una forte crescita di attenzione su questi temi registrata proprio negli ultimi due anni.